convegno per "Pietro d'Abano"

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convegno per "Pietro d'Abano"

Messaggioda lidia.pege » mar set 24, 2019 7:16 am

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A mio parere è difficile comprendere il “fenomeno” Pietro d’Abano se non si
conosce, seppur a grandi linee, la situazione storica del territorio padovano e
aponense dell’epoca: da Assessore di Abano, cercherò di portar “acqua al mio
mulino”.
Dobbiamo ricordare che , come riportato nel Liber Regiminum Paduae , nell’anno
Trecento a Padova si festeggiasse l’intacta maxima libertas e la città fosse in status
excelso. Nello stesso liber, inoltre, viene sottolineato che nel 1310, all’epoca della
discesa di Arrigo VII, la città fosse splendida per uomini sapienti. In questo periodo,
infatti, denominato preumanesimo padovano, vi era un cenacolo di dotti tra cui il
Mussato, Rolando da Piazzola, il Lovati e due personaggi conosciuti in tutta Europa
per il loro pensiero quali Marsilio e Pietro d’Abano appunto.
Troppo spesso il nome di Pietro d’Abano (Pietro de’ Sclavione 1248/50-1315/16) è
legato ingiustamente alla negromanzia, così lontana dal suo pensiero razionale,
pertanto ritengo doveroso che la sua figura sia riportata al suo reale contesto
storico, così ben descritto da chi mi ha preceduto.
Pietro nella sua vita pellegrinò tra le varie Università europee, ma restò sempre con
il cuore legato al suo territorio, tanto che non dissociò mai il toponimo Abano dal
suo nome e vi ripose tale fiducia che nel suo testamento del 1315 lasciò al Comune
la tutela dei suoi beni e dei suoi figli. Quindi, quello che desidero fare emergere, in
modo sintetico, in questo mio breve saluto, è, appunto, il concetto di Pietro come
figlio della sua terra ed in particolare del vicus Abani, di cui non solo conobbe e
apprezzò le terme, i bagni, ma ne studiò le capacità salutifere delle acque.
Già nel XII secolo Abano era chiamata villa, cioè un centro rurale con pertinenze
territoriali, con una pluralità d’insediamenti e di fonti termali. In questa zona tra il
XII e il XIII vi fu un fervere di attività agricole e un significativo ampliamento delle
coltivazioni. Di questo fervere di attività vi è testimonianza documentale nella
antica toponomastica locale e negli importanti interventi idrografici operati nel
nostro territorio proprio nel periodo di Pietro d’Abano dal Comune di Padova.
Da queste iniziative ne derivò un miglioramento della qualità della vita della
popolazione e, di conseguenza, un significativo aumento demografico, che nel 1281
(periodo in cui il trentenne Pietro era forse a Costantinopoli) portò la villa a circa 800
abitanti, cioè tra i primi 4 o 5 paesi del territorio padovano.

