Tullio Vidulich Cento anni fa tra lutti e gioie fiorì ...
Inviato: gio nov 08, 2018 3:54 pm
Significato e considerazioni sul Centenario della fine della Grande Guerra. Abano Terme, 3 novembre 2018, ore 11.00
Cento anni fa tra lutti e gioie fiorì la pace
Buon giorno. Porgo un cordiale saluto alle autorità, alle gentili signore e signori, agli insegnanti e studenti presenti.
Un cordiale saluto porgo al Sindaco di Abano Terme Dottor Federico Barbierato che ha patrocinato l’evento, un vivo grazie rivolgo alla Dottoressa Federica Travisanello, responsabile delle Attività Culturali di Abano Terme e al Dottor Daniele Ronzoni, Direttore della Biblioteca Comunale di Abano Terme, che hanno organizzato questa manifestazione con l'animo di ricordare un evento importante: il Centenario della fine della Grande Guerra e della Vittoria.
Un sentito grazie agli studenti della Scuola Professionale Alberghiera di Abano Terme che durante la conferenza leggeranno alcune poesie e lettere di soldati italiani scritte dal fronte e alla Professoressa Alessandra Bernardi che con competenza e passione ha preparato i lettori.
La conferenza ha lo scopo di commemorare il Centenario della fine della Grande Guerra con spirito di pace, di fratellanza e di rispetto verso tutti i cittadini delle nazioni che parteciparono al conflitto e con l’animo riconoscente verso tutti i Caduti d’ogni nazionalità e fede religiosa.
Una pace senza confini o condizionamenti, che deve essere sentita nel profondo nell’animo e testimoniata nella vita di ogni giorno.
Per noi oggi la Prima Guerra Mondiale è un atto storico, tutti la guardiamo ormai scevri dalle passioni del passato, ma non siamo disposti a dimenticare i sacrifici sopportati e rendere onore ai milioni di Soldati di tutte le patrie che in quei drammatici anni fecero il loro dovere e che ora dormono affratellati il sonno eterno.
La fine della guerra fu firmata a Padova, allora capitale al fronte, presso la Villa del Conte Vettor Giusti del Giardino, domenica 3 novembre 1918 alle ore 1800 fra una Delegazione d’Armistizio italiana, guidata dal generale Badoglio e una Delegazione d’Armistizio austroungarica guidata dal generale Victor Weber von Webenau, durante la quale venne fissata la cessazione delle ostilità alle ore 15 del 4 novembre.
Il 4 novembre, alle ore 12.00, il generale Diaz diramava alle sue truppe e alla nazione il bollettino di guerra n. 1268 che annunciava la vittoria dell’Esercito italiano e della fede e tenacia di tutto il popolo italiano:
“La guerra contro l’Austria - Ungheria che, sotto l’alta guida di S.M. il Re - Duce Supremo - l’esercito italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il 24 maggio 1915 e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta ed asprissima per 41 mesi, è vinta. La fulminea arditissima avanzata del XXIX Corpo d'Armata su Trento, sbarrando le vie della ritirata alla armate nemiche del trentino, travolte ad occidente dalle truppe della VII Armata e ad oriente da quelle della I, VI e IV, ha determinato ieri lo sfacelo totale della fronte avversaria […] .
L’esercito austro - ungarico è annientato; esso ha subito perdite gravissime nell’accanita resistenza dei primi giorni e nell'insegui mento ha perdute quantità ingentissime di materiali di ogni sorta […].
I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano disceso con orgogliosa sicurezza”.
Diaz
Desidero ricordare che il Bollettino di guerra venne firmato dal Generale Diaz nell'Hotel Trieste di Abano Terme (suite n° 106), dove era acquartierato lo Stato Maggiore del Comando Supremo, in seguito al suo trasferimento da Padova dopo che la città del Santo aveva subito numerosi bombardamenti.
Il nostro mancato intervento nel 1914 a fianco degli Imperi Centrali che avevano scatenato una guerra di aggressione fu determinante per il successo finale della coalizione dell’Intesa.
Le battaglie del Solstizio del giugno 1918 e di Vittorio Veneto del 24 ottobre 1918 crearono le premesse per la fine anticipata del lungo e sanguinoso conflitto mondiale evitando all’Italia e ai paesi belligeranti e nemici altri enormi sacrifici e la perdita di tante vite preziose.
Senza la vittoria italiana, gli Imperi Centrali avrebbero potuto resistere almeno sino alla primavera del 1919, come avevano previsto i Governi delle Potenze dell’Intesa.
La resa senza condizioni dell'Austria – Ungheria del 3 novembre 1918 consentiva alle forze dell'Esercito Italiano non solo di avanzare sino al Passo del Brennero e Trieste ma di poter procedere, attraverso il territorio dell'Austria, verso la Baviera e quindi colpire alle spalle l'esercito germanico già in ritirata sotto la pressione delle armate Alleate che agivano sul fronte occidentale. La sconfitta dell'Austria - Ungheria provocò una situazione insostenibile per la Germania, la quale, dovette richiedere la resa alle Nazioni della Triplice Intesa.
Una settimana dopo la firma dell’ armistizio di Villa Giusti, l’11 novembre 1918 alle ore 11, in un vagone ferroviario situato nella foresta di Compiègne, presso la piccola stazione di Rethondes in Francia, veniva firmato l’armistizio dal Maresciallo Foch in rappresentanza delle Potenze dell’Intesa e la Delegazione tedesca, che poneva fine al sanguinoso conflitto mondiale.
Le conseguenze della Prima Guerra Mondiale su vinti e vincitori ebbero la portata di un terremoto per le sue dimensioni, l’intensità e la complessità dell’evento con la scomparsa di quattro grandi Imperi: l’Impero Austro - Ungarico, quello di Russia, l’Impero germanico e l' Ottomano.
