Il Papa: i fedeli “troppo puliti, incapaci di sporcarsi le mani per aiutare, non sono cristiani”
Francesco lo afferma in un’intervista a Tv2000, nel programma «Io credo» di don Marco Pozza. Denuncia «un processo» in atto «contro il cristianesimo, perseguitato» per essere «annientato» perchè ritenuto una «minaccia». «La fede va trasmessa in dialetto, in quel linguaggio che è proprio della gente che ti si avvicina con amore»
Papa Francesco e don Marco Pozza
domenico agasso La stampa
08 Febbraio 2020
CITTÀ DEL VATICANO. «Quando vedo cristiani troppo puliti che hanno tutte le verità, l’ortodossia, e sono incapaci di sporcarsi le mani per aiutare qualcuno a sollevarsi, io dico: “Ma voi, non siete cristiani”». Lo afferma papa Francesco in un’intervista a Tv2000, nel programma «Io credo» di don Marco Pozza, cappellano del carcere di Padova. Andrà in onda in otto puntate dal 17 febbraio. Il Pontefice denuncia «un processo» in atto «contro il cristianesimo», che è «perseguitato» per essere «annientato», perché viene visto come una «minaccia». Ricorda che «la fede va trasmessa in dialetto», soprattutto «familiare, in quel linguaggio che è proprio della gente che ti si avvicina con amore», diverso da un lessico «intellettuale». E incoraggia a «credere in un Dio che è Padre e non in un dio-Mandrake, con la bacchetta magica».
Terzo appuntamento su Tv2000 del Pontefice che conclude la trilogia sulla preghiera con il Credo, frutto delle conversazioni con don Pozza, che lo ha già intervistato negli anni passati su Padre Nostro e Ave Maria. Dall'incontro del Papa con don Marco è stato realizzato anche il libro «Io credo, noi crediamo» edito dalla Libreria Editrice Vaticana e Rizzoli in uscita a marzo.
Le otto puntate, in prima serata, hanno la regia di Andrea Salvadore, coautore del programma insieme a don Pozza. L’idea è quella di tornare alla radice delle antichissime parole di preghiera, attualizzandole attraverso incontri e commenti di testimoni del nostro tempo.
In ogni puntata il Papa risponde a don Pozza sui diversi brani del Credo. Protagoniste le comunità e otto personalità del panorama culturale, artistico e sportivo italiano: Salvatore Natoli, Martina Colombari, Paolo Bonolis, Paolo Rumiz, Carolina Kostner, Giovanni Bachelet, Massimo Bottura e Fausto Bertinotti.
Nell’intervista Papa Francesco affronta diversi temi: dai cristiani perseguitati al populismo. E poi Satana, la fede, la mondanità, il lusso nella Chiesa, i movimenti ecclesiali, la mafia e i politici. Cita due volte Benedetto XVI e anche grandi autori, opere e personaggi dello spettacolo: Joseph Malégue (romanziere cattolico), Padre Henri De Lubac (teologo gesuita), Ludwig von Pastor (storico), Gustav Mahler (compositore e maestro d’orchestra), Vincent di Lerino (monaco benedettino e teologo del IX secolo), Anna Magnani, Turandot e il capitello di Vèzelay. Il Pontefice parla anche di Nuovi Orizzonti, i cristiani della Thailandia, la Chiesa in Corea, la leggenda della Madonna dei mandarini in Calabria.
«Alle volte ci vengono teorie – afferma il Papa - che ci fanno presentare un Dio astratto, un Dio ideologico… un’idea, perfetto; e che ti provano l’esistenza di Dio come fosse una matematica». Chi ha compreso qual è la via da percorre sono «i santi, i veri protagonisti del cristianesimo: uomini e donne che hanno capito cosa è credere in un Dio che è Padre e non in un dio-Mandrake, con la bacchetta magica».
