Ogni 4 giorni viene ucciso un giornalista

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Ogni 4 giorni viene ucciso un giornalista

Messaggioda lidia.pege » ven nov 03, 2017 6:48 pm

Ogni 4 giorni viene ucciso un giornalista: e le vittime non ottengono mai giustizia
Una giornata mondiale contro l’impunità per i crimini contro i giornalisti: è quella che, dal 2013, si celebra il 2 novembre. Istituita dalle Nazioni Unite quattro anni fa nel giorno dell’anniversario dell’uccisione di due giornalisti francesi, Ghislaine Dupont e Claude Verlon, ammazzati mentre lavoravano in Mali.

Una battaglia, quella contro l'impunità, necessaria e urgente: i numeri parlano di una situazione a dir poco preoccupante. Come riporta uno studio dell'Unesco, negli ultimi undici anni 930 giornalisti sono stati uccisi mentre svolgevano il loro lavoro. Di questi, 102 sono stati freddati nel solo 2016. Una media impressionante: ogni quattro giorni un giornalista viene assassinato. A questa cifra si aggiunge il fatto che, in nove casi su dieci, chi commette la violenza rimane impunito.


«L’impunità spesso porta a nuove uccisioni e ciò rappresenta un tremendo segnale di crisi dei sistemi giudiziari, dello Stato di diritto e della democrazia» afferma Frank La Rue, vicedirettore generale dell’Unesco per la Comunicazione e l’Informazione. Secondo quanto emerge dal World Trends in Freedom of Expression and Media Development: Global Report 2017/2018 pubblicato dall’organizzazione delle Nazioni Unite, la maggior parte degli uccisi nel 2016 (94%) erano giornalisti locali che pubblicavano notizie riguardanti il loro territorio. Metà degli assassinii (50%) è avvenuta in paesi dove non vi era conflitto armato. Nel 2015 tale percentuale era del 47%. Negli ultimi dieci anni è raddoppiata anche la percentuale di donne giornaliste uccise, che dal 5% del 2006 al 10% nel 2016. Le donne continuano ad essere destinatarie di attacchi specifici, tra i quali anche le molestie online.

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Su aggressioni e impunità, l’Italia non fa eccezione. Nel nostro paese solo l’1 per cento dei giornalisti minacciati ottiene giustizia. «L’impunità per chi ostacola il lavoro di un giornalista è quasi assoluta. Il 99% di chi prova a impedire – con minacce fisiche o avvertimenti o, ancora, con l’uso scellerato del ricorso alle vie legali – agli operatori dell’informazione di svolgere il proprio lavoro resta impunito» denuncia la Onlus Ossigeno per l’Informazione. Nei primi nove mesi del 2017, sono stati minacciati 256 giornalisti: quasi uno al giorno. Un numero comunque inferiore alla vera entità del problema: «Secondo le stime di Ossigeno, esposte nel Rapporto 2011, dietro ogni intimidazione documentata dall’Osservatorio almeno altre dieci restano ignote perché le vittime non hanno la forza di renderle pubbliche».

«In Italia sono troppi i giornalisti costretti a vivere sotto scorta, e un’altra legislatura rischia di concludersi senza che siano state varate norme atte a scoraggiare le querele e le cause civili contro la libera informazione» ha scritto la presidente della Camera Laura Boldrini in un comunicato letto il 23 ottobre 2017 in occasione del convegno al Senato “Giornalisti minacciati, colpevoli impuniti”. «Alle istituzioni spetta il compito di tutelare più efficacemente il prezioso lavoro di denuncia del giornalismo di inchiesta. Vale a livello europeo e internazionale, ma vale anche a livello nazionale».

In occasione della Giornata delle Nazioni Unite per porre fine all'impunità per i crimini contro gli operatori dei media, la Federazione internazionale dei giornalisti (Ifj) lancia la campagna #EndImpunity. Quest’anno durerà tre settimane giorni, dal 2 al 23 novembre. «La campagna 2017 si svolge in concomitanza con l'ottava commemorazione del massacro di Maguindanao, nelle Filippine, costato la vita a trentadue giornalisti» spiega la Ifj «chiediamo il rafforzamento del quadro giuridico internazionale e dei meccanismi nazionali di protezione per garantire una maggiore sicurezza agli operatori dei media». La campagna dell’Ifj si concentra sui sette Paesi in cui è più alto il numero di violenze contro i giornalisti: Messico, Pakistan, Afghanistan, Iraq, Yemen, Somalia e Ucraina.
Espresso 2.11.17 Federico Marconi
Lidia Pege
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