Dalla disgregazione presero vita nuovi stati nazionali che cambiarono completamente la geografia politica del vecchio continente europeo ed iniziò ad affacciarsi sullo scenario mondiale una nuova potenza gli Stati Uniti d'America.
Fra i molti patrioti che diedero il loro prezioso contributo alla vittoria, dando prova di profondo spirito di sacrificio, di dedizione e di amore per l’Italia ricordo i 1047 volontari triestini, i 324 friulani, i 410 istriani, i 215 dalmati, i 111 fiumani ed i 1200 volontari della Legione Trentina che testimoniarono la loro fede per l’Italia affrontando spesso l’estremo sacrificio.
La Battaglia di Vittorio Veneto concludeva un’epoca. La vittoria conseguita al prezzo di grandissimi sacrifici ci permise di completare l’unificazione del suolo patrio e l’unità politica della Nazione. Essa rappresentò anche il punto di arrivo del lungo e glorioso cammino che aveva avuto inizio sul Ticino nel 1848.
La Grande Guerra fu un evento di portata planetaria diverso da quelli del passato e, per la giovane nazione italiana con appena 50 anni di vita unitaria, fu una prova durissima contro l' Impero austro - ungarico dotato di forze armate temprate alla guerra e di antica tradizione.
Nel corso di tre anni e mezzo di guerra oltre cinque milioni di Soldati, cui vanno aggiunte le centinaia di migliaia di lavoratori civili nelle retrovie del fronte e di operai e operaie militarizzate nelle fabbriche che producevano armi, munizioni e altri materiali bellici.
La memoria è di fondamentale importanza nella vita della comunità e nella vita dei popoli. Solo coltivando la storia del passato si può vivere il presente e costruire un futuro di pace.
Quel mondo anche se a noi oggi ci appare lontano ci riguarda ancora, e non solo come memoria. Quel patrimonio di valori, di fede, di sacrifici, di grandi atti di solidarietà, scritti col sangue da milioni di italiani senza aver mai aspirato a essere eroi, i cui nomi non si trovano nei libri di storia, è una grande ricchezza, sono valori che non debbono tramontare che non debbono cadere nell'oblio.
Sono valori e sentimenti che rappresentano le fondamenta della nostra società e continuano ad essere patrimonio delle nostre Forze Armate, che oggi vengono custoditi, difesi e tenuti in vita con grande responsabilità e rispetto dalle Associazioni Combattentistiche e d'Arma e, in particolare, dalla nostra Associazione Associazione Alpini volta a trasmetterli alle nuove generazioni artefici del nostro futuro.
Valori morali oggi scarsamente sentiti da una gran parte della società, perché viviamo in un tempo grigio dove imperano le grandi Banche, il Pil economico, il pensiero egoista e interessato, dove lo spirito di coesione e l'orgoglio di essere italiani sono molto deboli e purtroppo le persone fanno molta fatica a ricordare quei Valori e a viverli.
Nel corso di quella durissima esperienza il Trentino, l'Altopiano di Asiago, il Monte Grappa, il Piave hanno rappresentato uno dei fronti più importanti della guerra italo – austriaca.
Durante quei 41 lunghi e massacranti mesi i nostri soldati vissero tragiche ed esaltanti esperienze: dalle dodici sanguinose battaglie sul Carso e sull’Isonzo, alle battaglie sull’Adamello oltre i tremila metri di quota alla sanguinosa Battaglia dell'Ortigara, alla grave sconfitta di Caporetto nell'ottobre 1917, con il forzato abbandono al nemico del Friuli, del Veneto e del Cadore e la tenace resistenza sul Piave e sul Grappa sino, nel giugno 1918, a respingere il baldanzoso nemico sulla riva sinistra del Piave, con la vittoriosa Battaglia del Solstizio per poi sconfiggere definitivamente, nel novembre 1918, l’esercito Austro – Ungarico a Vittorio Veneto.
In occasione del Centenario della fine della Grande Guerra desidero ricordare, soprattutto alle nuove generazioni, quale fu l’importanza storica, politica, militare e sociale della Grande Guerra e della sua vittoriosa conclusione ma anche quali furono gli immensi lutti, i traumi, le atrocità e le inaudite sofferenze di una intera generazione di giovani coinvolta da quel drammatico evento.
E' doveroso che tutti gli italiani dedichino un sincero commosso ricordo e omaggio ai nostri eroici Soldati: oltre seicentomila Caduti e un milione e mezzo di feriti, che giustamente possiamo considerare l’aristocrazia del valore. Essi affrontarono immani sacrifici e disagi disumani, prove estreme nel fango delle trincee, sui ghiacciai oltre i tremila metri e durante i sanguinosi terribili assalti con lealtà, dedizione e con alto senso del dovere.
Accomunati nel condividere le sofferenze e i disagi della trincea e l'esperienza umana più difficile quella della morte, quei giovani soldati impararono, superando spesso forti barriere linguistiche, a conoscersi, a comprendersi ed a soffrire insieme al punto di chiamarsi fratelli.
Fanti, alpini, bersaglieri, granatieri, artiglieri, cavalieri, genieri, trasmettitori, autieri, finanzieri, carabinieri, soldati dei servizi logistici, del Corpo Militare della Croce Rossa Italiana e del Corpo delle Infermiere Volontarie, dai ghiacciai dell’Adamello alle arse trincee del Carso, dal Monte Nero al Pasubio, dall’Altipiano di Asiago al Monte Grappa, scrissero pagine di eroismo e di grande umanità.
Non furono da meno i coraggiosi aviatori e marinai che, con le loro eroiche imprese, contribuirono in maniera determinante alla vittoria finale delle nostre armi.
All'indomani della sconfitta militare di Caporetto, popolo e soldati insieme si impegnarono generosamente per resistere al nemico invasore. I soldati, sul Piave e sul Monte Grappa, il popolo sostenendo, con grande solidarietà e gravi sacrifici, i suoi figli nelle infuocate trincee.
