Claudio fa il sindaco dal carcere

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Claudio fa il sindaco dal carcere

Messaggioda lidia.pege » gio lug 07, 2016 2:19 pm

Claudio fa il sindaco dal carcere Gazzettino 7 luglio 2016

Arrestato, ha inviato un fax in Comune con la nomina del vice e degli assessori: «Sono deleghe legittime»
(Gianluca Amadori)
La nomina del commissario prefettizio al Comune di Abano è senza valore e deve essere annullata. Lo sostiene Luca Claudio, il sindaco arrestato per corruzione lo scorso 23 maggio, quattro giorni dopo essere stato confermato in carica. Claudio ha incaricato l’avvocatessa veneziana Mariagrazia Romeo di impugnare di fronte al Tribunale amministrativo regionale la nomina del commissario e l’udienza è già fissata per il 20 luglio. Nel frattempo Claudio aveva chiesto che il Tar “congelasse” l’efficacia del provvedimento con cui il prefetto, il 24 giugno, contestualmente alla nomina del commissario, lo ha sospeso dalla carica di sindaco. Ma i giudici amministrativi hanno respinto l’istanza in attesa della discussione di merito.
Il caso è senza precedenti ed è interessantissimo dal punto di vista giuridico, ma non solo. È la dimostrazione dell’estrema lucidità e determinazione con cui agisce Claudio. Il 23 giugno, poche ore dopo essere stato trasferito in carcere, il sindaco di Abano non restò in cella a disperarsi: chiese alla polizia penitenziaria di inviare via fax al Comune e al suo difensore nell’inchiesta penale, Ferdinando Bonon, un documento da lui manoscritto con il quale designa vicesindaco e giunta, con provvedimento a “efficacia immediata”. In Comune sostengono di non aver mai ricevuto il fax; il suo difensore ne custodisce copia nel suo studio, con data e ora di ricezione. Il 24 giugno il prefetto di Padova decreta la sospensione di Claudio da sindaco e nomina Pasquale Aversa come commissario.
Nel ricorso al Tar l’avvocato Romeo sostiene che la Giunta designata da Claudio è pienamente in carica: il sindaco, infatti, non era stato ancora sospeso quando ha nominato vicesindaco e assessori. E la semplice carcerazione non ha potere alcuno sul fronte della decadenza o sospensione dalla carica amministrativa: la sospensione, infatti, viene notificata il giorno successivo dal prefetto. Dunque, essendoci una Giunta pienamente legittimata, il commissario prefettizio deve essere revocato.
Nel ricorso al Tar, l’avvocato Romeo affronta anche la questione della sospensione di Claudio, disposta ai sensi della legge Severino. Competente a pronunciarsi su questa materia è il giudice civile (i precedenti eccellenti sono quelli del sindaco di Napoli, Luigi De Magistris e del presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca) ma è stata comunque proposta ai giudici amministrativi per connessione con la richiesta principale di annullamento della nomina del commissario.
Nel decreto con cui è stata negata a Claudio la richiesta “sospensiva”, il Tar sembra anticipare in qualche modo la possibile decisione del 20 luglio. Definisce infatti «dubbia la validità giuridica della nomina del vicesindaco e della giunta da parte del ricorrente successivamente all’applicazione della misura coercitiva», ritenendo che, in base alla Severino, la sospensione dalla carica sia “automatica” e il provvedimento del prefetto un atto «dichiarativo e non costitutivo e ciò a valere anche ai fini del successivo decreto di nomina del commissario». Tra due settimane il caso approderà in aula.

