Tangenti alle Terme (Il Mattino 6 luglio 2016)
Appalto per la discarica: arrestati Spadot, Granuzzo, Pistorello. Undici indagati
Rifiuti e mazzette, nuovo blitz
(Enrico Ferro)
«Se vince Claudio guarda che fasemo spolveron i prossimi cinque anni». Maurizio Spadot, capo dell’Ufficio tecnico del Comune di Abano, era eccitato all’idea che il sindaco Luca Claudio potesse essere rieletto. Era sicuro che nei successivi cinque anni avrebbero fatto faville insieme. Quando ieri mattina all’alba si è trovato davanti i militari della Guardia di finanza di Padova gli è crollato il mondo addosso. Il dirigente del municipio di Abano, 62 anni, è stato arrestato con l’accusa di corruzione e turbativa di gara. In carcere insieme a lui è finito l’imprenditore Luciano Pistorello, 52 anni, già ai domiciliari in seguito al primo blitz delle Fiamme gialle, quello del 24 giugno scorso nel corso del quale è stato arrestato il sindaco Luca Claudio. Stavolta avevano messo le mani su un appalto da tre milioni di euro finanziato dalla Regione Veneto per la riqualificazione ambientale di un’area un tempo adibita a discarica. L’appalto è stato assegnato il 30 maggio scorso alla ditta Pistorello Spa, ed è stato praticamente l’ultimo atto di Luca Claudio sindaco prima della riconferma alle urne e dell’arresto. Dietro quell’aggiudicazione ci sono mesi di peripezie di due dirigenti comunali, dell’imprenditore titolare della ditta e di un professionista di questa azienda usato come intermediario. Oltre a Spadot e Pistorello, entrambi in carcere, in questa melma sono rimasti invischiati anche Guido Granuzzo, 61 anni, responsabile dell’Ufficio Viabilità e Ambiente del Comune di Abano (ora si trova ai domiciliari nella sua casa di via Romana 25 ad Abano) e Luciano Di Caro, 55 anni, ingegnere della Pistorello (colpito dalla misura dell’obbligo di dimora a Padova). Nel corso della mattinata eseguite le perquisizioni a 11 indagati.
I ruoli Nel sistema creato da “mister 15%” funzionava così: per ottenere appalti pubblici le aziende dovevano pagare. Il sindaco dei record Luca Claudio nell’ordinanza firmata dal gip Margherita Brunello viene dipinto come il grande regista, colui che dettava i tempi e i modi. Per fare questo, però, aveva bisogno anche di collaboratori disposti a chiudere entrambi gli occhi di fronte a questo sistema a base di tangenti. Il capo dell’Ufficio tecnico Maurizio Spadot si era spinto anche oltre. Era in grossa difficoltà economica e aveva smesso di pagare le rate del mutuo per la sua casa da 300 mila euro. L’immobile era stato pignorato e rivenduto a febbraio 2016. Il dirigente comunale, adoperandosi per far vincere l’appalto dell’area da bonificare alla ditta Pistorello, aveva chiesto all’imprenditore di ricomprargli la villa o eventualmente di acquistarne una nuova. «Io ho dei cagnolini e ho bisogno di uno spazietto» fa presente Spadot intercettato al telefono. «Ah se hai dei cani ci vuole un giardino» gli risponde l’imprenditore. Da gennaio a maggio ne combinano di tutti i colori, specie dal momento in cui arrivano le offerte delle aziende concorrenti. Claudio continua a chiamare Spadot per chiedergli conto dell’andamento della gara d’appalto. Il dirigente, a sua volta, coinvolge il collega Guido Granuzzo. Aprono le buste, modificano le offerte, fanno carte false coinvolgendo persino un funzionario dell’ufficio Ambiente della Provincia. Granuzzo lo tempesta di telefonate chiedendogli una dichiarazione in grado di certificare la validità del progetto di Pistorello. Nonostante l’offerta dell’azienda sia non solo poco competitiva nei confronti delle altre ma anche carente dal punto di vista formale, riescono ad aggiustarla fino a renderla vincente. Si riuniscono escludendo gli altri membri della commissione, ritoccano gli importi, aggiungono documentazione. Nella fase di “aggiustamento” dei conti compare in scena anche Luciano Di Caro, uomo di fiducia di Pistorello. Questo accade nonostante tutti fossero ben consapevoli del fatto che, ormai da un anno, la Finanza stava indagando sulle tangenti ad Abano.
Un dipendente denuncia In questo contesto c’è un solo dipendente comunale che abbatte il muro di omertà perché si rende conto che forse le mura della fortezza stanno per crollare. Senza farsi vedere dal suo dirigente fotografa le offerte presentate dalle aziende prima della modifica e consegna tutto ai finanzieri del tenente colonnello Luca Lettere. «Sapevo che stavate facendo indagini e volevo cautelarmi» ha ammesso durante l’interrogatorio.
Le intercettazioni: 3 mila tonnellate da smaltire abusivamente
«Portiamo l’amianto in qualche cantiere»
(e.fer.)