Si trattava di difendere la propria terra, la casa, di proteggere la famiglia, di evitare che alle donne italiane quello che stavano subendo le donne friulane e venete al di là del Piave.
Fu una guerra di popolo combattuta da milioni di soldati nelle trincee e da centinaia di migliaia di donne chiamate a lavorare nelle fabbriche, nelle attività agricole e meccaniche, nei trasporti, negli ospedali, nelle scuole, che non trovano paragone in nessun altro conflitto bellico precedente. Con il loro sacrificio diedero un grandissimo contributo nel sostenere la Patria in guerra. L’apporto delle donne fu determinante. Oltre duecento donne furono decorate di Medaglia al Valore Militare, moltissime nel settore logistico ma anche in quello operativo.
Per la prima volta nella storia le donne ebbero un ruolo rilevante per il favorevole esito del conflitto.
Quasi duemila donne, tra i quattordici e i sessant’anni, supportarono con viveri e munizioni i nostri soldati in prima linea sui campi di battaglia del Carso e delle Alpi Giulie e Carniche. Ricordo le coraggiose e umili Portatrici carniche, vere eroine, (una, Maria Plozner Mentil, uccisa da un cecchino, è stata insignita con la medaglia d’oro al valore militare) che per oltre venti mesi consecutivi, anche con condizioni climatiche avverse, trasportavano con la gerla carica di viveri, medicinali e munizioni fino alle trincee del Pal Piccolo e del Fraikofel salendo oltre i duemila metri, spesso esposte al tiro dei cecchini austriaci.
Un ricordo particolare dedico ai Volontari del Corpo Militare della Croce Rossa Italiana e al Corpo delle Infermiere Volontarie della Croce Rossa Italiana. Il Corpo Militare della Croce Rossa era forte di 1260 medici, 9500 infermieri con 210 fra Ospedali da guerra attendati, Ospedali Territoriali, Sezioni di Sanità, autoambulanze e treni ospedale. Dietro alla prima linea, per il primo pronto intervento, c'erano 65 ospedali da guerra e centinaia di Posti medicazione. Durante il conflitto il contributo di sangue dei militari della CRI fu molto ingente.
Dopo la ritirata di Caporetto Padova venne coinvolta in pieno dal conflitto fino a diventare “Capitale al fronte”, e fu sede di Alti Comandi operativi e logistici sia italiani che Alleati. Ma Padova fu anche la capitale sanitaria della Grande Guerra. Già nel 1915 il “Gruppo Sanitario” territoriale riuscì ad approntare circa ottomila posti letto distribuiti in una ventina di ospedali. Nel 1916, durante la Strafexpedition (Spedizione punitiva), Padova divenne sede della “Scuola medica di guerra”, definita “Università Castrense” la quale organizzò corsi accelerati di Medicina e Chirurgia per oltre mille studenti di medicina provenienti da tutte le Università italiane.
Gli studenti vennero riuniti nel “Battaglione degli Studenti di Medicina e Chirurgia”, sotto il comando del maggiore Carlo Salvaneschi.
Durante il conflitto furono mobilitate più di 10.000 Infermiere, 1500 delle quali prestarono il servizio in zona di guerra. Trentacinque di loro caddero sul campo. Quarantaquattro morirono di epidemia spagnola. Preziosa fu la loro missione umanitaria: erano sempre presenti, giorno e notte, dove c’era da curare e salvare vite umane, di confortare i feriti con amore materno e carità cristiana, di fornire assistenza morale ai mutilati, chiudere gli occhi ai morti, scrivere lettere a casa, per tenere fede al motto della Croce Rossa: Ama, Conforta, Lavora e Salva.
Fra i centomila militari Caduti che riposano il sonno eterno nel Sacrario Militare di Redipuglia, c’è anche una giovane “crocerossina” che ricorda il sacrificio di tutte le Crocerossine. E’ Margherita Kaiser Parodi Orlando, medaglia di Bronzo al Valore Militare, “per essere rimasta al suo posto a confortare gli infermi affidati alle sue cure, mentre il nemico bombardava la zona dove era situato l’ospedale di Pieris, cui era addetta”.
La vittoria finale fu il frutto dello sforzo congiunto delle Forze Armate e di milioni di cittadini di ogni parte d'Italia.
Ritengo importante mettere in luce la preziosa e generosa missione religiosa dei Cappellani militari verso i nostri Soldati al fronte: 2800 i cappellani militari e circa 22.000 fra sacerdoti e seminaristi che per amore di Dio e della Patria si impegnarono oltre ogni limite umano per assicurare l'assistenza spirituale al popolo in armi.
Essi si fecero carico delle gioie, dei dolori, delle fatiche, delle privazioni, delle speranze di quanti furono loro affidati, per camminare insieme alla luce della fede, nelle trincee, negli ospedali da campo, offrendo a tutti una parola di conforto, una luce di speranza. Spesso affrontarono il fuoco nemico per recuperare i feriti e dar loro l’ultima benedizione. Ben 102 caddero in combattimento, 747 morirono per le ferite riportate e 795 furono i feriti. Centinaia furono i decorati al valore militare.
Fra i tanti ricordo don Giovanni Minzoni, Padre Giulio Bevilacqua, elevato a Cardinale da Paolo VI, Don Angelo Giuseppe Roncalli, poi proclamato Papa Giovanni XXIII°, Padre Agostino Gemelli, fondatore dell'Università Cattolica, Don Annibale Carletti, Padre Giovanni Mazzoni e molti altri che offrirono il loro prezioso apostolato.