Granuzzo saluta con la mano affacciato al balcone di casa
Un sorriso e poi è rientrato
(Eugenio Garzotto, Alessandro Mantovani)
Un rapido saluto con la mano, un sorriso sul viso tirato e il rapido rientro in casa. Senza pronunciare una parola. Si è affacciato per pochi secondi al balcone della propria abitazione Guido Granuzzo, il funzionario comunale responsabile del settore Ambiente arrestato l’altro ieri, assieme al dirigente dell’Ufficio tecnico Maurizio Spadot. Granuzzo, prelevato l’altro ieri di buon mattino dai militari della Fiamme Gialle al numero 25 di via Romana Aponense dove vive con la moglie, era stato portato in Municipio per assistere alla perquisizione del suo ufficio. Poi il primo interrogatorio a Padova, a seguito del quale il giudice aveva disposto la misura della detenzione domiciliare. Finestre chiuse e tapparelle abbassate, invece, al numero 2 di vicolo Viminale a Montegrotto, dove risiede con la famiglia il responsabile del settore tecnico Maurizio Spadot, ora in carcere a Rovigo. Allo squillo del campanello, risponde, dal retro della casa, l’abbaiare di due cani. L’arresto dei due dirigenti ha per la prima volta colpito la “macchina” amministrativa da quando, lo scorso 23 giugno, finì in cella il sindaco Luca Claudio. Spadot viene chiamato a dirigere il settore tecnico nel 2002, dall’allora sindaco Ponchio. Il successore Bronzato lo destina ad altro incarico. «Volevo dare un segno di discontinuità totale», dice ora l’ex sindaco. Ne nasce però un contenzioso che si conclude con un accordo per 75 mila euro di indennizzo. Spadot ricompare poi nel 2014 come responsabile dello staff del sindaco Claudio. Granuzzo è invece il classico “uomo-macchina”, assunto vent’anni fa come operaio e da allora sempre nel settore Ambiente e Viabilità, dove ha percorso tutta la scala gerarchica fino al livello direttivo.
Intanto in municipio si lavora anche per mettere assieme i dati che potrebbero evidenziare un abuso dei cellulari di servizio assegnati agli ex assessori. Negando la possibilità di votare favorevolmente alla convalida dei consiglieri comunali, Francesco Pozza (Pd) ha detto: «Chiediamo di sapere se hanno restituito i cellulari e le chiavi che avevano a disposizione nel mandato precedente da cui sono decaduti. Non lo avessero fatto si profilerebbero comportamenti passibili di segnalazione alla Corte dei Conti». Il commissario Pasquale Aversa gli ha risposto garantendo che in 48 ore i dati sulle riconsegne gli verranno comunicati. «Mi sembra grave che non lo si possa sapere ora – ha replicato Pozza – semplificando potrebbero rispondere ora i consiglieri di maggioranza che erano assessori». Nessuno dei chiamati in causa lo ha fatto.

La gara truccata. Quelle buste aperte per “aggiustare” l’offerta
(Marco Aldighieri, Donatella Vetuli)
I quattro “nuovi” indagati sulla tangentopoli delle Terme saranno ascoltati domani per l’interrogatorio di garanzia. Luciano Pistorello, in carcere a Venezia, sarà sentito per rogatoria così come per Maurizio Spadot in carcere a Rovigo. Invece Guido Granuzzo agli arresti domiciliari e Luciano Di Caro con solo l’obbligo di dimora compariranno, sempre domani, davanti al Gip del tribunale di Padova Margherita Brunello.
Ma all’esame degli investigatori restano tutti gli appalti comunali, dopo gli arresti che hanno riguardato la vecchia discarica di Giarre e la gara fra quattro imprese per la riqualificazione ambientale. Al centro della nuova inchiesta la Pistorello Srl, risultata vincitrice con lavori per quasi 3 milioni, come da finanziamento regionale. Gara truccata, con dati e punteggi manomessi, incalza l’accusa. Ma dalle testimonianze raccolte sarebbe stato proprio il sindaco Luca Claudio «a fornire nominativi di ditte da invitare nelle gare d’appalto». Insomma, la Pistorello, che opera soprattutto nel settore dei lavori stradali, sarebbe stata società «espressamente segnalata dal sindaco di Abano». Quanto ai lavori di bonifica dell’area di Giarre, a gennaio 2016 si presentano quattro ditte, compresa la Pistorello. E sarà un dipendente comunale a rivelare, poi, i problemi emersi sulla valutazione tecnica, e cioè «la difficoltà di valutare l’offerta proposta dalla Pistorello, in quanto quella indicata non è conforme a quanto espressamente richiesto dal bando di gara, anche per carenza documentale». L’appalto, infatti, riguardava lavori di riqualificazione nell’area di proprietà del Comune in via Guazzi, mentre la proposta della società in questione prevedeva l’esecuzione di opere che potevano ritenersi variante sostanziale. Dunque, non conforme al bando, con automatica esclusione. L’architetto Spadot avrebbe, secondo l’accusa, pensato a elaborati integrativi da inserire nell’offerta, come se fossero presentati sin dall’origine, spianando di fatto la strada alla Pistorello. Le alterazioni, secondo la ricostruzione degli inquirenti, negli intenti di Spadot non sarebbero dovute risultare da alcun verbale e si sarebbe dovuto dire agli altri commissari che i documenti erano presenti fin dall’inizio, ma erano sfuggiti all’analisi. Turbativa, per gli investigatori, che arrivava a contemplare la possibiltà concreta di alterare il materiale già presentato nei plichi delle imprese, materiale che doveva essere valutato dalla commissione. Si tentava anche di avere un parere dalla Provincia, per sancire che la proposta dalla Pistorello era una “miglioria”. Per l’accusa anche l’attribuzione dei punti alle partecipanti non era avvenuta nell’ambito di una seduta privata tra i membri della commissione. Al contrario, sarebbe avvenuta al di fuori di ogni riunione tra chi aveva il potere di decidere, senza alcune verbalizzazione «con continue variazioni, interventi, influenze esterne».
Lidia Pege
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