Tremila tonnellate di amianto da smaltire. “Parte nel rispetto delle normative vigenti, parte macinando il materiale e riutilizzandolo in qualche cantiere”. Dalle intercettazioni telefoniche della Guardia di finanza emerge questo particolare che potrebbe sfociare in una inchiesta parallela per il grave rischio ambientale che si profila. Secondo gli investigatori del colonnello Gavino Putzu l’imprenditore Luciano Pistorello, colui che il 30 maggio scorso si è aggiudicato il mega-appalto, era disposto a violare anche le normative sullo smaltimento dei rifiuti pur di realizzare i propri affari nel modo più proficuo. Non solo. Non è escluso che tra questi cantieri ci fosse proprio l’area da bonificare. L’area in questione è l’ex discarica di via Guazzi in zona Giarre che si estende per 10 mila metri quadrati. La questione della sua bonifica durava ormai da 40 anni. La Regione Veneto aveva stanziato un finanziamento di 3 milioni e 216 mila euro che il Comune dovrà restituire a rate ma senza interessi. I lavori sarebbero dovuti durare 550 giorni: bisognava scavare, mettere i teloni protettivi, fare un’analisi del terreno e spostare il materiale per poi trasferirlo all’inceneritore per lo smaltimento.
«Dopo quasi 40 anni siamo riusciti a rompere gli indugi. È un terreno dove venivano portati anche rifiuti inquinanti e va risanato. Puntiamo a bonificare l’area per poi riutilizzarla con una variante urbanistica», annunciava trionfalmente il sindaco Luca Claudio a metà febbraio scorso.
Alla gara hanno partecipato quattro aziende: la Verde Vita Srl di Sassari, il raggruppamento temporaneo di imprese tra Hera Ambiente Spa di Ravenna e Idea Srl di Campagna Lupia, la Cosmo Ambiente Srl di Noale e la Pistorello Spa di Abano.
La commissione di gara era composta da Maurizio Spadot (capo dell’Ufficio tecnico), Giovanni Balzan (commissario esterno), Marco Verzola (commissario esterno) e dal dipendente comunale Nicola Zanardo (dipendente dell’Ufficio tecnico). Ed è proprio quest’ultimo che, nonostante la pressione psicologica imposta dal suo dirigente, ha deciso di denunciare. Nel corso della sua deposizione davanti ai finanzieri il dipendente dell’Ufficio tecnico che ha deciso di denunciare il malaffare ha ammesso: «È emersa la difficoltà di valutare l’offerta proposta dalla società Pistorello Spa, in quanto quella indicata nell’offerta non è conforme a quanto espressamente richiesto nel bando di gara, anche per carenza documentale». Sono due, quindi, i profili critici che presenta la proposta della ditta di Abano se confrontata con le concorrenti: l’incompletezza dei documenti e gli aspetti di non corrispondenza della proposta rispetto al bando indetto.
Zanardo sente le conversazioni tra Spadot e Granuzzo, capisce che l’esito della gara è già deciso in partenza. Assiste a tutte le telefonate tra i suoi dirigenti e l’imprenditore, tra i suoi dirigenti e il sindaco di Abano.
Quando gli consegnano in mano tutti i documenti inerenti la gara per trasmetterli all’Autorità Anticorruzione decide di fotografarli, in modo da cristallizzare le offerte delle aziende così come sono state presentate all’origine. Per Spadot, Pistorello e Granuzzo è l’inizio della fine.
Il sindaco Claudio: «Ci aiuterà l’avvocato del ministero»
(e.fer.)
C’è un interlocutore con cui il sindaco Luca Claudio parla più volte al telefono, un interlocutore che non è sfuggito agli investigatori della Guardia di finanza che stanno indagando sul sindaco di Abano. Si tratta dell’avvocato romano Giovanni Pascone, super-collezionista di incarichi e consulente del Governo: ex magistrato, direttore della divisione Affari giuridici della Siae, dirigente dell’Indam (Istituto nazionale di alta matematica), avvocato, ex giudice del Tar del Lazio e direttore generale del Comune di Pomezia, presidente dell’Aser oltre a un contratto da dirigente al ministero dell’Economia. E ancora consulente per la Banca d’Italia, capoufficio ai Lavori pubblici per i governi D’Alema, Amato, Dini, Berlusconi e Ciampi. L’11 maggio scorso Luca Claudio ripete al suo capo Ufficio tecnico di chiudere in fretta la commissione anche in vista delle elezioni e della campagna elettorale portando avanti l’idea dell’Eco Compattatore “anche con l’aiuto dell’avvocato del Ministero”.
Mafia, è il prefetto a proporre al ministro lo scioglimento
Dopo una consultazione con cosp e procuratore
È dal 2000 che in Italia è prevista la possibilità di scioglimento di un Comune per infiltrazioni mafiose. Una procedura che prende avvio dal prefetto e dal lavoro di una commissione di accesso agli atti, che lavora per tre mesi (prorogabili al massimo per altri tre). Il prefetto si consulta anche col Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica e col procuratore e poi può proporre lo scioglimento agli interni. Il provvedimento è poi firmato dal presidente della Repubblica. Per sciogliere un consiglio però è necessario avere la prova del condizionamento sulla volontà dell’organismo, cioè la consapevolezza degli amministratori del loro agire con volontà viziata a causa delle pressioni criminali.