Sul Piave, fiume sacro alla Patria, i petti dei ragazzi del ’99 crearono un invalicabile baluardo per la salvezza e la risurrezione d’Italia. Gettati nelle roventi trincee affrontarono le fatiche, le sofferenze, la neve e la pioggia, gli estenuanti disagi e pericoli con coraggio e determinazione. Il loro impegno fu fondamentale, da loro iniziò la riscossa dopo la disfatta di Caporetto per ridare slancio ed entusiasmo ai soldati veterani disanimati e radicati nelle infuocate trincee del Piave, del Montello e del Monte Grappa. Il loro impegno nella Prima Guerra Mondiale rimane nella leggenda. Pochi, molto pochi, tornarono alle loro case.
Il loro contributo, sommato all'esperienza di chi già stava al fronte, risultò decisivo per la vittoria. Furono 265.000 chiamati a resistere sulle sponde del Piave durante tre battaglie decisive: la Battaglia di Arresto nel novembre 1917, quella del Solstizio a metà giugno 1918 e l’ultima Battaglia vittoriosa.
A Bassano del Grappa, non lontano del monumento eretto al Generale Giardino, Comandante dell’Armata del Grappa, all’interno del “Parco ragazzi del ‘99”, nel 1974 è stato eretto un Monumento Nazionale dedicato alla loro memoria. Sul basamento della scultura raffigurata da un Fante è scritto: “Sei la mia Patria”.
Dopo 41 mesi di guerra durissima il nostro popolo uscì da quella spaventosa tragedia certamente provato, ma vittorioso.
Fu la prima grande, per quanto dolorosa, esperienza collettiva del popolo italiano che contribuì a rafforzare il senso di identità nazionale.
Una Vittoria costruita da una massa di umili contadini con il fucile in mano al posto della zappa, che lottò con fatica e in silenzio senza mai nulla chiedere, anche quando andavano a morire, in nome dell'Italia.
La vittoria non può però farci dimenticare gli errori e le responsabilità dei vertici politici (forze armate impreparate per tagli alle spese militari, magazzini di mobilitazione sguarniti causa la guerra di Libia, parco carente di artiglierie di medio – grosso calibro, di mitragliatrici, di aeroplani, deficienze di vestiario ed equipaggiamento, di quadri ufficiali sotto organico) le incertezze e le mancanze dei vertici militari, il grave scollamento tra politica e strategia, i gravi errori operativi nella condotta iniziale della guerra, le dure relazioni tra Governo e il generale Cadorna, Comandante dell'Esercito, che non accettava ingerenze del Presidente del Consiglio e del Ministro della Guerra nelle questioni attinenti alla direzione delle operazioni belliche, le numerose fucilazioni di molti soldati eseguite da parte di ufficiali superiori molte volte senza che venissero prima processati dai Tribunali di guerra, o le esecuzioni sommarie di soldati estratti a sorte tra i reparti e messi a morte, perché accusati di non aver resistito di fronte al nemico. In questo settore il nostro Paese, in materia di riabilitazione dei militari vittime di quelle repressioni brutali, registra ancora gravi ritardi.
Con lo stesso spirito ricordiamo e rendiamo onore ai valorosi e cavallereschi nostri avversari di allora, appartenenti ad uno dei più potenti eserciti del mondo, che con alto senso del dovere e dell’onore, fedeli al giuramento prestato, in quei momenti drammatici, lottarono e sacrificarono la vita per difendere la propria Patria.
Oggi siamo sempre più convinti che le guerre, tutte le guerre, sono da condannare e da evitare perché sono fonte di morte, di miseria, di dolori strazianti, di devastazioni morali e materiali inaudite; anche l'ambiente naturale viene devastato, campi e boschi distrutti, disseminati di crateri e buche profonde, con grave danno per le popolazioni e la specie animale. Nella guerra tutti sono vittime: sia i vinti che i vincitori. E non solo per il prezzo enorme di morti, feriti e mutilati che ogni guerra provoca da entrambi i contendenti, ma perché la guerra è una sconfitta dell’umanità.
La pace non è una conquista definitiva ma va costruita, difesa e mantenuta giorno per giorno per mezzo dei Trattati internazionali, ma soprattutto con il dialogo, la comprensione, la tolleranza, mediante intese fra i popoli.
Il nostro comportamento deve essere improntato ad uno sforzo comune per sviluppare iniziative di solidarietà, di sincera collaborazione, alimentando il dialogo reciproco e rispettoso.
Le giovani generazioni sono gli artefici del futuro, e sono certo che grazie al loro generoso impegno il mondo andrà verso la fratellanza, la solidarietà in uno spirito di democrazia, di libertà e di pace.
La vittoria italiana che oggi celebriamo il 4 novembre come festa dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate è un avvenimento di grandissimo valore nella storia della nostra Patria, sia perché ha portato a compimento l’unità nazionale, sia per essere stata conseguita insieme dai Soldati e dai cittadini.
Nella fedeltà a questi ideali, gli uomini e le donne delle nostre Forze Armate sono un patrimonio prezioso per il nostro Paese. Nel solco tracciato dagli eroici Soldati di Vittorio Veneto, oggi le nostre Forze Armate sono orgogliose della loro storia, una storia fatta di eroismo e di sacrificio, di fedeltà alla Patria a salvaguardia della sicurezza nazionale, della stabilità internazionale e della pace.
Ringraziamoli e ricordiamoli sempre con affetto e riconoscenza perché, ogni giorno con grande dignità e professionalità, slancio e altruismo, difendono la democrazia e la pace, consacrata solennemente nella nostra Costituzione.
Se la nostra coscienza di cittadini avrà saputo raccogliere il senso di quell’ enorme sacrificio, di quella inestimabile ricchezza morale che ci hanno trasmesso, e coltiveremo la loro memoria con religioso rispetto, allora i Soldati di Vittorio Veneto continueranno a vivere nel nostro animo, nell’animo dei nostri figli e nel cuore della nostra comune Madrepatria.
Il retaggio di quel immenso patrimonio di valori e di virtù civiche legati al dovere e al sacrificio di centinaia di migliaia di Caduti da ambo le parti costituisca per tutti motivo di profonda riflessione e sia un valido aiuto per costruire un futuro di pace, che è la prima condizione per la vita ed il progresso dell'umanità.
