VENETO
Il Veneto si conferma la terza regione per produzione di ricchezza e, secondo il rapporto del 2019 sulle economie
regionali stilato dalla Banca d’Italia, nel corso dell’anno 2018, ha proseguito la sua fase espansiva, sebbene con
un rallentamento.
Il panorama della situazione economica del Veneto è favorito da una fitta e funzionale rete infrastrutturale, in
fase di ristrutturazione ed ulteriore ammodernamento, che consente una veloce movimentazione di mezzi e
passeggeri.
Se da una parte tali importanti infrastrutture costituiscono uno dei presupposti per la competitività economica,
dall’altra possono cadere nelle mire delle organizzazioni criminali, sia per lo sviluppo di traffici criminali transnazionali,
sia per il riciclaggio, realizzato attraverso l’infiltrazione negli appalti connessi alla realizzazione ed
alla manutenzione delle opere pubbliche. Infatti, l’utilizzo di tecniche elusive delle imposte, finalizzate al riciclaggio
o all’auto riciclaggio, è stato un elemento comune a molte delle più recenti indagini antimafia condotte
in tali territori.
In generale i sodalizi mafiosi hanno trovato nel Nord Est il terreno fertile per le attività criminali, anche perché
la sensibilità verso il fenomeno, a tutti i livelli (compreso quello istituzionale), è stata per lungo tempo non
adeguata a riconoscere e contrastare l’insidiosa offerta di capitali criminali. L’insidia maggiore nel contrasto
alle mafie, ed alla criminalità organizzata in generale, è sempre stata la possibile “sottovalutazione” del fenomeno,
conseguente alla capacità di “penetrazione silente” ed all’abilità dei sodalizi di adattarsi ai vari contesti
socio-economici e territoriali per la realizzazione di profitti, senza compiere azioni eclatanti.
Le investigazioni degli ultimi anni, associate alle attività di contrasto all’infiltrazione della criminalità organizzata
nelle opere pubbliche coordinate dalle Prefetture, forniscono un quadro chiaro circa la stabile presenza di
proiezioni delle organizzazioni criminali mafiose nel Veneto.
E’ interessante, in tal senso, citare alcuni dati sui beni confiscati alla criminalità organizzata gestiti dall’Agenzia
Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati. In particolare, nella regione, a fronte
di 82 procedure attive (44 per procedimento penale e 38 per misure di prevenzione), risultano gestiti ben 278
immobili (di cui 126 già destinati) e 21 aziende, 7 delle quali nel settore delle costruzioni e 9 nel settore del commercio.
Elementi, questi, che dimostrano da una parte un’azione di contrasto efficace, ma che, dall’altra, sono
indicativi di una presenza delle mafie sul territorio, favorita dalla c.d. “area grigia” di imprenditori e professionisti
che, per le più svariate logiche, accettano il confronto o addirittura si rivolgono loro stessi alla criminalità
organizzata, convinti di poter meglio sviluppare i propri affari e aumentare i profitti.
E’ ormai evidente, infatti, come i sodalizi mafiosi stiano gradualmente tentando di inserirsi nell’economia legale
attraverso investimenti, che di sovente vengono proposti come aiuti alle imprese in difficoltà, con il fine ultimo
di acquisirne il controllo o di assoggettarne i titolari.
Con tali modalità le organizzazioni mafiose puntano a riciclare e reinvestire i capitali illecitamente acquisiti
che, una volta reintrodotti nel circuito legale dell’economia creano gravi danni al libero esercizio dell’attività
d’impresa ed al principio di concorrenza. E ciò, va rammentato, nel lungo periodo creerebbe un’implosione del
sistema economico-imprenditoriale.
Più nel dettaglio, presenze di soggetti legati a Cosa nostra che hanno operato con finalità di riciclaggio attraverso
investimenti nel settore immobiliare in Veneto sono emerse già in attività di polizia risalenti nel tempo. In
tempi più recenti si è avuta comunque conferma di interessi criminali da parte di pregiudicati siciliani sottoposti
al divieto di dimora nelle zone di origine e soggiornanti in Veneto.
