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Cacciari: "Divario crescente tra Sud e Nord

MessaggioInviato: sab dic 29, 2018 5:55 pm
da lidia.pege
Cacciari: "Divario crescente tra Sud e Nord, così l'Italia si spacca"

Il filosofo: "L'autonomia differenziata di Veneto, Emilia e Lombardia è solo un mezzo per avere più soldi e più potere, serve una riforma organica delle Regioni"
di CONCHITA SANNINO
28 dicembre 2018

Un conto è la riforma di cui «avevano e avrebbero bisogno le Regioni, che sono tutte enti carrozzoni, ove più, ove meno». Altro, invece, è «questo federalismo sbilanciato e parziale inseguito dai più forti al nord che cerca di rimediare quanti più soldi e potere per i suoi, e se ne infischia del resto del Paese».
Massimo Cacciari, il filosofo politico, già europarlamentare ed ex sindaco di Venezia, boccia il disegno della cosiddetta “autonomia differenziata”. Coglie la «mancanza assoluta di un disegno unitario» nella Lega, condanna «l’inconsistenza politica» dei 5 Stelle. Ma ribadisce la necessità di una riforma compiuta e non nasconde le forti criticità dell’uso delle risorse al sud.

Professore Cacciari, ha letto l’analisi della Svimez secondo cui l’autonomia in Lombardia, Veneto ed Emilia- Romagna spaccherebbe il Paese?

«Sì, l’ho visto. È un documento che solleva problemi molto seri. Perché andare verso l’accentuata autonomia di alcune regioni, senza prospettare una coerente riforma dell’ente nel suo insieme, senza inserirla nell’ambito di un disegno di assetto federalista del Paese, è avventuroso, è arrischiato e privo di fondamento. Quindi, condivido in toto questa critica di fondo».

Si doveva procedere prima ad una riforma del sistema Regioni?

«Per forza. Così come sono oggi si presentano come dei catafalchi, per usare le parole di Calamandrei: enti centralistici, che non hanno risorse proprie e che vivono di trasferimenti. Andavano invece completamente ristudiate, si doveva pensare a delle macro regioni. Un discorso che manca totalmente».

Quindi, come definirebbe questa operazione su cui Lega e 5 Stelle già promettono un’intesa per il 15 febbraio?

«E di cosa vuole che si parli? Della fuga in avanti di alcune regioni per poter avere più risorse. Ora è chiaro che il disegno sotteso è che Lombardia, Veneto ed Emilia possano tenersi il più possibile il gettito fiscale che si produce a casa loro e fregarsene completamente delle regioni del Sud».

Il premier Conte ha già assicurato che si farà garante della coesione nazionale: ma non c’è il rischio, se passasse l’iniziativa, che mancherebbero dei reali contrappesi?

«Manca un po’ tutto. In passato, almeno in teoria, in tutti i disegni seri, era previsto un Senato delle regioni, che era la sede nella quale si doveva discutere delle politiche perequative, di sensibilità e solidarietà. Mentre, al contrario, è oggi evidente che il segno di queste iniziative è esclusivamente quello di avere più soldi e più potere, punto: in barba a ogni costruzione di tipo unitario e nazionale».

Ma se tutto questo passa attraversi i servizi cruciali come Sanità e istruzione, il pericolo di fratture insanabili si fa concreto.

«Perché occorreva un impianto di portata costituente. Di cui, invece, c’è molto bisogno. Le Regioni così come sono adesso, tutte, sono uno schifo. E non dimentichiamo che bisognerà rivedere anche la situazione delle Regioni a Statuto speciale. Per fare un esempio semplicissimo: ma che senso ha che il Friuli, a un chilometro dal Veneto, possa avere la benzina che costa il venti o il trenta per cento in meno che su tutto il territorio? Perché questa somma di piccoli o grandi privilegi? Ma è saltato in questo Paese ogni discorso di riforma».

È quello che aveva provato a fare l’ultimo leader Pd, le direbbero ora i renziani.

«Eh no. Sull’altare anche delle idiozie, combinate dal compagno Renzi, è saltata qualunque idea di riforma. Nessuno ne parla. Alla Lega, non può importare di meno. E le regioni che possono, vanno per conto loro. Detto questo, c’era però un federalismo sano da cui cominciare».

Quello della razionalizzazione dei servizi.

«Quello dei costi standard era un aspetto importante. Se si fosse fatto con rigore, anche in alcune regioni del Mezzogiorno si sarebbero riviste delle cose sbagliate. Perché non è ammissibile che, per lo stesso servizio sanitario, a Milano si paghi la metà o un terzo di quanto si paga a Palermo. Ma tutti hanno preferito far finta di niente».

Svimez però affronta, con tabelle specifiche, anche il merito dei conti, sul residuo fiscale. Alla Lombardia toccherebbe 13 miliardi invece dei 40 computati, alle altre regioni 2 miliardi e non 12.

«Le regioni del nord tendono ad allargarsi, ma diciamo che anche Svimez fa troppo dimagrire i numeri. A me questo aspetto appassiona relativamente: il problema non sono i 20 miliardi di differenza. Il punto evidente è che c’è una sperequazione enorme che sta crescendo tra nord e sud. E tutti gli indici lo confermano. La situazione ormai in tutti i settori, tra nord e sud, si sta divaricando: trasporti, servizi sanitari e scolastici, reddito, occupazione. La forbice sta aumentando. Questo è drammatico e spacca il Paese».

E di questo allarme: quale politica, quale classe dirigente si occupa?

«Nessuno. Una volta, almeno, se ne occupava, per dire, “Viva il Vesuvio”. Ora perfino il sud vota per Salvini e applaude, nonostante sappia che per loro non ci sarà sviluppo...».

Perché questo consenso, secondo lei?

«Sono voti berlusconiani dirottati su Salvini. Alcuni poteri, alcune correnti, adesso hanno trovato nella Lega il proprio sponsor. Per ragioni che sono sostanzialmente clientelari»,

E i 5 Stelle perché lo consentirebbero, pur avendo raccolto un plebiscito al sud?

«Perché sono sprovveduti totali: di politica non capiscono nulla. Hanno assorbito solo voti di protesta, in larghissima parte di provenienza democratica. E il Pd renziano ha determinato il crollo di questa componente. Ma si tratta di un elettorato sempre in movimento, nel Mezzogiorno».

Non si intravede un San Silvestro ottimistico. Cosa ci auguriamo per il nuovo anno?

«Auguriamoci di non morire. Va bene così?».