Generale di Brigata Tullio Vidulich
Cento anni fa tra lutti e gioie fiorì la pace
Buon giorno. Porgo un cordiale saluto alle autorità, alle gentili signore e signori, agli insegnanti e studenti presenti.
Un cordiale saluto porgo al Sindaco di Abano Terme Dottor Federico Barbierato che ha patrocinato l’evento, un vivo grazie rivolgo alla Dottoressa Federica Travisanello, responsabile delle Attività Culturali di Abano Terme e al Dottor Daniele Ronzoni, Direttore della Biblioteca Comunale di Abano Terme, che hanno organizzato questa manifestazione con l'animo di ricordare un evento importante: il Centenario della fine della Grande Guerra e della Vittoria.
Un sentito grazie agli studenti della Scuola Professionale Alberghiera di Abano Terme che durante la conferenza leggeranno alcune poesie e lettere di soldati italiani scritte dal fronte e alla Professoressa Alessandra Bernardi che con competenza e passione ha preparato i lettori.
La conferenza ha lo scopo di commemorare il Centenario della fine della Grande Guerra con spirito di pace, di fratellanza e di rispetto verso tutti i cittadini delle nazioni che parteciparono al conflitto e con l’animo riconoscente verso tutti i Caduti d’ogni nazionalità e fede religiosa.
Una pace senza confini o condizionamenti, che deve essere sentita nel profondo nell’animo e testimoniata nella vita di ogni giorno.
Per noi oggi la Prima Guerra Mondiale è un atto storico, tutti la guardiamo ormai scevri dalle passioni del passato, ma non siamo disposti a dimenticare i sacrifici sopportati e rendere onore ai milioni di Soldati di tutte le patrie che in quei drammatici anni fecero il loro dovere e che ora dormono affratellati il sonno eterno.
La fine della guerra fu firmata a Padova, allora capitale al fronte, presso la Villa del Conte Vettor Giusti del Giardino, domenica 3 novembre 1918 alle ore 1800 fra una Delegazione d’Armistizio italiana, guidata dal generale Badoglio e una Delegazione d’Armistizio austroungarica guidata dal generale Victor Weber von Webenau, durante la quale venne fissata la cessazione delle ostilità alle ore 15 del 4 novembre.
Il 4 novembre, alle ore 12.00, il generale Diaz diramava alle sue truppe e alla nazione il bollettino di guerra n. 1268 che annunciava la vittoria dell’Esercito italiano e della fede e tenacia di tutto il popolo italiano:
“La guerra contro l’Austria - Ungheria che, sotto l’alta guida di S.M. il Re - Duce Supremo - l’esercito italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il 24 maggio 1915 e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta ed asprissima per 41 mesi, è vinta. La fulminea arditissima avanzata del XXIX Corpo d'Armata su Trento, sbarrando le vie della ritirata alla armate nemiche del trentino, travolte ad occidente dalle truppe della VII Armata e ad oriente da quelle della I, VI e IV, ha determinato ieri lo sfacelo totale della fronte avversaria […] .
L’esercito austro - ungarico è annientato; esso ha subito perdite gravissime nell’accanita resistenza dei primi giorni e nell'insegui mento ha perdute quantità ingentissime di materiali di ogni sorta […].
I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano disceso con orgogliosa sicurezza”.
Diaz
Desidero ricordare che il Bollettino di guerra venne firmato dal Generale Diaz nell'Hotel Trieste di Abano Terme (suite n° 106), dove era acquartierato lo Stato Maggiore del Comando Supremo, in seguito al suo trasferimento da Padova dopo che la città del Santo aveva subito numerosi bombardamenti.
Il nostro mancato intervento nel 1914 a fianco degli Imperi Centrali che avevano scatenato una guerra di aggressione fu determinante per il successo finale della coalizione dell’Intesa.
Le battaglie del Solstizio del giugno 1918 e di Vittorio Veneto del 24 ottobre 1918 crearono le premesse per la fine anticipata del lungo e sanguinoso conflitto mondiale evitando all’Italia e ai paesi belligeranti e nemici altri enormi sacrifici e la perdita di tante vite preziose.
Senza la vittoria italiana, gli Imperi Centrali avrebbero potuto resistere almeno sino alla primavera del 1919, come avevano previsto i Governi delle Potenze dell’Intesa.
La resa senza condizioni dell'Austria – Ungheria del 3 novembre 1918 consentiva alle forze dell'Esercito Italiano non solo di avanzare sino al Passo del Brennero e Trieste ma di poter procedere, attraverso il territorio dell'Austria, verso la Baviera e quindi colpire alle spalle l'esercito germanico già in ritirata sotto la pressione delle armate Alleate che agivano sul fronte occidentale. La sconfitta dell'Austria - Ungheria provocò una situazione insostenibile per la Germania, la quale, dovette richiedere la resa alle Nazioni della Triplice Intesa.
Una settimana dopo la firma dell’ armistizio di Villa Giusti, l’11 novembre 1918 alle ore 11, in un vagone ferroviario situato nella foresta di Compiègne, presso la piccola stazione di Rethondes in Francia, veniva firmato l’armistizio dal Maresciallo Foch in rappresentanza delle Potenze dell’Intesa e la Delegazione tedesca, che poneva fine al sanguinoso conflitto mondiale.
Le conseguenze della Prima Guerra Mondiale su vinti e vincitori ebbero la portata di un terremoto per le sue dimensioni, l’intensità e la complessità dell’evento con la scomparsa di quattro grandi Imperi: l’Impero Austro - Ungarico, quello di Russia, l’Impero germanico e l' Ottomano.
Dalla disgregazione presero vita nuovi stati nazionali che cambiarono completamente la geografia politica del vecchio continente europeo ed iniziò ad affacciarsi sullo scenario mondiale una nuova potenza gli Stati Uniti d'America.