Spadot cacciato, riassunto e poi risarcito dal Comune
Licenziato da Bronzato, tornò nel 2014 con Claudio: vinse causa da 75 mila €
(Gianni Biasetto)
Al centro della nuova inchiesta sulle tangenti alle Terme c’è la figura dell’architetto Maurizio Spadot, il tecnico che il sindaco Luca Claudio chiamò a far parte del suo staff nell’ottobre del 2014. Successivamente, nell’autunno 2015, con il pensionamento dell’architetto Patrizio Greggio (anche lui indagato nell’ambito del primo troncone d’inchiesta, ndr), lo nominò capufficio tecnico con un regolare bando e relativo contratto d’incarico. Scelta che, all’epoca, fu contestata dall’allora consigliera di minoranza Vanessa Camani del Pd che riteneva un errore «chiamare qualcuno del passato a gestire il programma urbanistico del comune di Abano Terme degli anni futuri».
Sessantatre anni il prossimo settembre, una grande passione per la pittura (alcuni suoi oli su tela sono stati esposti in una personale al Palazzo del turismo di Montegrotto nel 2006 e in una mostra nel chiostro agostiniano dell’Hotel San Marco di Monteortone), Spadot vive in una palazzina in vicolo Viminale 2 a Montegrotto, poco lontano dal Centro parrocchiale e dal Duomo.
Il professionista aponense è una vecchia conoscenza del Comune termale. Nel 2002 fu chiamato a dirigere l’ufficio tecnico del municipio di Abano dall’allora sindaco Giovanni Ponchio. «Avevamo bisogno di un dirigente perché il geometra che avevamo, nonostante la sua esperienza e capacità non aveva potere di firma», spiega Ponchio, «Dal Comune di Vigonza, dove Spadot operava, avevamo avuto ottime referenze e così abbiamo deciso di assumerlo con un contratto a termine di tipo privatistico». Con l’uscita di Ponchio e l’arrivo del sindaco Andrea Bronzato, per Maurizio Spadot iniziarono i problemi. Il nuovo sindaco, infatti, dopo 4-5 mesi dall’insediamento, decise di non rinnovargli l’incarico. Scelta che innescò un contenzioso davanti al tribunale del Lavoro, risoltosi con una conciliazione in sede stragiudiziale costata al Comune 75 mila euro di indennizzo all’architetto. «Cinque mesi dopo la mia elezione ho ritenuto di non rinnovare il contratto di capufficio tecnico a Spadot perché non mi serviva più come dirigente», spiega oggi Bronzato, che fu sindaco del capoluogo termale dal 2006 al 2010, «Quando gli ho comunicato che non lo avrei riconfermato, Spadot ha avviato un contenzioso contro il Comune che si è risolto, come spesso succede in questi casi, con una conciliazione. Il dirigente ha più volte ribadito davanti al giudice che nei 5-6 mesi della mia amministrazione aveva firmato gli atti come capufficio tecnico».
Ieri Spadot era in municipio, accompagnato dagli uomini della Finanza che dalle 9 e fino alle 11 hanno perquisito il suo ufficio – e quello del collega Granuzzo – procedendo al sequestro di svariato materiale. La notizia del suo arresto non ha destato grande sorpresa tra i dipendenti del Comune. «Funziona solo il servizio di protocollo delle pratiche, il resto degli uffici stamattina sono chiusi», ha affermato una impiegata con grande imbarazzo, «E Spadot non è più qui dalla fine del mandato di Claudio».
L’ascesa dell’ex operaio Granuzzo
La moglie: «Assunto con Pillon, deve andare in pensione il prossimo anno»
(g.b.)
«I finanzieri sono venuti a prendere mio marito verso le 6, da allora non ho più notizie, spero torni a casa presto». Dal terrazzo della casa di via Romana 25, la moglie di Guido Granuzzo dice di aspettare il marito per pranzo. «Lavora al Comune di Abano da una vita, da quand’era sindaco Cesare Pillon, il prossimo anno dovrebbe finalmente andare in pensione», aggiunge la donna. Guido Granuzzo, 61 anni, responsabile dell’ufficio Viabilità e Ambiente del Comune di Abano, è conosciuto come l’uomo a cui fare riferimento per problemi inerenti al servizio di asporto dei rifiuti.
Assunto come operaio durante l’amministrazione del sindaco Cesare Pillon, ha fatto carriera partendo dal basso come operaio ecologico, tanto da guadagnarsi negli ultimi anni una posizione organizzativa di dirigente. Con i sindaci Giovanni Ponchio, Andrea Bronzato e ultimamente con Luca Claudio ha sempre gestito il settore Ambiente, diventando un esperto: l’uomo che sa tutto sulla raccolta differenziata che ad Abano ha raggiunto percentuali significative. È lui che tiene i rapporti con Aps Ambiente, l’azienda che da decenni ha la gestione del servizio nel territorio di Abano. Sposato e padre di un figlio, Granuzzo viene considerato dai colleghi come una persona semplice e dal tenore di vita senza sfarzi. Lo testimonia la casa dove vive: un alloggio stile anni Sessanta costruito a ridosso della strada Romana, tra la rotatoria che immette sul sottopasso di via Roveri e l’incrocio prima della discoteca P1.
«Ha deciso di cambiare l’auto un paio d’anni fa perché quella che aveva prima ormai non camminava più», racconta un collega, «Guido nel settore Ambiente è un’istituzione, un lavoratore che stento a credere si sia sporcato le mani in questioni di tangenti». Negli ultimi mesi l’ufficio di Granuzzo è stato spostato dall’amministrazione di Luca Claudio dalla palazzina alla fine di via Stella alla casa Comunale: ieri l’arresto e la misura dei domiciliari.