Sostiene il Pontefice: «C’è un processo, sempre, contro il cristianesimo – contro – perché il cristianesimo è perseguitato – ho la tentazione di dire “va perseguitato”: no; è perseguitato, ma sembra… è un processo di volere annientarlo perché il cristianesimo è una minaccia. È una minaccia del lievito alla farina, di quello che vuole fare l’azzimo: è una minaccia». Anche al tempo di Gesù, «pensa a tutto quello che le calunnie su Gesù, il processo a Gesù e anche pensa ai processi dei primi martiri, di Stefano, che ci racconta la Bibbia, poi la Storia romana, i martiri». Quella del cristianesimo «è una storia di persecuzioni, di cercare di annientarlo e di successi? No: di perseveranza. È vero che il cristianesimo non vive di successi».
In un altro punto della dialogo il Papa dice che «la fede va trasmessa in dialetto», soprattutto «in dialetto familiare. Cioè, la fede va trasmessa in quel linguaggio che è proprio della famiglia, che è proprio della gente che ti si avvicina con amore, un linguaggio diverso da un linguaggio intellettuale». Poi mette in evidenza: «Senti oggi, questo, qui a Roma succede con le donne filippine che fanno le badanti con i bambini. Forse famiglie buone, ma di una fede all’acqua di rosa, vanno a Messa due-tre volte l’anno, gente buona: non possono trasmettere a casa con il dialetto della famiglia, la fede; cercano badanti filippine perché parlano l’inglese e così i bambini esercitano l’inglese». Sottolinea il Papa: «Ma queste sono contrabbandiste, eh?, queste badanti filippine sono contrabbandiste: con l’inglese ti portano la fede. E sono quelle che trasmettono la fede con il dialetto della convivenza affettuosa con i bambini».
Il Vescovo di Roma riflette su come testimoniare il Vangelo con la vita. Quando vede cristiani «troppo puliti che hanno tutte le verità, l’ortodossia, la dottrina vera, e sono incapaci di sporcarsi le mani per aiutare qualcuno a sollevarsi, non sanno sporcarsi le mani; quando vedo questi cristiani io dico: “Ma voi, non siete cristiani; siete teisti con acqua benedetta cristiana, ma ancora non siete arrivati al cristianesimo”». Se Dio «si è sporcato le mani ed è disceso al nostro infero, ai nostri inferni, è disceso… noi dobbiamo seguire le sue tracce. “No, io non riesco, fino a qui …”, va bene; ma non sei arrivato a essere cristiano, sei un cristiano a metà, un cristiano superficiale, neppure un cristiano: un uomo che crede in Dio, che ha delle idee chiare sulla redenzione, che crede in satana, sa che satana esiste, ma si ferma alla porta degli inferi, fa dei calcoli». Si tratta della «mondanità», che «fa queste cose. Per questo, quando padre De Lubac, alla fine del suo libro “Méditations sur l’Eglise” dice che la mondanità spirituale è il peggiore male che possa accadere alla Chiesa, la corruzione più grande, ha ragione, perché tocca questo. La mondanità spirituale ferma la discesa di Dio agli inferi: a metà. È disceso, lì, in Galilea ha predicato, poi se n’è andato. No…».
Mentre alla domanda: «Quanto conta l’immagine di Dio, che un bambino, una persona coltiva nella sua infanzia per poi scrivere tutta la propria storia o rifiutare la propria storia con Dio?», papa Francesco risponde, con le idee chiare: «Dipende dal Dio che tu fai vedere al bambino. C’è il Dio di teatro, il Dio di circo, il Dio delle storie meravigliose, il Dio che assomiglia forse al lupo di Cappuccetto Rosso, che è crudele, ma quale Dio tu fai vedere a un bambino? Noi – ricorda – cominciamo il Credo dicendo “io credo in Dio Padre”: ma tu fai vedere un Dio Padre, al bambino, un Dio che ispiri il bambino a vivere così?».