Fra i molti patrioti che diedero il loro prezioso contributo alla vittoria, dando prova di profondo spirito di sacrificio, di dedizione e di amore per l’Italia ricordo i 1047 volontari triestini, i 324 friulani, i 410 istriani, i 215 dalmati, i 111 fiumani ed i 1200 volontari della Legione Trentina che testimoniarono la loro fede per l’Italia affrontando spesso l’estremo sacrificio.
La Battaglia di Vittorio Veneto concludeva un’epoca. La vittoria conseguita al prezzo di grandissimi sacrifici ci permise di completare l’unificazione del suolo patrio e l’unità politica della Nazione. Essa rappresentò anche il punto di arrivo del lungo e glorioso cammino che aveva avuto inizio sul Ticino nel 1848.
La Grande Guerra fu un evento di portata planetaria diverso da quelli del passato e, per la giovane nazione italiana con appena 50 anni di vita unitaria, fu una prova durissima contro l' Impero austro - ungarico dotato di forze armate temprate alla guerra e di antica tradizione.
Nel corso di tre anni e mezzo di guerra oltre cinque milioni di Soldati, cui vanno aggiunte le centinaia di migliaia di lavoratori civili nelle retrovie del fronte e di operai e operaie militarizzate nelle fabbriche che producevano armi, munizioni e altri materiali bellici.
La memoria è di fondamentale importanza nella vita della comunità e nella vita dei popoli. Solo coltivando la storia del passato si può vivere il presente e costruire un futuro di pace.
Quel mondo anche se a noi oggi ci appare lontano ci riguarda ancora, e non solo come memoria. Quel patrimonio di valori, di fede, di sacrifici, di grandi atti di solidarietà, scritti col sangue da milioni di italiani senza aver mai aspirato a essere eroi, i cui nomi non si trovano nei libri di storia, è una grande ricchezza, sono valori che non debbono tramontare che non debbono cadere nell'oblio.
Sono valori e sentimenti che rappresentano le fondamenta della nostra società e continuano ad essere patrimonio delle nostre Forze Armate, che oggi vengono custoditi, difesi e tenuti in vita con grande responsabilità e rispetto dalle Associazioni Combattentistiche e d'Arma e, in particolare, dalla nostra Associazione Associazione Alpini volta a trasmetterli alle nuove generazioni artefici del nostro futuro.
Valori morali oggi scarsamente sentiti da una gran parte della società, perché viviamo in un tempo grigio dove imperano le grandi Banche, il Pil economico, il pensiero egoista e interessato, dove lo spirito di coesione e l'orgoglio di essere italiani sono molto deboli e purtroppo le persone fanno molta fatica a ricordare quei Valori e a viverli.
Nel corso di quella durissima esperienza il Trentino, l'Altopiano di Asiago, il Monte Grappa, il Piave hanno rappresentato uno dei fronti più importanti della guerra italo – austriaca.
Durante quei 41 lunghi e massacranti mesi i nostri soldati vissero tragiche ed esaltanti esperienze: dalle dodici sanguinose battaglie sul Carso e sull’Isonzo, alle battaglie sull’Adamello oltre i tremila metri di quota alla sanguinosa Battaglia dell'Ortigara, alla grave sconfitta di Caporetto nell'ottobre 1917, con il forzato abbandono al nemico del Friuli, del Veneto e del Cadore e la tenace resistenza sul Piave e sul Grappa sino, nel giugno 1918, a respingere il baldanzoso nemico sulla riva sinistra del Piave, con la vittoriosa Battaglia del Solstizio per poi sconfiggere definitivamente, nel novembre 1918, l’esercito Austro – Ungarico a Vittorio Veneto.
In occasione del Centenario della fine della Grande Guerra desidero ricordare, soprattutto alle nuove generazioni, quale fu l’importanza storica, politica, militare e sociale della Grande Guerra e della sua vittoriosa conclusione ma anche quali furono gli immensi lutti, i traumi, le atrocità e le inaudite sofferenze di una intera generazione di giovani coinvolta da quel drammatico evento.
E' doveroso che tutti gli italiani dedichino un sincero commosso ricordo e omaggio ai nostri eroici Soldati: oltre seicentomila Caduti e un milione e mezzo di feriti, che giustamente possiamo considerare l’aristocrazia del valore. Essi affrontarono immani sacrifici e disagi disumani, prove estreme nel fango delle trincee, sui ghiacciai oltre i tremila metri e durante i sanguinosi terribili assalti con lealtà, dedizione e con alto senso del dovere.
Accomunati nel condividere le sofferenze e i disagi della trincea e l'esperienza umana più difficile quella della morte, quei giovani soldati impararono, superando spesso forti barriere linguistiche, a conoscersi, a comprendersi ed a soffrire insieme al punto di chiamarsi fratelli.
Fanti, alpini, bersaglieri, granatieri, artiglieri, cavalieri, genieri, trasmettitori, autieri, finanzieri, carabinieri, soldati dei servizi logistici, del Corpo Militare della Croce Rossa Italiana e del Corpo delle Infermiere Volontarie, dai ghiacciai dell’Adamello alle arse trincee del Carso, dal Monte Nero al Pasubio, dall’Altipiano di Asiago al Monte Grappa, scrissero pagine di eroismo e di grande umanità.
Non furono da meno i coraggiosi aviatori e marinai che, con le loro eroiche imprese, contribuirono in maniera determinante alla vittoria finale delle nostre armi.
All'indomani della sconfitta militare di Caporetto, popolo e soldati insieme si impegnarono generosamente per resistere al nemico invasore. I soldati, sul Piave e sul Monte Grappa, il popolo sostenendo, con grande solidarietà e gravi sacrifici, i suoi figli nelle infuocate trincee.
Si trattava di difendere la propria terra, la casa, di proteggere la famiglia, di evitare che alle donne italiane quello che stavano subendo le donne friulane e venete al di là del Piave.