Pistorello, il timore dei dipendenti
Preoccupazione per il posto di lavoro dopo l’incarcerazione dell’imprenditore
(Federico Franchin)
Poca voglia di parlare e tanta preoccupazione per il futuro, ieri a Giarre dove ha sede la Pistorello Spa, specializzata nella costruzione di strade e manufatti stradali e nelle bonifiche ambientali.
L’arresto, avvenuto all’alba di ieri dell’imprenditore Luciano Pistorello, 53 anni, è arrivato quindici giorni dopo il provvedimento che aveva fatto scattare la misura dei domiciliari. In via Barsanti ad Abano, dove l’uomo abita, la famiglia sceglie il silenzio. Aria pesante anche in via Santa Giustina, dove la Pistorello ha la sede operativa e gli uffici. L’ultima auto della Guardia di Finanza ieri mattina si è allontanata dalla società verso le 9.30. Le Fiamme Gialle hanno acquisito documentazione sulla bonifica della discarica di via Guazzi e su altri lavori che la Pistorello ha portato a termine nel territorio di Abano, durante il mandato di Luca Claudio. «Non abbiamo nulla da dire», ha dichiarato una dipendente dell’azienda aggiungendo poi, «Abbiamo avuto queste disposizioni».
Ed è forte, tra i dipendenti la preoccupazione per il futuro dopo lo scossone giudiziario di queste ore. I lavoratori, che non vogliono comparire con nome e cognome, non nascondono il timore per il loro posto di lavoro. E questo malgrado la Pistorello sia conosciuta come un’azienda certificata e ritenuta molto solida che negli anni ha saputo ampliare il raggio di attività.
Il titolare ha infatti creato altre società tra cui tra cui: Edilchiara, immobiliare che costruisce e vende case puntando su un’edilizia abitativa di qualità; Pistorello srl che opera nel settore del riciclo e nel recupero di inerti. Tutte le aziende hanno sede in via Santa Giustina 21 a Giarre di Abano dove l’attività, che comporta un andirivieni continuo di camion, ha provocato le proteste dei residenti della zona, infastiditi dal rumore e dal traffico.
Pistorello è conosciuto del mondo degli affari come un imprenditore serio, che non ha mai avuto pendenze di alcun tipo, come confermano anche i suoi colleghi. Ad Abano, dopo la rotonda di via Diaz Pistorello sta realizzando una lottizzazione in via Battisti. La Pistorello Spa, inoltre, fa parte di un consorzio di costruttori e ha seguito molti lavori in provincia di Padova e fuori.
La fortuna della famiglia Pistorello era iniziata con l’agricoltura, come terzista nell’ambito dei trattori.
La telefonata di Luca Claudio al dirigente per definire l’appalto in via Guazzi
«Chiudiamo in fretta la gara che poi ci sono le elezioni»
Il sindaco indagato per turbativa d’asta: è ritenuto il regista dell’operazione
(Cristina Genesin)
«I pubblici amministratori individuati nel sindaco Luca Claudio, nel dirigente dell’Ufficio tecnico e presidente della commissione di gara architetto Maurizio Spadot e nel responsabile unico del procedimento Guido Granuzzo hanno altresì posto in essere condotte collusive con Luciano Pistorello e l’ingegnere Luciano De Caro, rispettivamente rappresentante legale e dipendente della Pistorello spa, dirette a influire sull’esito della gara». La nota informativa della Guardia di Finanza, data 3 giugno 2016, arriva sul tavolo del pubblico ministero Federica Baccaglini che coordina la doppia inchiesta sulle tangenti alle Terme. E il 10 giugno nel registro degli indagati finisce anche il sindaco Luca Claudio, accanto ai quattro (già iscritti) destinatari delle misure cautelari scattate all’alba di ieri. Che cosa si contesta al primo cittadino? Il concorso (appunto con i quattro) nel reato previsto dall’articolo 353 del codice penale, la turbativa d’asta: non (al momento) la corruzione.
