Ater, nuovi affitti e via ai rimborsi: «Canone ridotto nell'85% dei casi»
La revisione dei rincari è diventata effettiva da inizio marzo. Adeguamento retroattivo da luglio, conguagli entro l’anno
11 Marzo 2020
PADOVA. La rivoluzione bis dell’Ater è realtà. Dallo scorso 1 marzo sono in vigore i nuovi canoni di locazione degli alloggi di edilizia pubblica residenziale in Veneto per oltre 40 mila inquilini. I nuovi affitti sono stati ricalcolati grazie all’utilizzo della piattaforma regionale che raccoglie tutte le informazioni dei nuclei familiari assegnatari e degli immobili destinati ad edilizia pubblica.
« Per l’85% degli assegnatari – scandisce Gianluca Zaramella, numero uno dell’ente che ha sede in via Raggio di Sole – l’applicazione dei nuovi canoni comporta una riduzione, a volte anche molto consistente, del canone mensile; mentre per il restante 15% l’aumento è determinato dalle migliori condizioni economiche del nucleo assegnatario. Le case Erp in città sono 4.595, di queste 222 sono contratti di anziani over 75 anni che pagano 40 euro; e in provincia 142 famiglie con over 75 anni o disabili che avranno altre agevolazioni».
Secondo le Aziende territoriali delle sette province venete i conteggi dicono che i canoni saranno ridotti nella quasi totalità dei casi e dunque le Ater provvederanno a restituire agli assegnatari quanto percepito in più dall’1 luglio scorso, data di applicazione delle novità introdotte con la legge regionale 39/2017. Gli importi dovuti saranno ripartiti in più mensilità e dovranno essere corrisposti nel più breve periodo possibile, comunque in ogni caso entro il 31 dicembre di quest’anno.
Le principali novità per gli inquilini riguardano: il limite di reddito Isee per poter mantenere il diritto all’alloggio pubblico, che sale da 20 mila a 35 mila euro per gli assegnatari storici, cioè per gli inquilini entrati in base alla “vecchia” legge 10/1996; la permanenza è garantita, indipendentemente dal reddito, se nel nucleo familiare è presente un anziano over 65 o una persona disabile; per gli inquilini che hanno ottenuto un alloggio pubblico in base alla nuova legge (39/2017) la soglia di reddito annuo per mantenere il diritto all’alloggio sale da 20 a 26mila euro; l’importo del canone deve essere sterilizzato dall’eventuale applicazione dell’Iva (che è quindi a eventuale carico delle aziende e non degli assegnatari degli alloggi). Inoltre, sono state introdotte alcune modifiche nel calcolo della situazione economica dell’inquilino e quindi del valore del canone: il valore massimo del canone “sopportabile” scende dal 25 al 18% del reddito del nucleo assegnatario; per i nuclei con redditi fino a 15 mila euro annui e con patrimoni mobiliari fino a 50 mila euro, si prevede una franchigia di 20 mila euro; nel caso in cui l’inquilino sia titolare di immobili non alienabili o non fruibili, potrà richiedere al Nucleo Tecnico di Analisi una rivalutazione del proprio Isee e quindi del valore del canone; nel caso in cui l’assegnatario abiti un alloggio troppo grande, potrà scegliere tra due alternative: la mobilità in altro alloggio di dimensioni inferiori e con canone ridotto, oppure mantenere l’alloggio in assegnazione pagando il relativo canone; per gli assegnatari con redditi fino a 15 mila euro che abbiano evidenziato un significativo incremento del canone, gli aumenti saranno graduali, spalmati nell’arco di tre anni; se in casa c’è un ultra 75enne con un Isee inferiore a 6 mila euro si applica il canone minimo di 40 euro fino al primo rinnovo, purché in regola con i pagamenti.