Morti sul lavoro, l'operaio che raccoglie le storie delle vittime: "Basta parlare di numeri, sono persone"
Marco Bazzoni tiene aggiornato un elenco di chi ha perso la vita, annotando il nome, l'età e le circostanze del decesso: "Lo faccio per restituire loro un po' di dignità"
di FLAVIO BINI
13 Ottobre 2019
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Marco Bazzoni, 45 anni, vive a Barberino Tavarnelle, in provincia di Firenze
MILANO - “Basta parlare soltanto di numeri: quelle sono persone. Lavoratori con degli affetti, una moglie, dei figli, che la mattina sono usciti per andare al lavoro e poi non sono più tornati a casa”. Marco Bazzoni, operaio metalmeccanico di 45 anni della provincia di Firenze, alle statistiche preferisce le storie. Ogni giorno passa al setaccio i mezzi di informazione per aggiornare l’elenco delle vittime sul posto di lavoro. Più di 700 dall'inizio dell'anno, come viene ricordato oggi a Palermo nella giornata nazionale dedicata al tema e in occasione della quale anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha ribadito che "la sicurezza di chi lavora è una priorità sociale".
Quello di Bazzoni però non è un freddo database di numeri, ma una sequenza di nomi e cognomi, di brevi ricostruzioni, piccoli frammenti per raccontare chi fossero le persone che non ci sono più. “Lo faccio per restituire loro un po’ di dignità. A volte nemmeno si conosce il nome di chi è morto. Ma anche loro hanno delle storie, delle famiglie che hanno perso un proprio caro, è giusto che venga ricordato”.
Poche righe per trascrivere il nome di chi non c’è più, la sua età e, quando è possibile, le circostanze dell’incidente. Così, storia dopo storia, l’elenco dei morti diventa una lunghissima sequenza di frammenti di vite, restituendo con forza maggiore la portata della strage in corso. “Ho cominciato a occuparmene dal 2006, ho visto che se ne parlava troppo poco e ho iniziato a scrivere ai mezzi di informazione perché se ne occupassero di più”, racconta Bazzoni, che oggi è anche rappresentante per la sicurezza nelll’impresa in cui lavora, una fabbrica di macchine enologiche.
Una strage quotidiana le vittime sono già più di 700
Con alcuni dei famigliari delle vittime si è anche messo in contatto. “Alcuni li ho aiutati, quando si perde un proprio caro, un fratello, un padre, succede che si resta soli, ci si sente abbandonati da tutti, soprattutto dalle istituzioni. Ci sono anche delle problematiche burocratiche da affrontare: ottenere la rendita Inail ad esempio non è semplice, quando posso cerco di dare loro una mano".
Intanto però l’elenco delle vittime si allunga, da dove cominciare? “Innanzitutto dovremmo smetterla di chiamarle ‘morti bianche’, perché così sembrano tragiche fatalità, come se non ci fosse nessun responsabile dietro. Sembra quasi un modo per sminuirle”.
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I responsabili invece ci sono, così come è ancora troppo debole l’azione del governo in questo senso. “Sono stati presi degli impegni a ridurre gli infortuni, si continuano a fare tavoli qui e lì, vorrei che si passasse dalle parole ai fatti”. Ad esempio rafforzando gli strumenti di prevenzione. “Gli ispettori del lavoro di cui si parla spesso, controllano solo la regolarità contributiva e sicurezza nei cantieri edili, ma devono sempre avvisare le Asl territorialmente competenti.I tecnici delle prevenzione sono circa 2000 in tutta Italia, con circa 4 milioni di aziende da controllare. Se le dovessero controllare tutte, ogni azienda riceverebbe un controllo ogni 20 anni”, sottolinea Bazzoni. “Avevo letto che il Ministro del Lavoro Catalfo voleva aumentare gli ispettori del lavoro di 150 unità, ma casomai bisogna aumentare i tecnici della prevenzione dell'Asl, che non dipendono dal Ministero del Lavoro ma dalle Regioni”.
La politica insomma non può più voltarsi dall’altra parte. Le leggi esistono, ma ancora restano inapplicate: “C’è il Testo Unico per la sicurezza, è stato approvato 11 anni fa, ma mancano i decreti attuativi. Quello lo devono fare loro che sono al governo, non io che sono in fabbrica”.