Luca Claudio è il regista dell’ennesima gara manipolata? L’11 maggio scorso Claudio telefona all’architetto Spadot alle 19.03: lo informa che sarà sentito dalla Guardia di finanza in merito a una questione. Poi si raccomanda per la commissione incaricata della gara relativa a via Guazzi convocata per l’indomani: vuole che sia chiusa in fretta «nonostante la Tiffano che ha rotto le palle perché ci sono altre cose da fare… e al limite di farla passare (la gara) con la maggioranza senza perdersi in paranoie». Dice che «su tre basta che passi con una…» e fa la battuta dicendo che gli tocca chiudere il mandato senza aver chiuso questa cosa. Spadot lo rassicura, la «cosa» passerà. Il sindaco insiste: Spadot deve mettersi in contatto con l’architetto Greggio (Spadot è stato “assunto” come dirigente dell’Ufficio tecnico con un contratto a termine di natura fiduciaria dal sindaco, dopo il pensionamento dell’architetto Patrizio Greggio dello scorso ottobre). Il motivo? A detta del sindaco «Greggio è bravo e attento», facendo capire che un confronto con l’ex tecnico è sempre positivo augurandosi che venga responsabilizzato chi, negli anni prima di loro, aveva permesso questa situazione. Un’ultima raccomandazione da parte di Claudio: la commissione deve chiudere in fretta quella gara in vista delle elezioni e della campagna elettorale «per mandare avanti l’idea dell’eco-compattatore anche con l’aiuto dell’avvocato del ministero (Pascone)» si legge nell’ordinanza. Spadot, soldatino obbediente, conferma che «è già d’accordo su tutto con la Casaroli (ufficio legale del Comune) e che la documentazione è pronta». Come previsto, il 30 maggio la gara è vinta da Pistorello. Per l’architetto Spadot è la fine di un “incubo”. Tanto che quello stesso giorno alle ore 16.11, nel corso di una conversazione con Monica Bordin (impiegata nell’Ufficio Ambiente e già candidata a sindaco di Montegrotto con il sostegno di Claudio) intercettata grazie alle cimici piazzate nell’ufficio del dirigente, quest’ultimo confessa: «Adesso Luca mi lascia stare…». Però Spadot è contento: sa che con la rielezione di Claudio sarà riconfermato dirigente all’ufficio tecnico (il 21 giugno Claudio e Granuzzo parlano del fatto che Spadot deve restare “fuori 15 giorni” per poi essere reincaricato). E sa che ci saranno affari per tutti: «Guarda che fasemo spolveron i prossimi cinque anni». Dietro a tutto c’è sempre il sindaco Claudio come risulta dagli atti d’inchiesta: «In questa vicenda vi è in sottofondo la figura del sindaco che si è adoperato con l’architetto Spadot affinché chiudesse la gara in favore di Pistorello. Tant’è che ad assegnazione certa (a Pistorello) il dirigente riferendosi al sindaco ha affermato “adesso Luca mi lascia stare” quasi fosse una sorta di liberazione».
Un impiegato ha denunciato i trucchi
Nicola Zanardo ha fotografato tutti i documenti di gara: «Violazioni che non posso accettare»
(cri.gen.)
Stavano taroccando anche la gara per l’aggiudicazione della bonifica dell’ex discarica nella frazione di Giarre in via Guazzi, nonostante l’inchiesta in pieno svolgimento, facendosi beffe di regole e leggi. La certezza arriva sul tavolo degli investigatori il 22 febbraio 2016 quando viene interrogato come persona informata sui fatti il dipendente comunale Nicola Zanardo: è un impiegato che lavora nell’Ufficio Ambiente di cui è responsabile il funzionario Guido Granuzzo. Ufficio incardinato nel settore Lavori Pubblici al cui vertice (come l’Edilizia Privata) c’è l’architetto Maurizio Spadot.
Zanardo, sapendo di rischiare l’incriminazione, racconta: nel Comune di Abano per quanto riguarda gli appalti c’è un sistema di alterazione del regolare meccanismo di selezione del contraente. Ovviamente in cambio di tangenti. Zanardo parla nel dettaglio della gara per la riqualificazione ambientale dell’area, valore di 2.794.783 euro. Il responsabile del procedimento è Granuzzo, il presidente della commissione di gara è l’architetto Spadot affiancato da due membri esterni (l’ingegnere Giovanni Balzan e Marco Verzola che daranno filo da torcere agli indagati), mentre Zanardo è il segretario verbalizzante. È lui a ricostruire la sequela di sedute fissate per risolvere la “questione Pistorello”: la ditta doveva vincere. Ma aveva presentato una proposta che rischiava di tagliarla fuori dalla gara. Il 17 febbraio riunione della commissione per l’esame delle offerte. Ma è difficile «valutare l’offerta proposta dalla Pistorello in quanto quella indicata non era conforme a quanto espressamente richiesto nel bando di gara anche per carenza documentale». Il 18 nuova riunione. Zanardo viene convocato da Spadot: il dirigente lo informa che avrebbe fatto predisporre da Pistorello elaborati integrativi. Che nulla sarebbe dovuto risultare a verbale. E che quelle integrazioni sarebbero state inserite nella busta dell’offerta come se ci fossero state fin dall’origine. È una vera e propria manipolazione della gara. Il pomeriggio del 22 febbraio Zanardo siede davanti ai finanzieri e fa il punto su quello che sta succedendo: «So che l’architetto Spadot oggi si è di nuovo incontrato con Pistorello. La conversazione con Spadot mi ha davvero spaventato e, siccome faccio parte della commissione e non escludo che lo stesso Spadot possa fare delle integrazioni di atti a mia insaputa, coinvolgendomi in violazioni che mai vorrei fare e mai potrei accettare, ho provveduto a fotografare il 19 febbraio tutta la documentazione realmente presentata dalla società Pistorello in sede di deposito dell’offerta. L’ho fatto perché sapevo che voi, Guardia di finanza, stavate facendo delle indagini e volevo cautelarmi». Le foto vengono consegnate. Zanardo chiarisce: «In realtà ho potuto riservatamente visionare la documentazione in quanto il responsabile del procedimento Granuzzo mi ha chiesto la cortesia di trasmettere i dati di gara, in via telematica, all’Autorità anticorruzione». Il 30 maggio le buste delle offerte economiche sono aperte. Nessuna sorpresa, vince l’impresa Pistorello. Zanardo, pur consapevole che la gara è stata manipolata, non si dimette dalla commissione e non denuncia. Tra «i dipendenti del Comune», scrive il gip Margherita Brunello nella nuova ordinanza di custodia cautelare, c’era «chi sapeva (magari anche solo che in qualche modo si era già deciso chi dovesse vincere la gara), non si stupiva e non denunciava».
