Intervento impianti di telefonia mobile

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Intervento impianti di telefonia mobile

Messaggioda lidia.pege » sab feb 20, 2021 3:40 pm

IMPIANTI DI TELEFONIA MOBILE
L’istallazione degli impianti di telefonia mobile è sempre stato una argomento molto dibattuto e non solo in
questo periodo di avvento del 5G.
L’attuale normativa vigente che regolamenta l’installazione delle stazioni radio base fa riferimento al Decreto
Legislativo n. 259/2006 (decreto Gasparri o Codice delle comunicazioni elettroniche), aggiornato e
implementato nel corso degli anni a seguito di ulteriori decreti, spesso volti alla semplificazione procedurale a
favore dei gestori di telefonia mobile. L’ulteriore riferimento legislativo è la Legge 36/2001 “Legge quadro sulla
protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici” e il DPCM 08/07/2003 “Fissazione
dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione
dalle esposizioni ai campi elettrici e magnetici alla frequenza di rete (50 Hz) generati dagli elettrodotti”.
Il particolare la L. 36/2001 determina gli obblighi a carico dei Comuni prevedendo all’art. 8 comma 6 la
possibilità di “ adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli
impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici con riferimento a siti sensibili
individuati in modo specifico, con esclusione della possibilità di introdurre limitazioni alla localizzazione in aree
generalizzate del territorio di stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche di qualsiasi tipologia e, in
ogni caso, di incidere, anche in via indiretta o mediante provvedimenti contingibili e urgenti, sui limiti di
esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, sui valori di attenzione e sugli obiettivi di qualità,
riservati allo Stato ai sensi dell’articolo 4”
Questo comma è stato recentemente aggiornato dalla legge n. 120 del 2020,
mentre nella sua originari versione del 2001 prevedeva semplicemente che “I comuni possono adottare un
regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare
l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici”.
La modifica che è stata apportata è alquanto sostanziale perché il legislatore ha voluto aggiornarlo alla ormai
consolidata giurisprudenza in materia, ossia viene stabilito che non si possono introdurre divieti generalizzati,
alla localizzazione delle stazioni radio base e non si può incidere, anche in via indiretta (vedi le recenti ordinanze
anti 5G di molti Sindaci),sui limiti di esposizione ai campi elettromagnetici o sui valori di attenzione e obiettivi di
qualità che sono di competenza dello Stato e fissati con il DPCM 08/07/2003.
ribadito con circolare inviata dal Prefetto a tutti i Comuni in data 16 ottobre 2020
L’obiettivo di qualità e i valori di attenzione per i campi elettromagnetici generati dalle stazioni radio base di
telefonia mobile il valore da non superare è pari a 6 V/m. ed è in assoluto il valore più basso tra tutti gli stati
europei. Le vicine Austria, Francia, Spagna e Germania hanno valori che spaziano tra i 39 e 61 V/m a seconda
delle frequenze, solo la Polonia ha i valori più simili all’Italia e fissati in 7 V/m.
Le possibilità in capo al Comune sono perciò veramente molto limitate e lasciano in capo all’ente la
pianificazione del corretto insediamento delle stazioni radio base nel territorio minimizzando l’esposizione della
popolazione ai campi elettromagnetici, tale lavoro trova riscontro nell’aggiornamento al regolamento comunale
e della pianificazione che viene posta in approvazione.
Oltre a questo il Comune svolge costantemente l’attività di controllo e monitoraggio dei campi elettromagnetici
generati dalle stazioni radio base attive con il duplice obiettivo di confermare le simulazioni di impatto
elettromagnetico approvate nel piano e controllare l'attività dei gestori di telefonia. L’attività viene svolta con
una centralina che effettua misurazioni “in continuo” e che viene periodicamente spostata nel territorio e
tramite campagne di misura periodiche con incarico affidato ad ARPAV. I dati sono leggibili nel sito del Comune
di Abano Terme.

Elettrosmog e 5G: rischi e opportunità nello sviluppo della tecnologia di quinta generazione nell’Italia del digital divide
21 Settembre 2020
Legambiente lancia una petizione al Governo: “Sì al 5G, ma non si modifichino i limiti di esposizione in tema di elettromagnetismo. Servono più risorse per una ricerca epidemiologica indipendente sulle onde millimetriche”.
Sì alla banda ultralarga, con la fibra e il 5G, per colmare il divario digitale in Italia, ma con tutte le precauzioni necessarie a minimizzare l’esposizione ai campi elettromagnetici. Secondo Legambiente, l’avvento della tecnologia di quinta generazione è importante, ma impone un approccio fortemente cautelativo, in linea con le evidenze scientifiche: per comprenderne implicazioni e scenari, Legambiente ha lanciato una petizione al Governo per chiedere da un lato di sviluppare il 5G attuando il principio di precauzione, senza modificare i limiti di esposizione oggi previsti dalla normativa italiana, dall’altro di tornare alla precedente metodologia di misurazione, investendo nella ricerca epidemiologica indipendente sulle onde millimetriche e facendo un’adeguata campagna di informazione sui rischi connessi a comportamenti scorretti dei cittadini nell’uso del cellulare.

