L’accusa chiede al gup di congelare i beni dell’ex sindaco
Inviato: gio dic 08, 2016 6:34 pm
Il pm: sequestrategli tutto (Il Mattino)
L’accusa chiede al gup di congelare i beni dell’ex sindaco di Abano
(Cristina Genesin
Prima il potere, poi i consensi. Ora anche i soldi e il patrimonio immobiliare: rischia davvero di perdere tutto Luca Claudio, l’ex “sindaco pirata” delle Terme. Il pm padovano Federica Baccaglini ha reclamato il sequestro preventivo di tutti i beni riconducibili a Claudio. Il che significa che potrebbero essere congelati in vista della confisca prevista nel caso di condanna al termine di un processo ma anche di un patteggiamento della pena. Il 16 dicembre sarà il gup Tecla Cesaro a pronunciarsi sul sequestro indicato quando un soggetto non è in grado di giustificare la legittima provenienza di danaro e beni intestati a lui o, in qualche modo, a lui riconducibili. Ieri primo atto dell’udienza preliminare per i 22 imputati della corruzione alle Terme (per due, Caciotti ed Eliseo, la posizione è stata stralciata). Tra loro Claudio, l’unico ancora in carcere per una doppia misura di custodia cautelare: ha scelto di non comparire in aula, dove sarebbe arrivato con scorta e manette, come l’ex sindaco di Montegrotto, Massimo Bordin, e tutti gli altri eccetto quattro imputati presenti (Massimo Trevisan, gli artigiani del Verde Paolo Tomasini e Denis Pagetta, l’architetto Maurizio Spadot). È all’inizio dell’udienza che il pm Baccaglini ha formulato la non casuale richiesta di sequestro del patrimonio anche di fronte agli sviluppi investigativi che coinvolgono l’ex moglie di Claudio (Stefania Bisaglia) segnalata per riciclaggio.
I due ex sindaci.
Al momento né Claudio né Bordin hanno formalizzato la richiesta di un rito alternativo che consente di beneficiare, per legge, di uno sconto di pena. La loro posizione sarà discussa nel merito il 16 dicembre. È probabile che Claudio presenti una proposta di patteggiamento strumentale per lasciarsi aperta una strada, quella di poter riproporre l’istanza di “pena concordata” nel processo di primo grado o nel processo d’appello. Insomma potrebbe mettere sul piatto un patteggiamento con una sanzione bassa che non strappa il consenso al pm, così da essere rinviato a giudizio. Semplice l’obiettivo: solo se si formula una proposta di patteggiamento in udienza preliminare, resta la possibilità di ricorrere a quel rito nelle successive fasi di giudizio. In occasione del processo Claudio potrebbe ripresentare l’istanza, magari in continuazione con l’inchiesta-bis ancora aperta sulla maxi tangente per la discarica di Giarre che ha fatto scattare la seconda misura cautelare nei suoi confronti a novembre. La stessa strategia potrebbe valere per Bordin che è libero. Intanto la difesa (il professor Caruso con l’avvocato Bonon) ha sollevato eccezione di incompetenza territoriale: il processo deve trasferirsi a Roma. Il motivo? Il riciclaggio è il reato più grave contestato solo a Trevisan e Fortuna, ma connesso agli altri imputati. Il contratto di consulenza stipulato tra Marco Polo spa (che vinse un maxi-appalto a Montegrotto) e Rls (società di consulenza intestata al prestanome Trevisan, che avrebbe incassato la mazzetta per quella gara) riporta come luogo la città di Roma, pur senza una data. Secondo la procura è un contratto simulato. Il gup deciderà il 16 dicembre.
Riti alternativi per nove.