Le ditte sconfitte avevano già fatto rilievi
Il verbale della gara firmato dal tecnico
(cri.gen.)
Sabato mattina l’architetto Maurizio Spadot si precipita nel municipio di Abano. E raggiunge Guido Granuzzo, il tecnico comunale che fa le sue veci in attesa della nuova rentrée con l’attesa rielezione di Claudio. Spadot è preoccupatissimo: ha appena letto sul Mattino che il suo nome spunta dalle carte dell’inchiesta accostato a quello dell’imprenditore Luciano Pistorello. È ignaro che di lì a due giorni il gip Brunello firmerà un’ordinanza per spedirlo dietro le sbarre. È lui, in qualità di presidente della commissione, ad aver firmato il verbale della gara e l’ aggiudicazione. «Il presidente» si legge nel verbale chiuso alle 14.15 del 30 maggio scorso, «riassunti punteggi assegnati… dichiara che la migliore offerta è risultata quella della Pistorello… con un totale di punti 91,500, con il ribasso del 38,55% e per l’importo… pari a € 1.242.250,09 più Iva al 10%…». Non sono mancate le osservazioni dei rappresentanti di due ditte sconfitte, Herambiente srl di Ravenna e Idea srl di Campagna Lupia . Dal verbale emerge che avevano fatto rilievi in merito all’offerta della Pistorello «riservandosi di chiedere accesso agli atti per verificare se ricorrono varianti progettuali tali da determinare l’obbligo di estromissione dalla gara».
Claudio dal carcere dirige i fedelissimi
Primo consiglio, passa l’emendamento spedito dal Due Palazzi. I fedelissimi del sindaco restano in sella, pur contestati
(Cristiano Cadoni)
L’aveva promesso: «Se mi arrestano, amministro la città dal carcere». Sembrava una spacconata, una fra tante, e invece no. Dal Due Palazzi dov’è rinchiuso, Luca Claudio – sindaco eletto e sospeso – regna ancora. Tiene in scacco il consiglio con i suoi fedelissimi, dieci uomini disposti a tutto, anche a sopportare insulti e vergogna, testa bassa e occhi sui banchi. E dopo aver preso a schiaffi la città a colpi di tangenti, si concede il piacere di un gesto che suona come una pernacchia. In qualche modo, dall’indirizzo di posta elettronica certificata del carcere, il principe delle Terme fa inserire fra gli atti dell’assemblea un emendamento che il consiglio vota e approva, con l’alzata di mano dei dieci fedelissimi. È un testo di poche righe che equivale a un’autocertificazione con cui Claudio dichiara, da dietro le sbarre, di essere giuridicamente in grado di accettare la nomina. Ma aldilà dell’atto, che conta quel che conta, il passaggio suona proprio come un avviso, roba da manuale della mafia, da profondo sud: in barba a qualunque inibizione, lui c’è ancora, detta la linea, suggerisce i voti. Così la giornata che era cominciata con altri quattro arresti, si conclude con il consiglio comunale solennemente proclamato, regolarmente in carica, come se niente fosse, e nel quale tutti gli uomini di Claudio – ex assessori, ex consiglieri con deleghe pesanti, ex presidente del consiglio, il cerchio magico al completo, insomma – sono saldi nei loro seggi di maggioranza. Tutti tranne uno, quel Claudio Calvello che si dimette (applausi in sala) ed è sostituito da Martina Pillon, seconda dei non eletti (perché il primo rifiuta). Sono dieci e sono prontissimi ad assecondare le volontà del grande manovratore.
