I faggi che assorbono la CO2

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I faggi che assorbono la CO2

Messaggioda lidia.pege » sab lug 06, 2019 11:16 am

I faggi che assorbono la CO2 prodotta da 7 auto: «Una banca del carbonio» Il ricercatore Alfredo Di Filippo ai piedi del faggio alto 45 metri
di Michelangelo Borrillo06 lug 2019 corriere della sera
Pesano oltre 10 tonnellate e arrivano fino a 45 metri di altezza. Ma proprio per la loro maestosità conservano nei tessuti, per secoli (anche più di 300 anni), la quantità di anidride carbonica prodotta da 7 automobili in un anno. Questa particolare caratteristica — importantissima nella lotta contro i i cambiamenti climatici — è propria delle foreste vetuste mediterranee. E i dati, in particolare, emergono dal progetto di ricerca condotto in Foresta Umbra, nel Parco nazionale del Gargano, per conto della National Geographic Society, dalla squadra di ricercatori dell’Università della Tuscia di Viterbo, capeggiati dal professore di botanica Alfredo Di Filippo. Di Filippo ha seguito l’iter di candidatura Unesco delle faggete italiane che hanno ricevuto il riconoscimento di Patrimonio mondiale dell’Umanità esattamente due anni fa, il 7 luglio del 2017. Lo studio, quindi, è stato preparato in occasione del secondo anniversario del riconoscimento conferito a Cracovia a 10 faggete italiane (su 78 complessive premiate in tutta Europa) che, nello specifico, ricadono nel Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise; nel Parco nazionale delle Foreste Casentinesi; nel Parco nazionale del Gargano; nel Parco nazionale del Pollino; nei Comuni di Soriano nel Cimino e Oriolo Romano, attraversando, quindi, la spina dorsale del Paese. Le antiche faggete primordiali si aggiunsero, due anni fa, ai quattro siti naturali italiani già insigniti dall’Unesco — Dolomiti, Monte San Giorgio, Etna e Isole Eolie — grazie, e a differenza delle bellezze naturali che le hanno precedute nella lista d’eccellenza (che comprende anche altri 49 siti culturali italiani, di cui 7 sono paesaggi culturali), per il loro valore biologico ed ecologico.

Tra le faggete italiane, quelle della Foresta Umbra spiccano per la loro eccezionalità, grazie alla presenza di faggi di 300-350 anni a quote estremamente basse, considerando che la longevità di riferimento sotto gli 800 metri è di 200-250 anni. Alcuni dei faggi del promontorio pugliese, inoltre, rasentano anche le massime dimensioni raggiunte dalla specie, 45-50 metri di altezza, in particolare nella riserva di Falascone che costituisce un rarissimo esempio di faggeta mista in cui convivono numerose varietà di specie arboree dalle dimensioni eccezionali: aceri, tigli, carpini, agrifogli e soprattutto tassi. «Sono passati due anni da quell’ambizioso riconoscimento — racconta Di Filippo — ma i giganti del Gargano continuano a sorprendere. Siamo saliti in cima all’albero più maestoso del Gargano, la cui altezza record è di 45 metri. Soltanto così siamo riusciti a comprendere come gli alberi diventino vecchi in condizioni ambientali estremamente diverse, a quantificare il loro contributo al ciclo del carbonio e a descrivere lo stato di conservazione in risposta alle variazioni climatiche degli ultimi decenni». Il progetto ha consentito di descrivere per la prima volta la struttura dei colossali faggi vetusti della Foresta Umbra, dimostrando il loro insostituibile servizio eco-sistemico. «All’anidride carbonica assorbita dal fusto si deve aggiungere anche quella quasi equivalente trattenuta dalle radici e dal suolo “indisturbato”, tipico delle foreste naturali, il cui valore è enorme. Se a questo si aggiunge che i faggi vetusti della Foresta Umbra sono davvero tanti, oltre un centinaio quelli che assorbono la CO2 pari a quella emessa in un anno da 7 auto — e hanno una sorprendente produzione legnosa, si comprende bene come queste foreste mediterranee rappresentino uno strumento unico nella lotta per la mitigazione dei cambiamenti climatici».

Per capire l’eccezionalità di questi faggi, basta un confronto numerico: «Un albero medio che cresce in un altofusto e in buona fertilità — spiega Di Filippo — assorbe l’anidride carbonica, al massimo, di 1,5 auto. Quindi questi faggi vetusti riescono a contenere 6-7 volte più della CO2 di un faggio di medie dimensioni in un bosco di altofusto e 20 volte di più di un faggio in boschi cedui con tagli ricorrenti. Le dimensioni eccezionali raggiunte nella Foresta Umbra — conclude Di Filippo — sono possibili grazie alla conservazione fatta da Parco del Gargano e Forestale nel lungo periodo». «La nostra Foresta Umbra — gli fa eco Claudio Costanzucci, vicepresidente del Parco nazionale del Gargano — è una importantissima banca di carbonio capace di rispondere alle grandi sfide globali. Questi progetti di conservazione e divulgazione sono importantissimi perché fanno luce sulle nostre immense ricchezze che come Parco continueremo a tutelare e valorizzare».

In occasione del secondo compleanno del riconoscimento Unesco delle faggete vetuste, sarà possibile vedere da vicino i giganti della Foresta Umbra grazie a una passeggiata notturna in programma domenica 7 luglio alle 21 (per informazioni, infopoint@turismomontesantangelo.it). Evento che concluderà le celebrazioni dei due riconoscimenti Unesco di Monte Sant’Angelo, comune garganico in provincia di Foggia che può vantare, appunto, questa particolarità: è due volte Patrimonio mondiale dell’Umanità, per le faggete che ricadono nel suo territorio e per il primo riconoscimento Unesco (2011) delle tracce longobarde del Santuario di San Michele Arcangelo nel Sito seriale «I Longobardi in Italia. I luoghi del potere (568-774 d.C.)» che comprende anche , Cividale del Friuli, Brescia, Torba-Castelseprio, Campello sul Clitunno, Spoleto e Benevento
Lidia Pege
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