Claudio non uscirà dal carcere
Il giudice: non si è mai pentito
«Non riconosce i suoi errori, ha patteggiato solo per uno sconto di pena»
PADOVA Resipiscenza, ovvero «il rinsavire e il ravvedersi, riconoscendo l’errore in cui si è caduti, tornando al retto operare». E in Luca Claudio non c’è traccia di tutto questo. Anzi, c’è ancora una volta di più l’interesse personale a prevalere di un personaggio dalla «spiccata pericolosità». Lo dice senza tanti giri di parole il giudice dell’udienza preliminare Tecla Cesaro nelle motivazioni con cui rimanda al mittente la richiesta di arresti domiciliari presentata dagli avvocati Ferdinando Bonon e Giovanni Caruso, difensori dell’ex sindaco di Abano. E non basta che ci sia stato il parere favorevole del pm Federica Baccaglini. Come non basta il patteggiamento suggellato martedì scorso a 4 anni con la restituzione di un appartamento al Comune di Abano (quello di via San Daniele a Montegrotto, ndr) per stringersi la mano e muovere i primi, figurati, passi fuori dal carcere Due Palazzi, dove Claudio si trova dal 23 giugno scorso.
Quel giorno di inizio estate il suo impero (2001-2016, le date) veniva spazzato via da un arresto quattro giorni dopo la conferma a sindaco di Abano. L’accusa? Otto anni e 524 mila euro di mazzette pretese dagli imprenditori per poter lavorare alle Terme. Per capire il secco no del giudice, lo stesso gup che aveva considerato congruo il patteggiamento e l’offerta fatta da Claudio, basta scorrere le righe che riempiono pagina 5 della motivazione depositata mercoledì in cancelleria. Il gup fa una premessa, citando l’ordinanza con cui il Riesame negava all’ex sindaco la libertà. Poi attacca, con un ragionamento che più chiaro non si può. «L’unico fatto subentrato » è il patteggiamento «che risulta essere frutto di una mera scelta processuale dettata da una valutazione di convenienza in termini di sconto di pena e non appare sintomatica di alcuna forma di resipiscenza». E l’offerta di cinque appartamenti (la sentenza ne considererà sufficiente uno solo, ndr) come ristoro delle tangenti intascate? Sono «tutti gravati da mutuo» e il pm ne aveva già chiesto la confisca. Un atto che quindi «risponde a una logica di scelta processuale finalizzata a ottenere (il patteggiamento) con il beneficio dello sconto di pena». Detto questo, chiosa il gup, «va confermato il giudizio di spiccata pericolosità specifica dell’imputato (Claudio, ndr), in relazione alla possibilità di manovrare l’attività politico-economica locale e non».
L’ultimo passaggio di un «sì» negato, il giudice lo riserva alla vita privata dell’uomo che si era inventato il lavoro da sindaco. «La stabilità affettiva della vita coniugale e familiare – si legge – non può esplicare alcuna forma di contenimento tenuto conto della posizione difensiva assunta dalla moglie, che ha sempre professato l’innocenza del marito, negando la riconducibilità allo stesso dei beni della Rls (la società usata per riciclare le tangenti degli appalti sotto forma di false consulenze), smentita sul punto dallo stesso Luca Claudio». Parole pesanti a giustificare una scelta che, se anche contraria, non avrebbe cambiato nulla nella sostanza: anche con l’ok ai domiciliari dopo il patteggiamento, Claudio sarebbe comunque rimasto in carcere per effetto del secondo arresto notificato a novembre per i 280 mila euro promessi a inizio 2016 dalla Pistorello all’allora sindaco uscente con cui pilotare l’appalto da 2,8 milioni di euro per la bonifica della discarica di Giarre. E all’orizzonte, mentre l’uscita dal carcere si fa sempre più difficile, si alza un nuovo venticello. Ha il profilo di un altro bando sospetto: 8 milioni di euro per la raccolta dei rifiuti. A vincere, come lo diranno le indagini, AcegasAps.
24 dicembre 2016 Corriere Nicola Munaro