Più che scioccata, è una città stordita e incredula, quella che occupa ogni angolo del teatro polivalente per la prima seduta del consiglio, con il commissario prefettizio Aversa (applausi anche per lui) seduto al posto del sindaco arrestato. C’è tensione, venti uomini delle forze dell’ordine la gestiscono senza fatica. I presenti sono cinquecento e sembrano tanti, anche perché fa un caldo feroce, non si respira e il presidente del consiglio – quel Massimo Barcaro che è amico di Claudio e fra i capi degli ultras che lo sostengono – impedisce perfino di sventolare i cartelli con cui si invocano le dimissioni. Il tema, d’altra parte, è proprio quello: dimettersi per ripulire la scena, suggerisce l’opposizione, con la forza di sei voci. Oppure resistere, «perché i cittadini ci hanno votato», replica la maggioranza, dieci teste, una sola voce, quella di Michele Galesso, teatrale, sornione, uno che ha l’aria di dover affrontare proprio questa seccatura ma sa di poterla sbrigare in tempo per l’aperitivo. Il suo tono, manco a dirlo, manda in bestia i presenti. Barcaro che deve fare l’arbitro (sic) vorrebbe il silenzio in sala, ricorda più volte che è vietato filmare («Ma anche rubare», gli rispondono) e minaccia di imporre le porte chiuse nella prossima seduta. Ma mentre lo dice capisce che alla rivoluzione manca un tanto così e forse è meglio non esagerare. D’altra parte i cinquecento presenti non sono poi tanti: per quello che è successo, sono perfino pochi e fin troppo buoni, visto che si limitano a qualche fischio e a qualche coro. La minoranza attacca a palle di cannone: «Siamo a un tragico epilogo annunciato», dice Monica Lazzaretto (centrosinistra), sconfitta al ballottaggio e ora leader dell’opposizione. «Claudio tiene legata la città al suo destino. Ha giocato sull’ingenuità della popolazione. Noi ora chiediamo un passo indietro a tutti, soprattutto a una maggioranza che occupava tutti i posti di potere vicino a Claudio. Come è possibile che non si siano accorti di niente?». La domanda che fa Lazzaretto, e poi Andrea Cosentino (centrodestra) è cruciale: «Se si rivotasse oggi, quanti sceglierebbero nello stesso modo?». Cosentino aggiunge: «Qui sono successe cose inaudite per un paese civile. E i dieci che ho davanti non si sono chiesti chi e con quali soldi pagava le cene elettorali?». «C’è una corresponsabilità politica evidente», punge Francesco Pozza del Pd.«C’è bisogno di onestà, non si può sostenere un sindaco che è in carcere», esordisce in aula Massimo Zambolin dei 5 Stelle. La replica della maggioranza è tutta nelle parole di Galesso che dice no ai processi sui giornali, invita al garantismo e ribadisce: «Noi abbiamo un mandato a prescindere da chi abbiamo sostenuto». Il suo invito alla collaborazione sarà fatto cadere dalla minoranza alla stregua di una proposta indecente («Ci avete tagliato fuori per anni, ora fate da soli», la replica del centrosinistra). Galesso annuncia l’intenzione di portare avanti il mandato e poi dirà anche che il consiglio può comunque fare tante cose. Ma alla prima prova la maggioranza senza capo sbanda in modo ridicolo: al voto per il presidente del consiglio – praticamente una formalità, dati i numeri – la Claudio-band scivola su un dettaglio e non riesce a scegliere un suo uomo. Ma in mezzo a tanto imbarazzo, quasi non ci si fa caso.
«Assunzione sospetta e bonifica inutile. Noi l’avevamo detto»
I consiglieri di minoranza Bano e Camani avevano denunciato l’opportunità dei due provvedimenti
(Federico Franchin)
«Verrebbe da dire, io ve l’avevo detto che attorno alla discarica di via Guazzi c’era qualcosa di strano, che non convinceva». Gian Pietro Bano, consigliere comunale di opposizione per i Cittadini per il Cambiamento durante il primo mandato di Luca Claudio ad Abano, racconta i dubbi avuti. E spiega come in occasione di diversi consigli comunali avesse segnalato anomalie nella volontà dell’amministrazione di portare avanti la bonifica della discarica di Giarre. «In consiglio ho ribadito più volte che questi lavori non mi convincevano», osserva Bano. «Avevo letto gli incartamenti e le analisi e non ho mai trovato il senso di procedere con i lavori. Si tratta infatti di una discarica del 1974, una discarica di rifiuti urbani che si sarebbero bonificati ormai da soli in pochi anni». L’ex consigliere ricorda anche cosa diceva Guido Granuzzo dell’Ufficio Ambiente, anche lui arrestato all’alba di ieri. «Le analisi dicevano che non c’era nulla di particolare in quella discarica, eppure Granuzzo sosteneva che se ci fosse stato anche un 1% di contaminazione la legge imponeva la bonifica. In realtà le analisi evidenziavano come l’inquinamento dell’area di via Guazzi non fosse superiore a quello delle altre discariche collocate nelle zone circostanti. Gli esami avevano mostrato la presenza di sostanze che potevano essere presenti anche in natura. Evidentemente si voleva fortemente portare avanti quella bonifica per secondi fini come sta evidenziando ora l’indagine della Guardia di Finanza».
«Abbiamo ripetutamente messo in evidenza le contraddizioni e gli aspetti poco trasparenti delle procedure seguite», aggiunge Vanessa Camani, deputata del Pd. «Naturalmente la maggioranza, oggi riconfermata interamente in consiglio comunale, ci accusò di essere i soliti gufi, liquidando le nostre osservazioni come becera e strumentale opposizione. Oggi, però, la Procura ci dà ragione. Così come quando contestammo la decisione di Claudio di richiamare Spadot a lavorare per il nostro Comune, prima attraverso una assunzione diretta nel suo Ufficio di Staff e poi con il passaggio in Ufficio Tecnico a seguito del venir meno della convenzione con Montegrotto relativa all’incarico di Greggio. Ci chiedemmo allora perché proprio Spadot e perché proprio in quel momento. Forse oggi abbiamo le risposte che attendevamo. L’inchiesta, dunque, mette in evidenza come sembri esistere ad Abano una commistione pericolosa tra apparato politico e apparato comunale, in cui alcuni funzionari pubblici, invece che rappresentare un principio di legalità, rappresentano essi stessi un pezzo fondamentale del sistema di malaffare e correttivo che emerge dagli atti di indagine».