Il padre di Pietro, Cosimo, come riporta Sante Bortolami in “Arte e scienza”, in un
paio di documenti trecenteschi, viene appellato “dominus”, cioè non era un
“poveretto”: era un livellare, che faceva lavorare i braccianti per conto terzi e,
poiché era anche colto, riuscì a creare una piccola fortuna familiare. Il padre di
Pietro, il nonno e i figli, Benvenuto, Pietro e Goffredo risultano tutti livellari nei
registri del monastero di Praglia (cartulari monastici) per terreni della zona euganea
anche ben oltre i confini di Abano.
Logicamente, questo contesto economico favorì l’intreccio di rapporti tra Abano e
Padova, tra città e campagna in vari modi. Per esempio si incominciò ad usare che i
figli dei possidenti andassero a vivere a Padova pur mantenendo la base immobiliare
in campagna: successe al nostro Pietro ma anche, ad esempio, a Marsilio, che
proveniva da Galzignano, anch’egli di famiglia benestante appartenente alla vicinia
(assemblea dei capifamiglia). Inoltre, molti documenti (1265/1302) connotano
l’importanza dell’Abazia di Praglia, quale proprietaria di molti territori euganei ,
punto di riferimento di vaste comunità e di intellettuali stipendiati dall’Abate, tra cui
il notaio Costanzo, che operava anche contemporaneamente in Padova.
Sempre nei cartulari di Praglia , troviamo una nota molto importante riferita a l
nostro Pietro precisamente il 27 febbraio del 1316, data presunta della sua morte:
” Benvenutum quondam Petri fisici de Abano, morante Padua”.
Da quanto sopra ho brevemente ricordato, risulta chiara e inconfutabile l’esistenza
di Pietro e della sua famiglia nel territorio aponense e del suo livello sociale;
l’attività economica e le caratteristiche naturali del luogo potrebbero essere state
l’imput per l’inclinazione del de’ Sclavione nella ricerca scientifica in campo
botanico e naturalistico, che si esplicitò in molte sue opere e che fu il perno anche
dei suoi studi medici e filosofici.
Ritornando alla situazione economica di Abano ai tempi del Pietro, ricordo che
proprio dai primi del 1200, riprende in modo sensibile l’industria termale, dopo un
lungo periodo di completa stasi, che attraeva curandi da Padova, ma anche
dall’Emilia e da zone oltre le Alpi, e che era rafforzata dalla presenza, oltre che di
alberghi, di medici: un fertile terreno probabilmente per le prime ricerche di
medicina del giovane Pietro, che lo condussero alle sue traduzioni di Galeno, alle sue
teorie basate sull’osservazione e al fatto che fu sempre fondamentalmente “in
primis medico” (v: Giordana Mariani).

La conoscenza in zona con personaggi provenienti dall’estero potrebbero averlo
indotto non solo a rapportarsi con Marco Polo (Francesco Bottin-Arte e scienza) e ad
invogliarlo ai suoi lunghi viaggi a Costantinopoli, a Parigi, etc.ma anche, visto il
rapporto del tempo tra medicina, astronomia e astrologia, anche a conferire con
Dante e con Giotto, come verrà approfondito nella visita al Palazzo della Ragione.
Tutto cio’ rende ragione della curiosità scientifica di Pietro, indotta da un terreno
fertile di sproni culturali provenienti da varie direzioni e teorie, e in un certo senso
spiega l’opera Conciliator (1303), che esprime la posizione innovativa e moderata
del suo autore, ad esempio, ma anche il ruolo stretto, la correlazione, ancor oggi
presente tra Abano e Padova, tra le Terme e l’Università."
Cristina Pollazzi Asessore alla Cultura

"Nell’immagine del Dignissimo fasciculo de medicina di Pietro da Montagnana del
1494 è raffigurata la stanza di un medico. Ci sono 12 opere che rappresentano ciò che
un medico non può non sapere. Ce n’è una sola di autore moderno ed è indicata col
solo titolo: Conciliator. Talmente famoso da non dover essere nemmeno nominato.
C’è un ritratto ideale di Pietro d’Abano dipinto tra il 1473 e il 1476 da Juste de Gand
con l’aiuto di Pedro Berruguete per lo studiolo del duca di Montefeltro nel palazzo
ducale di Urbino. Ora si trova al Louvre. Nello studiolo c’erano 28 ritratti di uomini
illustri (Aristotele, Platone, Dante, Petrarca, ecc.). Il grande studioso Aby Warburg in
una sua conferenza lo appella il celeberrimo Faust padovano. Abbiamo molte edizioni
delle sue opere tra la seconda metà del ‘400 e tutto il ‘500. Poi scema la sua
importanza come medico e prevale la leggenda del mago. Numerosi articoli negli
ultimi anni, soprattutto per le sue traduzioni e soprattutto da parte di studiosi
stranieri. Tutto questo per dire che Pietro d’Abano è stato un personaggio molto
importante.
Ma chi era Pietro d’Abano? Sappiamo molto poco. Nato intorno al 1250 da Costanzo
della famiglia de Sclavione, notaio del sigillo del Comune di Padova che lavorava
soprattutto per il monastero di Praglia. Costanzo aveva terreni che faceva lavorare da
altri e attraverso l’acculturazione riesce ad accumulare una certa fortuna. Ha la base
ben salda in campagna ma fa parte anche della borghesia cittadina. Pietro studia,
diventa medico ma anche astronomo-astrologo. Insegna a Parigi alla Sorbona e poi va
a Costantinopoli e impara il greco per poter avere testi più attendibili delle opere dei
medici e dei filosofi greci. A quei tempi infatti avevano a disposizione solo traduzioni
latine di traduzioni arabe. In questo è vicino al preumanesimo patavino per
l’attenzione filologica ai testi antichi. Poi nei primi anni del ‘300 torna a Padova. Il
Comune per lui fa un’eccezione perché i padovani non potevano insegnare
all’Università di Padova. Viene accusato una prima volta di eresia a Parigi dai
domenicani per 54 errori, ma lo scagiona il Papa. Poi forse una seconda accusa a
Padova e lo difende il Comune. Infine nel 1312 inizia l’ultimo processo. Secondo
alcune testimonianze tarde, muore, poi lo condannano post mortem e mettono al
rogo le sue spoglie riesumate. Secondo Graziella Federici Vescovini, maggiore
studiosa di Pietro d’Abano, e Iolanda Ventura, autrice della scheda su Pietro nel
Dizionario biografico degli italiani della Treccani, probabilmente non è vero. Muore
tra il 1315 e il 1317 dopo aver fatto una solenne professione di fede. Le accuse
sembrano dovute al fatto che fosse troppo razionalista, cioè spiegava i fatti naturali
senza chiamare in ballo forze soprannaturali, poi invece paradossalmente la sua fama
diviene quella di mago.

