L'auto della strage di Capaci a Padova la Dia: «E' un monito, non una mostra» Convegno in diretta streaming sul Gazzettino.it
Nordest > Padova
Mercoledì 13 Aprile 2022 di Marina Lucchini
PADOVA - La teca con all'interno i resti dell'auto della scorta di Giovanni Falcone da ieri pomeriggio è esposta nel cuore della città, tra l'ingresso del Comune e quello del Bo. Così la Quarto Savona Quindici diventa un monumento antimafia. Sulla Fiat Croma, devastata di 500 chili di tritolo, hanno perso la vita il 23 maggio 1992 nella strage di Capaci Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani. Ma da simbolo di morte, ora vuole essere di rinascita e di speranza, un urlo straziante che grida no alla mafia. È per questo che è stata scelta come simbolo dalla Dia per festeggiare i 30 anni dalla sua fondazione, sedicesima tappa del tour che porta in tutta Italia un'esposizione itinerante che più che mostra vuole essere un monito.
L'INAUGURAZIONE
Quelle lamiere contorte, quel rottame compresso dall'esplosione con il sangue che ancora si vede macchiare i sedili hanno suscitato una grande emozione ieri, durante la scopertura della teca sotto gli occhi del direttore della Dia nazionale, Maurizio Vallone. Con lui anche la vedova di uno degli uomini della scorta del giudice, Tina Montinaro che è il vero motore di questa iniziativa che non serve solo a mantenere la memoria di chi, per lottare contro la mafia ha perso la vita, ma anche per ricordare che la mafia esiste ancora e non bisogna abbassare il livello di attenzione.
«È la sedicesima tappa del nostro tour, che ci porta qui in una città sede di un centro operativo Dia, cuore del Veneto. - esordisce Vallone - Questa è una regione che non è stata aggredita in maniera massiva, ma che, essendo ricca, è molto appetita da parte delle mafie. D'altro canto dove ci sono soldi le mafie cercano di entrare e storicamente, anche in Veneto, ci sono stati tentativi di infiltrazione con operazioni che hanno sradicato le nascenti organizzazioni criminali. Inoltre la Dia è qui al fianco delle prefetture per la prevenzione antimafia con in gruppi interforze che lavorano per evitare che aziende mafiose prendano appalti pubblici, particolare importante in questo periodo di appalti con il Pnrr».
Padova e il Veneto hanno sperimentato una criminalità organizzata diversa da quella che opera nel Meridione: «La mentalità della mafia è sempre la stessa: fare più soldi possibile in qualsiasi modo. Con le intimidazioni - e al sud ne hanno più possibilità grazie all'omertà che caratterizza questi luoghi - oppure cercando di avvicinare imprenditori o pubblici funzionari, corrompendoli o offrendo denaro facile, in particolare in questi tempi di crisi. Un imprenditore agganciato, dopo non riesce più a uscire fuori da questo cappio che è la criminalità organizzata e la sua azienda finirà in mano alla mafia che la userà come faccia pulita per presentarsi agli appalti pubblici».
«Una teca di un metro e mezzo per un metro e mezzo che contiene un'auto blindata. Fa già una certa impressione anche solo a dirlo - evidenzia Vallone guardando la Croma blindata - Noi lo ricordiamo sempre che dentro quell'auto c'erano persone, padri, mariti, figli».
IL CONVEGNO
Oggi alle 11 l'Aula Magna di Palazzo Bo ospita il convegno Il ruolo della donna nella lotta alle mafie, che sarà visibile in streaming sul sito del Gazzettino. Il tema del ruolo della donna nella lotta alla criminalità organizzata viene affrontato da cinque relatrici: Grazia Mirabile, a capo dell'Ufficio ispettivo Dia, si affianca all'avvocato Vincenza Rando, vice presidente dell'associazione Libera. Proseguono il dibattito il procuratore aggiunto di Milano, Alessandra Dolci, e il prefetto Maria Luisa Pellizzari, vice direttrice generale di Pubblica sicurezza.