Della situazione aponense parla anche il consigliere del Movimento 5 Stelle Massimo Zambolin: «La situazione è sempre più reale e inquietante e c’è da chiedersi cosa emergerà ancora. Questi arresti non fanno bene alla città e a chi ha votato questa maggioranza. Non avrei mai pensato a questa delinquenza. L’immagine della città è umiliata. Questa indagine getta un’ombra pesante sull’operato di Claudio».
Irmeli Pitkanen, consigliera di maggioranza: «Al sindaco avevo chiesto prima di candidarmi se era tutto a posto e lui mi aveva detto fino all’ultimo minuto che c’era tutta una montatura contro di lui. Io sono onesta e pulita e non ho nulla da temere». La segretaria comunale Michela Targa: «Ora valuteremo la situazione con il commissario».
Gli ex sindaci «Un grave danno all’immagine»
(f.fr.)
Il consiglio comunale di ieri ha richiamato anche molti esponenti politici del passato: da Cesare Pillon a Federico Talami ad Andrea Bronzato. «È un momento di pressione», ha detto l’ex sindaco Talami, «Spero che molti riflettano. Quanto sta succedendo è molto grave e fa male all’immagine della città. È impensabile che la maggioranza possa continuare così». Cesare Pillon preferisce non commentare. Andrea Bronzato dice: «È una situazione drammatica. Le dimissioni dei consiglieri di maggioranza sarebbero necessarie per il bene di Abano. Troppi animi agitati. Non conta ora cosa e se ha fatto Claudio, ma la reazione del paese». Fuori dalla sala consiliare c’è Tiziano Rossetto, ex candidato sindaco. «Se vogliono bene ad Abano, i consiglieri di maggioranza devono dimettersi. Sarebbe un atto di coraggio per la città. La situazione è disastrosa e mi chiedo come facciano ad andare avanti». Flavio Manzolini di Fare: «Le dimissioni sarebbero doverose, al di là delle sentenze della magistratura». Al Teatro Polivalente anche Emanuele Boaretto, presidente di Federalberghi Terme Abano Montegrotto. «Sono meravigliato della situazione che si è creata. Non capisco questa arroganza dei consiglieri di maggioranza che non vogliono dimettersi nonostante la situazione complicata venutasi a creare». Michele Ghiraldo di Ascom: «Dare le dimissioni sarebbe per i consiglieri di maggioranza un atto dovuto per dimostrare l’estraneità ai fatti». Paolo Merlini dell’Associazione Salviamo gli Alberi: «Le dimissioni avrebbero dovuto essere un atto dovuto dopo quanto sta emergendo. Sarebbero un segno di rispetto per la città. Le nostre battaglie sugli alberi in passato sono state perse, ma di certo non ne perderemo altre». Alberto Bonato di Abano Città Sicura. «Non mi sono piaciute le mamme che hanno fatto indossare ai bambini il cartello Dimissioni. Non vanno mischiati i bambini con la politica. Finchè una persona non è condannata non è colpevole. Oltre la metà di Abano ha votato questi consiglieri».
La città si sveglia con nuovi arresti e sui social corrono i commenti: «Hanno aperto il vaso di Pandora»
«Forza Abano, usciamo dal marciume»
(f.f.)
Una città scossa, segnata dall’ennesimo brusco risveglio brusco con i telefonini che suonano, i messaggi WhatsApp che si rincorrono sui nuovi quattro arresti alle Terme. Da quasi quindici giorni non si parla d’altro ad Abano e a Montegrotto. Tanto che ieri mattina gruppi di persone hanno atteso notizie fuori dal municipio di Piazza Caduti. Chi davanti all’ingresso, chi sul parcheggio esterno, tutti ad aspettare delucidazioni su quanto stava accadendo all’interno dell’edificio comunale. Telefonini accesi, pronti a scattare foto e comunicare aggiornamenti ad amici e parenti; foto postate in tempo reale sui social network. I commenti sull’accaduto sono molti, l’opinione pubblica è spaccata tra chi ancora crede nella buona fede e nell’operato del sindaco Luca Claudio e chi invece va all’attacco frontale. «Abano ha perso», dice Elena Girardi sulla pagina Facebook Sei di Abano Terme Se, «Provo grandissima tristezza per questo comune, investito da tanto, troppo, marcio». Marisa Fattore non ha dubbi: «Liberiamo questa bellissima città dalla sporcizia». Deborah Ceccarello sulla pagina Facebook DiscutiAbano lancia invece una provocazione: «C’è qualcuno di onesto ad Abano?». Barbara Orsi mostra un pizzico di stupore nel commentare le notizie giunte ieri in mattinata: «L’hanno aperto per bene il vaso di Pandora.». Pino Barusso su TermeVeneto News scrive: «Per me non erano tanto costretti a pagare. Sapevano che funzionava così e faceva comodo anche a loro». Sempre sullo stesso gruppo Facebook: «Scusate, ma non era una bolla di sapone?», osserva Guido Fasano, «Marcolongo perché ha patteggiato? Perché c’è la fila di imprenditori si stanno autodenunciando. Perché Claudio Calvello ha rinunciato al proprio incarico di consigliere?». L’ex consigliere comunale, nonché ideatore delle ronde a Monteortone, Cristiano Albertin scrive invece: «Abano Terme non può più vivere in questa monnezza. Onestà e pulizia deve essere il prossimo futuro ma non questa gente. Il tempo è sempre galantuomo e ne vedremo delle belle. Forza Abano rialziamoci».