Intervento Inquinamento elettromagnetico
Inviato: gio ott 28, 2021 1:09 pm
Inquinamento elettromagnetico
La legge 36 del 22 febbraio 2001 sulla “protezione delle esposizioni da campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici” non contiene numeri, si tratta di sedici brevi articoli senza allegati: definizioni del fenomeno e dei principi, ripartizione delle funzioni e competenze tra Stato e regioni anche con l’istituzione di un comitato interministeriale, procedure per la pianificazione, educazione ambientale, individuazione della rete di controlli e sanzioni. Bisogna sempre tener presente quel che le norme non possono fare quando entrano in vigore: non cesserà d'incanto l’inquinamento, non cesserà d'incanto la preoccupazione. Conviviamo (purtroppo) con altri inquinamenti e altre preoccupazioni. La legge può riconoscerli e definirli, assegnare compiti per monitorarli e diminuirli, suggerire scelte volontarie e accordi collettivi oppure sanzioni per averne meno, stanziare risorse per ricercare ancora, risanare, educare. La legge è una modalità per recepire una relazione sociale nella coscienza critica del paese, inevitabilmente genera altre relazioni. Se esistono interessi contrastanti e conflitti, continueranno ad esistere; la legge modifica i rapporti fra gli interessi e eventualmente propone una via mite per affrontare il conflitto.
La certezza del diritto è interesse comune di tutti i cittadini. La legge quadro costituì una cornice il più possibile semplice, chiara e originale entro la quale l’esposizione a onde artificiali è divenuta un evento giuridicamente rilevante, trasparentemente rilevante sia per chi le emette, sia per l’ambiente ove sono emesse, sia per chi si trova nelle condizioni di riceverle, anche dal punto di vista degli effetti sulla salute. C'è una “oggettività” dello strumento-legge nell'ordinamento italiano, così come risulta storicamente insediato, che riguarda l’intera produzione legislativa e condiziona l’intera vita amministrativa. Era una materia incandescente, lasciata a scontri sociali esasperati, a regolamentazioni locali precarie, contraddittorie ed episodiche (nel tempo e nello spazio), a lunghe incerte dinamiche giudiziarie, a parziali interventi di singoli amministrazioni centrali. Da venti anni, i valori numerici sono stati determinati, i controlli si fanno, ci sono personale e strutture diffusi sul territorio, le guide per la misura e la valutazione sono state ufficiali e uniformi per basse ed alte frequenze, si sono fatti accordi comunali fra tutte le parti in causa.
La legge di venti anni fa ha imposto un interesse diffuso, una verifica comparata (non solo comunitaria), un retroterra scientifico su una materia ancora priva di conclusioni esaustive sul concetto stesso di “inquinamento elettromagnetico” (anche se un problema di precisione scientifica riguarda un po’ tutti gli inquinamenti che pure esistono e non solo per noi sapiens, qui. La legge adottò una definizione tecnica di elettrosmog (combinazione terminologica di fumo/smoke e nebbia), come quella forma di inquinamento di origine fisica, impercettibile a 1ivello sensoriale (con conseguenti implicazioni psicologiche e sociali), derivante da sorgenti di campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, in grado potenzialmente di interagire con i sistemi biologici, traducendola in una definizione giuridica, che è divenuta legge. Si è così evitato che l’allarmismo crescesse e diventasse esasperazione, disperazione, isolamento.
L’inquinamento elettromagnetico ha maggiore facilita di altri nel produrre anche una pressione psicologica e una paura collettiva, appariva (e appare) difficile esorcizzarlo. Anche se vogliamo dimostrare che ce n'è poco; anche se speriamo che non si dimostreranno gravi effetti nel lungo periodo; anche se affermiamo l’utilità sociale delle sorgenti che in parte lo provocano, era bene prendere seriamente l’elemento di verità contenuto nel crescente allarme sociale e investire in ricerca e tecnologie. La legge non sposò certezze scientifiche, dinamiche psicologiche, interessi produttivi. Non c’è mai una situazione senza impatti e inquinamenti, si tratta sempre di misurarli, prevenire o limitare quelli dannosi, coinvolgere comunità informate, contemperare le esigenze mettendo in cima alla lista delle priorità la salute degli umani e degli ecosistemi.