La presenza della criminalità organizzata calabrese è stata confermata anche dalle recenti operazioni “Stige”,
“Fiore Reciso” e “Ciclope” (tutte concluse nell’anno 2018), che hanno evidenziato proiezioni della ‘ndrangheta
soprattutto nell’ambito del riciclaggio e del reinvestimento dei capitali illecitamente acquisiti, non disdegnando
tuttavia il traffico di stupefacenti.
Anche la criminalità campana ha fatto rilevare la propria operatività sul territorio, soprattutto nel settore dei
stupefacenti e del riciclaggio. Emblematica, in tal senso, è stata l’operazione “Piano B”, condotta dalla DIA
di Trieste, che ha messo in luce il tentativo di investimento di capitali illeciti operato dalla famiglia IOVINE del
cartello dei CASALESI
La criminalità pugliese si è manifestata, oltre che a Verona con una “cellula” del clan DI COSOLA di Bari, attiva
nel traffico di marijuana e cocaina, in relazione a vari traffici di stupefacenti e con incursioni per la commissione
di “reati predatori” attraverso pregiudicati foggiani e brindisini.
Il territorio è poi caratterizzato da presenze criminali strutturate di origine straniera, interessate specialmente
al traffico di stupefacenti ed alla tratta di esseri umani, finalizzata allo sfruttamento della prostituzione e del
lavoro.
Provincia di Padova
L’interporto di Padova, localizzato a sud-est della città, costituisce uno snodo di movimentazione delle merci di
importanza strategica. L’area, quindi, grazie all’imponente infrastruttura e all’indotto che ne deriva, è economicamente
florida e potenzialmente attrattiva per le organizzazioni criminali di tipo mafioso.
A tal proposito, si ricordano le indagini “Fiore reciso”, “Camaleonte” e “Malapianta”, concluse rispettivamente
nel gennaio 2018, marzo e maggio 2019, che hanno messo in luce l’infiltrazione delle cosche calabresi (famiglie
GIGLIO e GIARDINO, famiglia GRANDE ARACRI, MANNOLO e TRAPASSO sempre collegate a GRANDE
ARACRI, tutte originarie del crotonese) nel tessuto economico ai fini di riciclaggio, nonché per la gestione del
traffico di stupefacenti, delle estorsioni e dell’usura.
Nel semestre di riferimento la provincia di Padova, come altre città venete, è stata interessata da un’altra indagine
(prosecuzione della Camaleonte) conclusasi nel novembre 2019 con 54 soggetti indagati per i reati di associazione
mafiosa finalizzata alla commissione di reati fiscali e riciclaggio nelle città di Padova, Venezia, Vicenza,
Belluno, Treviso, Reggio Emilia, Parma, Crotone, Reggio Calabria e Cosenza, riconducibili alla cosca GRANDE
ARACRI di Cutro.
Sempre nel mese di novembre 2019, nell’ambito dell’operazione “Hope”, i Carabinieri hanno dato esecuzione
a Padova, Brescia, Mantova, Treviso e Reggio Calabria, su disposizione della DDA di Brescia, ad un provvedimento
di fermo nei confronti di 9 soggetti appartenenti ad un sodalizio composto prevalentemente da italiani
(ma presenti anche due albanesi ed un moldavo), collegati alla cosca BELLOCCO di Rosarno (RC), ritenuti responsabili
di lesioni e porto abusivo di armi, aggravati dal metodo mafioso.
Le organizzazioni di matrice straniera confermano il loro interesse nello spaccio di stupefacenti. Al riguardo,
si richiama l’operazione dei Carabinieri conclusa il 15 ottobre 2019 con l’arresto, in flagranza di reato, di sei
albanesi dediti allo spaccio di cocaina in tutto il territorio provinciale.
Da evidenziare, poi, la commissione di reati di natura economica, da parte di soggetti non riconducibili ad organizzazioni
mafiose. In proposito, il 24 luglio 2019, nell’ambito dell’operazione “Serpente 4.0”, la Guardia di
finanza ha notificato oltre 200 avvisi di conclusione di indagini con contestuali decreti di perquisizione e sequestro
in 38 città, tra le quali Padova, Rovigo, Treviso, Verona e Vicenza, per il reato di frode fiscale per 45 milioni
di euro. La frode era attuata attraverso l’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti da parte di un
“Organismo di Ricerca”, formalmente attivo nella provincia di Padova, allo scopo di beneficiare di indebiti crediti
d’imposta connessi alla realizzazione di progetti ricerca.