intervento risorse umane

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Messaggioda lidia.pege » ven giu 29, 2018 8:40 pm

Risorse umane
Le capacità cognitive ed operative dell’individuo, i suoi sentimenti, gli altri suoi bisogni, le sue motivazioni, così come le sue molteplici appartenenze e riferimenti erano considerati estranei al funzionamento dell’organizzazione. Di conseguenza la professionalità degli addetti alla gestione delle risorse umane era generica rispetto alle dinamiche sociali, di relazione, e alle risorse intellettive dei dipendenti, mentre era molto sviluppata sugli aspetti giuridico amministrativi. La cultura, i valori di riferimento e gli orientamenti dei responsabili del personale potevano esser diversi da quelli espressi dall’impresa.
A partire dagli anni 30 del secolo scorso sono diventate correnti di pensiero importanti della psicologia e della sociologia del lavoro, la scuola delle relazioni umane, che hanno costituito tra il 1930 e il 1950 una reazione ai limiti dell’organizzazione scientifica del lavoro
I ricercatori giunsero a definire una serie di elementi di natura sociale come determinanti il rendimento lavorativo. In particolare, misero in luce il fatto che i rapporti sociali offrivano al lavoratore il senso della propria identità e al lavoro il significato intrinseco perduto in conseguenza dell’organizzazione scientifica, e dimostrando infatti che il funzionamento dell’impresa è strettamente legato ai fattori ambientali e relazionali, per cui nell’attività di lavoro è necessario umanizzare le relazioni tra le persone. Secondo questa impostazione l’organizzazione è concepita come un sistema fisso, inserito in un proprio ambiente, in cui sono particolarmente importanti i fattori psicosociologici (Pedon-Maeran)
I valori comprendono una comunicazione pienamente libera, indipendentemente dal rango e dal potere, un’atmosfera che consente e incoraggia tanto l’espressione emotiva quanto l’attività orientata al compito, una disposizione fondamentalmente umana che accetta l’inevitabilità del conflitto fra organizzazione e individuo, ma che è disposta ad affrontarlo e mediarlo su un piano razionale, la tendenza ad affidarsi al consenso piuttosto che alle norme di coercizione e di compromesso per gestire il conflitto.
Questa concezione della gestione del personale presenta alcuni valori e punti di vista quali quelli di uomo, potere e organizzazione.
Una nuova concezione dell’uomo basata su un’aumentata conoscenza dei suoi complessi e mutevoli bisogni, che sostituisce un’idea dell’uomo ultrasemplificata, del tipo “schiaccia un pulsante”
Un nuovo concetto del potere basato sulla collaborazione e sulla ragione, che sostituisce un modello legato alla coercizione e alla minaccia
Un nuovo concetto di organizzazione fondato su ideali umanistico democratici, che rimpiazza il sistema meccanico della burocrazia
In sintesi queste sono le linee portanti di quella che viene chiamata “filosofia sociale” si tratta di una concezione che da una parte, allarga il campo della gestione delle risorse umane prendendo in considerazione sia la dimensione psicologica sia sociale dei dipendenti e dall’altra parte, ingloba la dimensione storica del passato dell’organizzazione.
E’ perciò un intervento a largo raggio volto a migliorare i processi di soluzione dei problemi, specie attraverso un controllo più efficace e collaborativo della cultura dell’ organizzazione, casomai con l’assistenza di un agente di cambiamento e l’impiego delle teorie e delle tecniche delle scienze umane applicate.
Se l’impresa deve adattarsi incessantemente al suo ambiente esterno, bisogna che essa impari a farlo anche all’interno. Una gestione differenziata del personale è il riflesso di una concezione aperta dell’organizzazione, vicina ai suoi membri
I lavoratori dovrebbero avere la libertà di scegliere i modi con cui raggiungere gli obiettivi previsti. Secondo questa prospettiva le prestazioni sono misurate in termini di conseguimento dei risultati invece che di adeguamento nel rispettare una sequenza di istruzioni. Dunque la direzione per obiettivi e il management delle risorse umane prevedono un spirito manageriale partecipativo che metta in secondo piano le tradizionali modalità di comando e di controllo; in questo modo si possono migliorare le motivazioni dei lavoratori attraverso un collegamento più stretto della prestazione lavorativa al sistema premiante e all’avanzamento di carriera mediante il riconoscimento del contributo individuale al conseguimento degli scopi dell’organizzazione.
-Pone l’attenzione sulle aree in cui gli obiettivi organizzativi risultano più significativi
-identifica progressivamente i problemi da risolvere per raggiungere i propri scopi
-chiarisce le responsabilità e migliora il coordinamento delle attività
-aiuta i bisogni formativi
-consente di impostare un sistema di valutazione più equo
-facilita le comunicazioni fra i differenti livelli organizzativi
– tende a motivare i singoli lavoratori
Riguardo ai contenuti del lavoro, ciò che conta è che gli utenti delle prestazioni siano complessivamente soddisfatti. Se si ricorre a cure sanitarie, non basta essere guariti ma occorre anche sentirsi guariti, cioè essere ascoltati, rassicurati, seguiti e monitorati in funzione delle proprie necessità percepite, anche al di là di quanto strettamente sufficiente. Agli operatori sono dunque richieste prestazioni di analisi, di intervento e di controllo che vanno sempre più commisurate in funzione dell’interlocutore utente
E’ richiesto un grande impegno professionale accompagnato da senso del dovere sia individuale che organizzativo. Volontà di far bene, consapevolezza della libertà e quindi del valore del proprio operato, disponibilità cortesia, condivisione empatia, compassione, amore, sono alcuni degli elementi essenziali affinchè le prestazioni siano di una qualità effettivamente adeguata ai bisogni e alle aspettative, nell’ambito dei servizi alla persona nei diversi settori, e questo dal sanitario, al formativo, all’assistenziale, in campo turistico e del tempo libero. E’ in atto quindi un cambiamento dei contenuti e del significato del lavoro, al cui interno sono centrali la costante consonanza dell’impegno lavorativo con gli obiettivi organizzativi
Ciò che lega le persone al loro lavoro è di natura essenzialmente immateriale. Non è tanto la disponibilità di spazi o di apparecchiature pur necessari, “a fare la differenza” quanto le disposizioni etiche e di volontà psicologiche delle persone. In tale contesto il coinvolgimento e di conseguenza la negoziazione di obiettivi, strumenti e procedure, costituiscono fattori critici e centrali di successo. La contrattazione classicamente incentrata sulle mansioni e sui corrispettivi, deve sempre più tenere conto delle dimensioni immateriali, definite come ”contratto psicologico” cioè quell’insieme di aspettative reciproche e mutuamente accettate e tra organizzazione e lavoratori.
Se il vecchio modello di contratto era centrato sulla sicurezza sulla prevedibilità, sulla continuità, il nuovo modello contempla scambio, flessibilità, continue ridefinizioni e rinegoziazioni, in cui l’accordo va cercato su un numero più ampio di termini, che includono anche la domanda di maggiore equilibrio tra lavoro e famiglia e l’identità dell’attore organizzativo.
Argentero
Lidia Pege
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