Bo live Valerio Calzolaio
La legge 36 del 22 febbraio 2001 sulla “protezione delle esposizioni da campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici” non contiene numeri, si tratta di sedici brevi articoli senza allegati: definizioni del fenomeno e dei principi, ripartizione delle funzioni e competenze tra Stato e regioni anche con l’istituzione di un comitato interministeriale, procedure per la pianificazione, educazione ambientale, individuazione della rete di controlli e sanzioni. Bisogna sempre tener presente quel che le norme non possono fare quando entrano in vigore: non cesserà d'incanto l’inquinamento, non cesserà d'incanto la preoccupazione. Conviviamo (purtroppo) con altri inquinamenti e altre preoccupazioni. La legge può riconoscerli e definirli, assegnare compiti per monitorarli e diminuirli, suggerire scelte volontarie e accordi collettivi oppure sanzioni per averne meno, stanziare risorse per ricercare ancora, risanare, educare. La legge è una modalità per recepire una relazione sociale nella coscienza critica del paese, inevitabilmente genera altre relazioni. Se esistono interessi contrastanti e conflitti, continueranno ad esistere; la legge modifica i rapporti fra gli interessi e eventualmente propone una via mite per affrontare il conflitto.
La certezza del diritto è interesse comune di tutti i cittadini. La legge quadro costituì una cornice il più possibile semplice, chiara e originale entro la quale l’esposizione a onde artificiali è divenuta un evento giuridicamente rilevante, trasparentemente rilevante sia per chi le emette, sia per l’ambiente ove sono emesse, sia per chi si trova nelle condizioni di riceverle, anche dal punto di vista degli effetti sulla salute. C'è una “oggettività” dello strumento-legge nell'ordinamento italiano, così come risulta storicamente insediato, che riguarda l’intera produzione legislativa e condiziona l’intera vita amministrativa. Era una materia incandescente, lasciata a scontri sociali esasperati, a regolamentazioni locali precarie, contraddittorie ed episodiche (nel tempo e nello spazio), a lunghe incerte dinamiche giudiziarie, a parziali interventi di singoli amministrazioni centrali. Da venti anni, i valori numerici sono stati determinati, i controlli si fanno, ci sono personale e strutture diffusi sul territorio, le guide per la misura e la valutazione sono state ufficiali e uniformi per basse ed alte frequenze, si sono fatti accordi comunali fra tutte le parti in causa.
La legge di venti anni fa ha imposto un interesse diffuso, una verifica comparata (non solo comunitaria), un retroterra scientifico su una materia ancora priva di conclusioni esaustive sul concetto stesso di “inquinamento elettromagnetico” (anche se un problema di precisione scientifica riguarda un po’ tutti gli inquinamenti che pure esistono e non solo per noi sapiens, qui. La legge adottò una definizione tecnica di elettrosmog (combinazione terminologica di fumo/smoke e nebbia), come quella forma di inquinamento di origine fisica, impercettibile a 1ivello sensoriale (con conseguenti implicazioni psicologiche e sociali), derivante da sorgenti di campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, in grado potenzialmente di interagire con i sistemi biologici, traducendola in una definizione giuridica, che è divenuta legge. Si è così evitato che l’allarmismo crescesse e diventasse esasperazione, disperazione, isolamento.
L’inquinamento elettromagnetico ha maggiore facilita di altri nel produrre anche una pressione psicologica e una paura collettiva, appariva (e appare) difficile esorcizzarlo. Anche se vogliamo dimostrare che ce n'è poco; anche se speriamo che non si dimostreranno gravi effetti nel lungo periodo; anche se affermiamo l’utilità sociale delle sorgenti che in parte lo provocano, era bene prendere seriamente l’elemento di verità contenuto nel crescente allarme sociale e investire in ricerca e tecnologie. La legge non sposò certezze scientifiche, dinamiche psicologiche, interessi produttivi. Non c’è mai una situazione senza impatti e inquinamenti, si tratta sempre di misurarli, prevenire o limitare quelli dannosi, coinvolgere comunità informate, contemperare le esigenze mettendo in cima alla lista delle priorità la salute degli umani e degli ecosistemi.
Bo live Valerio Calzolaio