Covid, i medici del Veneto contro i test rapidi decisi dalla Regione. Diffida per ritornare allo screening con i molecolari
Il sindacato dei camici bianchi scrive ai direttori delle Ussl e per conoscenza al governatore Luca Zaia. "La refertazione di falsi negativi tra il personale sanitario comporta dei rischi enormi"
di Giuseppe Pietrobelli | 3 Gennaio 2021 FQ
I medici del Veneto si schierano contro la decisione della Regione di non sottoporre più il personale sanitario in servizio ai periodici test molecolari previsti fino a ottobre, avendo privilegiato lo screening con i test rapidi, meno affidabili. Alla vigilia di Natale una diffida, predisposta dall’avvocato Federico Pagetta di Padova e sottoscritta da Adriano Benazzato, segretario regionale Anaao Assomed del Veneto, è stata inviata ai direttori generali delle nove Ulss, delle Aziende ospedaliera universitarie di Padova e Verona, e dell’Istituto Oncologico Veneto di Padova. Per conoscenza è stata spedita al presidente della giunta regionale, Luca Zaia, all’assessore alla Sanità Manuela Lanzarin e al direttore generale di Azienda Zero, la società che si occupa della gestione delle strutture sanitarie. È un vero atto d’accusa, con l’invito a fare marcia indietro rispetto a una delibera della giunta regionale, così da mettersi al riparo – in autotutela – da possibili azioni di rivalsa per aver lasciato il personale medico e infermieristico privo dello scudo anti-Covid costituito dal tampone molecolare. È un intervento nel cuore della diatriba sull’attendibilità dei tamponi, visto che quelli rapidi sono diventati per il Veneto un vanto, ma hanno causato allarme tra il personale impiegato in prima linea.
“Da novembre 2020 codeste Aziende sanitarie hanno inopinatamente deciso di interrompere il controllo e il monitoraggio della circolazione del virus mediante la periodica effettuazione del test molecolare al personale sanitario. Tale tipologia è stata ‘sostituita’ dal test rapido e solo in caso di riscontrata positività al reagente, è prevista l’effettuazione del test molecolare”. Questa la premessa. Si spiega che una delibera regionale del 21 ottobre (pubblicata sul Bollettino ufficiale della regione il 31 ottobre) aggiornava il piano anti-Covid, prevedendo tale tipologia “di riferimento” per il personale sanitario, “ove non specificato diversamente”. Ma su quali basi? Il segretario Benazzato cita la risposta ricevuta dal direttore di un’azienda sanitaria secondo cui “la Regione ha specificato che la scelta di tali test si basa su quanto indicato dai principali organismi internazionali (Oms, Ecdc, Cdc e circolare del ministero della Salute n. 31400 del 29 ottobre 2020)”, in sintonia con “una Nota Tecnica ad interim di ministero della Salute e Istituto superiore di sanità”.
La diffida “non disconosce l’effetto coercitivo della delibera di Giunta regionale nei confronti delle aziende sanitarie” ma evidenzia che “sotto il profilo giuridico soltanto queste ultime, in qualità di datore di lavoro, saranno chiamate a rispondere della violazione delle disposizioni normative poste a tutela della salute, della sicurezza e dell’incolumità dei propri dipendenti”.
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Benazzato continua: “La delibera di Giunta travisa e viola il senso e la lettera della circolare ministeriale e della nota tecnica ad interim per avvalorare la scelta dei soli test rapidi”. Infatti, “la circolare del 29 settembre ha ad oggetto l’uso dei test antigenici rapidi ‘con particolare riguardo al contesto scolastico’, un contesto ben diverso dalle strutture sanitarie che, come chiarito in un recente studio cofirmato anche dalla responsabile del Dipartimento di prevenzione della Regione Veneto, per il personale che vi opera presenta un rischio di contagiosità quattro volte superiore rispetto a quello della popolazione residente in Veneto”. Proprio la circolare ministeriale afferma che il test molecolare “è attualmente il più affidabile per la diagnosi”, mentre quello antigenico, anche se dà i risultati in soli 15 minuti, “ha una sensibilità e una specificità inferiori con conseguente possibilità di risultati falso-negativi e falso-positivi”. Per questo il ministero aveva confermato l’utilità di quel test “in ambito scolastico”. Ha buon gioco Anaao Assomed a denunciare: “Ben altra cosa è l’utilizzo esclusivo del test rapido in un contesto sanitario. La refertazione di falsi negativi tra il personale sanitario comporta dei rischi enormi perché, come hanno insegnato i casi dei presìdi ospedalieri di Nembro e di Alzano, finisce per fare da detonatore per la proliferazione del contagio tra chi rappresenta la ‘prima linea’ nella lotta al virus”.
Lo stesso Ecdc (European Centre for Disease Prevention and Control) indica il test molecolare come “prima scelta”, il test rapido come “soluzione alternativa”. Idem per il ministero della Salute. Secondo Anaao Assomed, quindi, la delibera della Regione Veneto sarebbe “illegittima”, oltre che adottata a ottobre, in un contesto epidemiologico meno grave di quello attuale. “Dal giorno di adozione della delibera il numero di casi è più che raddoppiato, così come sono aumentati in modo esponenziale i decessi e il numero di ricoveri per Covid e il numero di terapie intensive occupate”. Inoltre, il Comitato Scientifico Covid-2019 regionale aveva messo in dubbio a novembre la validità dei test rapidi. Per questo la diffida si conclude – a tutela della sicurezza dei lavoratori nell’ambiente di lavoro – con la richiesta ai direttori generali “nello stesso interesse pubblico, di rimeditare in autotutela la scelta regionale e aziendale (illegittima e inopportuna) di utilizzare in via alternativa esclusivamente i test rapidi antigenici ripristinando i test molecolari come ‘prima scelta’ di monitoraggio del personale sanitario”.