Fu una guerra di popolo combattuta da milioni di soldati nelle trincee e da centinaia di migliaia di donne chiamate a lavorare nelle fabbriche, nelle attività agricole e meccaniche, nei trasporti, negli ospedali, nelle scuole, che non trovano paragone in nessun altro conflitto bellico precedente. Con il loro sacrificio diedero un grandissimo contributo nel sostenere la Patria in guerra. L’apporto delle donne fu determinante. Oltre duecento donne furono decorate di Medaglia al Valore Militare, moltissime nel settore logistico ma anche in quello operativo.
Per la prima volta nella storia le donne ebbero un ruolo rilevante per il favorevole esito del conflitto.
Quasi duemila donne, tra i quattordici e i sessant’anni, supportarono con viveri e munizioni i nostri soldati in prima linea sui campi di battaglia del Carso e delle Alpi Giulie e Carniche. Ricordo le coraggiose e umili Portatrici carniche, vere eroine, (una, Maria Plozner Mentil, uccisa da un cecchino, è stata insignita con la medaglia d’oro al valore militare) che per oltre venti mesi consecutivi, anche con condizioni climatiche avverse, trasportavano con la gerla carica di viveri, medicinali e munizioni fino alle trincee del Pal Piccolo e del Fraikofel salendo oltre i duemila metri, spesso esposte al tiro dei cecchini austriaci.
Un ricordo particolare dedico ai Volontari del Corpo Militare della Croce Rossa Italiana e al Corpo delle Infermiere Volontarie della Croce Rossa Italiana. Il Corpo Militare della Croce Rossa era forte di 1260 medici, 9500 infermieri con 210 fra Ospedali da guerra attendati, Ospedali Territoriali, Sezioni di Sanità, autoambulanze e treni ospedale. Dietro alla prima linea, per il primo pronto intervento, c'erano 65 ospedali da guerra e centinaia di Posti medicazione. Durante il conflitto il contributo di sangue dei militari della CRI fu molto ingente.
Dopo la ritirata di Caporetto Padova venne coinvolta in pieno dal conflitto fino a diventare “Capitale al fronte”, e fu sede di Alti Comandi operativi e logistici sia italiani che Alleati. Ma Padova fu anche la capitale sanitaria della Grande Guerra. Già nel 1915 il “Gruppo Sanitario” territoriale riuscì ad approntare circa ottomila posti letto distribuiti in una ventina di ospedali. Nel 1916, durante la Strafexpedition (Spedizione punitiva), Padova divenne sede della “Scuola medica di guerra”, definita “Università Castrense” la quale organizzò corsi accelerati di Medicina e Chirurgia per oltre mille studenti di medicina provenienti da tutte le Università italiane.
Gli studenti vennero riuniti nel “Battaglione degli Studenti di Medicina e Chirurgia”, sotto il comando del maggiore Carlo Salvaneschi.
Durante il conflitto furono mobilitate più di 10.000 Infermiere, 1500 delle quali prestarono il servizio in zona di guerra. Trentacinque di loro caddero sul campo. Quarantaquattro morirono di epidemia spagnola. Preziosa fu la loro missione umanitaria: erano sempre presenti, giorno e notte, dove c’era da curare e salvare vite umane, di confortare i feriti con amore materno e carità cristiana, di fornire assistenza morale ai mutilati, chiudere gli occhi ai morti, scrivere lettere a casa, per tenere fede al motto della Croce Rossa: Ama, Conforta, Lavora e Salva.
Fra i centomila militari Caduti che riposano il sonno eterno nel Sacrario Militare di Redipuglia, c’è anche una giovane “crocerossina” che ricorda il sacrificio di tutte le Crocerossine. E’ Margherita Kaiser Parodi Orlando, medaglia di Bronzo al Valore Militare, “per essere rimasta al suo posto a confortare gli infermi affidati alle sue cure, mentre il nemico bombardava la zona dove era situato l’ospedale di Pieris, cui era addetta”.
La vittoria finale fu il frutto dello sforzo congiunto delle Forze Armate e di milioni di cittadini di ogni parte d'Italia.
Ritengo importante mettere in luce la preziosa e generosa missione religiosa dei Cappellani militari verso i nostri Soldati al fronte: 2800 i cappellani militari e circa 22.000 fra sacerdoti e seminaristi che per amore di Dio e della Patria si impegnarono oltre ogni limite umano per assicurare l'assistenza spirituale al popolo in armi.
Essi si fecero carico delle gioie, dei dolori, delle fatiche, delle privazioni, delle speranze di quanti furono loro affidati, per camminare insieme alla luce della fede, nelle trincee, negli ospedali da campo, offrendo a tutti una parola di conforto, una luce di speranza. Spesso affrontarono il fuoco nemico per recuperare i feriti e dar loro l’ultima benedizione. Ben 102 caddero in combattimento, 747 morirono per le ferite riportate e 795 furono i feriti. Centinaia furono i decorati al valore militare.
Fra i tanti ricordo don Giovanni Minzoni, Padre Giulio Bevilacqua, elevato a Cardinale da Paolo VI, Don Angelo Giuseppe Roncalli, poi proclamato Papa Giovanni XXIII°, Padre Agostino Gemelli, fondatore dell'Università Cattolica, Don Annibale Carletti, Padre Giovanni Mazzoni e molti altri che offrirono il loro prezioso apostolato.
Sul Piave, fiume sacro alla Patria, i petti dei ragazzi del ’99 crearono un invalicabile baluardo per la salvezza e la risurrezione d’Italia. Gettati nelle roventi trincee affrontarono le fatiche, le sofferenze, la neve e la pioggia, gli estenuanti disagi e pericoli con coraggio e determinazione. Il loro impegno fu fondamentale, da loro iniziò la riscossa dopo la disfatta di Caporetto per ridare slancio ed entusiasmo ai soldati veterani disanimati e radicati nelle infuocate trincee del Piave, del Montello e del Monte Grappa. Il loro impegno nella Prima Guerra Mondiale rimane nella leggenda. Pochi, molto pochi, tornarono alle loro case.