In fatto di digitalizzazione l’Italia si conferma tra i fanalini di coda in Europa: secondo l’indice Desi 2020 elaborato dalla Commissione europea, infatti, il Belpaese è al venticinquesimo posto tra gli Stati membri Ue. Fanno peggio soltanto Romania, Grecia e Bulgaria. Digitalizzare l’intero territorio nazionale – comprese le aree montane e i piccoli Comuni che più di altri pagano una carenza di servizi e infrastrutture adeguate e di accesso alla rete – è dunque una priorità, come evidenziato anche dall’emergenza Covid-19. A patto, però, che vengano messe in campo tutte le attenzioni possibili nella diffusione della banda ultralarga e nello sviluppo delle tecnologie correlate.

“Come da Dna associativo – osserva il presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani – è nostro compito fornire sia ai cittadini che alle amministrazioni le informazioni scientifiche corrette, nonché le proposte tecnicamente e giuridicamente percorribili. sul 5G gli effetti non ancora del tutto noti sulla salute accrescono la preoccupazione tra la cittadinanza, che va adeguatamente informata e sensibilizzata. Si allo sviluppo del 5G ma chiediamo alle istituzioni nazionali di mantenere gli attuali limiti di legge, tra i più bassi d’Europa, e a quelle comunali di rendere omogenei i livelli di esposizione su tutto il territorio, evitando che gruppi di residenti in determinate aree vengano sottoposti a livelli di esposizione particolarmente elevati, attraverso una corretta pianificazione delle stazioni radio base”.
“Gli scenari che si apriranno con l’introduzione del 5G modificheranno il livello di esposizione complessivo della popolazione a seguito di importanti cambiamenti nell’architettura della rete”, spiega Katiuscia Eroe, responsabile Energia di Legambiente. “Riteniamo che la copertura di digitalizzazione in Italia sia una necessità pressante, ma la diffusione della banda larga deve avvenire senza alcuna modifica della Legge Quadro 36/2001, che detta limiti di esposizione e di attenzione cautelativi di fronte ai rischi sanitari che invece interverrebbero con un loro aumento. Non esiste alcuna ragione tecnica, se non economica, per innalzare i limiti di esposizione e attenzione attualmente vigenti in Italia, mentre ne esistono di sanitari, anche ormai piuttosto evidenti, per evitare che questo accada”.
Alcuni studi recenti. La Monografia 102 del 2013 dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) di Lione definisce i campi elettromagnetici a radiofrequenza come “possibilmente cancerogeni per l’uomo” sulla base di diversi studi sul rischio di tumore cerebrale per gli utilizzatori di telefoni cellulari. La IARC ritiene “credibile” questa relazione di causa ed effetto, sebbene al momento non possa escludersi il ruolo di fattori alternativi. Altri due recenti esperimenti di laboratorio eseguiti dal National Toxicology Program negli USA e dall’Istituto Ramazzini di Bologna hanno mostrato eccessi di rischio per i tumori del sistema nervoso a livello cerebrale e cardiaco con esposizioni prolungate a 50 V/m: da qui la necessità della IARC di includere fra le sue priorità per il 2020-24 una nuova valutazione del rischio di cancro associato ai campi elettromagnetici a radiofrequenza.
I risultati dei recenti studi sperimentali, che confermano una tendenza a mostrare criticità ad alte esposizioni per un elevato numero di ore – comparabili a quelle permesse nei Paesi europei – hanno creato del resto un forte allarme tra i cittadini, in concomitanza con gli annunci sulla diffusione del 5G in Italia. Tanto che le loro preoccupazioni della cittadinanza, unite alle più recenti mobilitazioni, hanno portato diversi sindaci a rifiutare la sperimentazione della nuova tecnologia sul proprio territorio: secondo il comitato Alleanza Italiana per lo Stop al 5G, sono 600 i Comuni o enti italiani ad avere adottato provvedimenti contrari, mentre la sperimentazione è già stata avviata in 120 città italiane.
Che cosa chiede Legambiente – Vista la già accertata pericolosità ad alte esposizioni per lunghi intervalli di tempo delle frequenze finora utilizzate per la telefonia mobile, simili a quelle che verranno utilizzate per il 5G (700 MHz e 3600 MHz),in particolare chiede:
–          che si mantengano i valori di attenzione cautelativi per i valori di campo elettrico di 6 V/m, entro i quali gli studi sperimentali non hanno osservato effetti avversi;
–          di rivedere l’art. 14 del Decreto Sviluppo “Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese” prevedendo che la misurazione dei campi elettromagnetici passi dall’attuale media di 24 ore a quella dei 6 minuti nelle ore di maggior traffico telefonico;
–          una ricerca indipendente, epidemiologica e sperimentale sulle onde millimetriche del 5G a 26 GHz per approfondire i possibili impatti sulla salute di questa particolare frequenza
–          di promuovere nei Comuni l’adozione del regolamento per localizzare le antenne.

In ragione dei pro e dei contro rispetto all'argomento in oggetto ritengo di adottare il principio di precauzione richiamato dalla Comunità Europea, per la tutela della salute richiamato dall'art.32 della Costituzione
Lidia Pege
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