Oltre alle traduzioni lui scrive opere di medicina e di astronomia. Pietro è conciliatore
di filosofi e medici, fa parte di un filone filosofico-razionalista che a partire da metà
del ‘200 è avversato da chi sosteneva un approccio fideistico. In medicina Pietro trova
che c’è chi sostiene che essa sia pura pratica e chi invece ne aveva una concezione
astratta. Lui sposa una via mediana per cui medicina è scienza teorico-pratica. In
questo aderisce all’interpretazione che Avicenna dà di Aristotele e ciò contribuisce a
smontare l’immagine che alcuni avevano di capostipite della scuola averroistica
padovana. Per Pietro d’Abano in medicina c’è armonia tra spirituale e corporale.
Pietro è l’autore delle più importanti opere di astronomia latina degli inizi del ‘300. Ai
tempi di Pietro sempre per la corrente neoplatonizzante araba di Avicenna
l’astronomia coincideva con l’astrologia ed era matematica. Nella tradizione latina
invece l’astronomia era scienza teoretica. Per molti l’astrologia era solo superstizione,
per altri essa negava il libero arbitrio. Pietro trova che il problema morale è già stato
risolto aderendo alla soluzione per cui gli astri inclinano ma non necessitano. Difende
l’astronomia-astrologia soprattutto dall’accusa di magia. Pietro cerca di conciliare gli
aristotelici e i tolemaici, di spiegare solo con aspetti naturali ciò che accade nei cieli.
Sia la medicina sia l’astronomia per Pietro si spiegano con cause naturali. Scienza
mondana che non nega le verità di fede. Ma chi lo accusa capisce probabilmente ciò
che avverrà secoli dopo con la scienza galileiana e cartesiana. Se il mondo funziona
senza l’intervento di Dio, si può anche fare a meno di Dio. Quindi Pietro non è un
mago ma nemmeno un volgare materialista, bensì un razionalista che cerca di
costruire una scienza fisica incentrata sull’uomo come modello sublime della natura
creato da Dio.
“Egli è stato certamente un innovatore, ma senza demolire niente che non fosse già
sul punto di modificarsi e forse già devitalizzato, indicando ben precisamente quale
doveva essere la via da percorrere a livello teorico e di metodo alle scienze mondane
e positive”.
“Lo schema astrologico del Salone corrisponde pienamente alla visione cosmologico-
astrologica di Pietro che fu fatta propria dal Comune e dai Carraresi […] Essa
corrisponde con quell’ideale di scienza, terrena, mondana e laica, razionale e positiva,
che si adattava perfettamente agli ideali operosi della città che non escludevano né la
fede né le verità religiose fondate sulla Bibbia. Queste infatti non sono mai messe in
dubbio da Pietro, come si può leggere nelle sue opere”.
Daniele Ronzoni Direttore Biblioteca
22.9.19 Padova
Lidia Pege
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