Il loro contributo, sommato all'esperienza di chi già stava al fronte, risultò decisivo per la vittoria. Furono 265.000 chiamati a resistere sulle sponde del Piave durante tre battaglie decisive: la Battaglia di Arresto nel novembre 1917, quella del Solstizio a metà giugno 1918 e l’ultima Battaglia vittoriosa.
A Bassano del Grappa, non lontano del monumento eretto al Generale Giardino, Comandante dell’Armata del Grappa, all’interno del “Parco ragazzi del ‘99”, nel 1974 è stato eretto un Monumento Nazionale dedicato alla loro memoria. Sul basamento della scultura raffigurata da un Fante è scritto: “Sei la mia Patria”.
Dopo 41 mesi di guerra durissima il nostro popolo uscì da quella spaventosa tragedia certamente provato, ma vittorioso.
Fu la prima grande, per quanto dolorosa, esperienza collettiva del popolo italiano che contribuì a rafforzare il senso di identità nazionale.
Una Vittoria costruita da una massa di umili contadini con il fucile in mano al posto della zappa, che lottò con fatica e in silenzio senza mai nulla chiedere, anche quando andavano a morire, in nome dell'Italia.
La vittoria non può però farci dimenticare gli errori e le responsabilità dei vertici politici (forze armate impreparate per tagli alle spese militari, magazzini di mobilitazione sguarniti causa la guerra di Libia, parco carente di artiglierie di medio – grosso calibro, di mitragliatrici, di aeroplani, deficienze di vestiario ed equipaggiamento, di quadri ufficiali sotto organico) le incertezze e le mancanze dei vertici militari, il grave scollamento tra politica e strategia, i gravi errori operativi nella condotta iniziale della guerra, le dure relazioni tra Governo e il generale Cadorna, Comandante dell'Esercito, che non accettava ingerenze del Presidente del Consiglio e del Ministro della Guerra nelle questioni attinenti alla direzione delle operazioni belliche, le numerose fucilazioni di molti soldati eseguite da parte di ufficiali superiori molte volte senza che venissero prima processati dai Tribunali di guerra, o le esecuzioni sommarie di soldati estratti a sorte tra i reparti e messi a morte, perché accusati di non aver resistito di fronte al nemico. In questo settore il nostro Paese, in materia di riabilitazione dei militari vittime di quelle repressioni brutali, registra ancora gravi ritardi.
Con lo stesso spirito ricordiamo e rendiamo onore ai valorosi e cavallereschi nostri avversari di allora, appartenenti ad uno dei più potenti eserciti del mondo, che con alto senso del dovere e dell’onore, fedeli al giuramento prestato, in quei momenti drammatici, lottarono e sacrificarono la vita per difendere la propria Patria.
Oggi siamo sempre più convinti che le guerre, tutte le guerre, sono da condannare e da evitare perché sono fonte di morte, di miseria, di dolori strazianti, di devastazioni morali e materiali inaudite; anche l'ambiente naturale viene devastato, campi e boschi distrutti, disseminati di crateri e buche profonde, con grave danno per le popolazioni e la specie animale. Nella guerra tutti sono vittime: sia i vinti che i vincitori. E non solo per il prezzo enorme di morti, feriti e mutilati che ogni guerra provoca da entrambi i contendenti, ma perché la guerra è una sconfitta dell’umanità.
La pace non è una conquista definitiva ma va costruita, difesa e mantenuta giorno per giorno per mezzo dei Trattati internazionali, ma soprattutto con il dialogo, la comprensione, la tolleranza, mediante intese fra i popoli.
Il nostro comportamento deve essere improntato ad uno sforzo comune per sviluppare iniziative di solidarietà, di sincera collaborazione, alimentando il dialogo reciproco e rispettoso.
Le giovani generazioni sono gli artefici del futuro, e sono certo che grazie al loro generoso impegno il mondo andrà verso la fratellanza, la solidarietà in uno spirito di democrazia, di libertà e di pace.
La vittoria italiana che oggi celebriamo il 4 novembre come festa dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate è un avvenimento di grandissimo valore nella storia della nostra Patria, sia perché ha portato a compimento l’unità nazionale, sia per essere stata conseguita insieme dai Soldati e dai cittadini.
Nella fedeltà a questi ideali, gli uomini e le donne delle nostre Forze Armate sono un patrimonio prezioso per il nostro Paese. Nel solco tracciato dagli eroici Soldati di Vittorio Veneto, oggi le nostre Forze Armate sono orgogliose della loro storia, una storia fatta di eroismo e di sacrificio, di fedeltà alla Patria a salvaguardia della sicurezza nazionale, della stabilità internazionale e della pace.
Ringraziamoli e ricordiamoli sempre con affetto e riconoscenza perché, ogni giorno con grande dignità e professionalità, slancio e altruismo, difendono la democrazia e la pace, consacrata solennemente nella nostra Costituzione.
Se la nostra coscienza di cittadini avrà saputo raccogliere il senso di quell’ enorme sacrificio, di quella inestimabile ricchezza morale che ci hanno trasmesso, e coltiveremo la loro memoria con religioso rispetto, allora i Soldati di Vittorio Veneto continueranno a vivere nel nostro animo, nell’animo dei nostri figli e nel cuore della nostra comune Madrepatria.
Il retaggio di quel immenso patrimonio di valori e di virtù civiche legati al dovere e al sacrificio di centinaia di migliaia di Caduti da ambo le parti costituisca per tutti motivo di profonda riflessione e sia un valido aiuto per costruire un futuro di pace, che è la prima condizione per la vita ed il progresso dell'umanità.
Generale di Brigata Tullio Vidulich