Otto imputati chiuderanno il conto con la giustizia grazie a una pena concordata tra difesa e pubblica accusa, cioè il patteggiamento che prevede lo sconto fino a un terzo (il pm ha espresso il consenso che è vincolante): l’imprenditore Luciano Pistorello e l’ingegnere Di Caro suo dipendente, l’ex presidente del consiglio comunale Galesso, gli imprenditori Tiziano Fortuna e Maurizio Trevisan con Creuso e Pedron, l’architetto Spadot. Ha chiesto il giudizio abbreviato il dipendente comunale Granuzzo sempre per beneficiare dello sconto di un terzo; hanno domandato la messa alla prova i due artigiani del Verde, Tomasini e Pagetta, con l’imprenditore Chiapperino. Per quanto riguarda le restanti otto posizioni (i Guerrato, i Biavia, gli immobiliaristi Scarpa e Cesaro, l’ex dirigente Greggio e l’ex consigliere comunale Pegoraro), il giudice si pronuncerà il 16 dicembre: i loro difensori hanno sollecitato il proscioglimento (per i Guerrato chiesta la derubricazione del reato da corruzione a concussione per induzione), il pm ha insistito per spedirli a processo.
Messa alla prova per due artigiani e un immobiliarista
(cri. gen.)
Paolo Tomasini e Denis Pagetta, imprenditori del Verde che pagavano per lavorare , hanno parlato ieri in aula su invito del pm Baccaglini. Solo una parola: «Confermo».Che cosa? Le confessioni che hanno consentito di ricostruire la corruzione alle Terme. Ecco perché il pm ha dato il parere positivo alla richiesta di messa alla prova proposta dai due e da Chiapperino. È un istituto introdotto il 17 maggio 2014 previsto solo se la pena che si rischia è inferiore ai 4 anni. Prevede la presentazione di un programma di lavori socialmente utili con un’offerta di risarcimento. Qualora il giudice accolga la richiesta di messa alla prova, il processo viene sospeso per la durata del programma (6 mesi), al termine del quale si fa il bilancio: se positivo, il reato è dichiarato estinto e nel casellario giudiziario pubblico non compare alcun precedente penale.
Indennizzi milionari. Montegrotto e Abano presentano il conto
Il Comune sampietrino chiede la restituzione di 1,3 milioni
l’amministrazione aponense anche quella degli stipendi
(Cristina Genesin, ha collaborato Federico Franchin)
I Comuni di Montegrotto e di Abano Terme si sono costituiti parte civile. E chiedono un risarcimento milionario per i danni all’immagine, il “danno da tangente”, i danni rappresentati dal disservizio di amministratori e dipendenti «le cui prestazioni e attività si sono espresse in atti deviati». Per conto dell’ente sampietrino l’avvocato Massimiliano De Benetti (accompagnato in aula dal sindaco attuale Riccardo Mortandello) ha tradotto in cifre la richiesta: oltre un milione e 300 mila euro. L’avvocato del Comune commissariato di Abano, Carlo Antonio Brena di Busto Arsizio, ha indicato varie voci che assommate risultano milionarie. Di più, con la costituzione di parte civile il legale sollecita anche la restituzione dell’80% degli stipendi pagati ad amministratori e dipendenti infedeli per il periodo in cui sono stati commessi gli illeciti. E dall’ex sindaco Claudio, il Comune aponense pretende la restituzione di 82 mila euro in quanto «in occasione del suo arresto ha causato il commissariamento dell’ente e la necessità di indire nuove elezioni». «La mia presenza qui oggi? Un atto dovuto rispetto ai cittadini che ci hanno scelto il 5 giugno e che si sono sentiti traditi dai miei predecessori» ha sottolineato il sindaco Mortandello, spiegando il senso della sua presenza in aula accompagnato dall’assessore Martina Turlon, «le nostre energie sono orientate a ripristinare nel territorio un ordine, per far tornare Montegrotto un paese normale dal punto di vista amministrativo» ammette. Ora la giustizia chiede il conto: «Sull’aspetto legale, attendiamo che siano i giudici a pronunciarsi. Con i legali stabiliremo una strategia che tuteli al massimo l’ente locale. Abbiamo intenzione di dare vita a una sorta di class action, che coinvolga tutta la città. È nostra intenzione raccogliere le adesioni dei cittadini, che vogliono sia loro restituito quanto sottratto negli ultimi anni da Luca Claudio e Massimo Bordin». Montegrotto è un Comune ferito: «Combatteremo ogni forma di opinione pubblica che sminuisca quello che sta succedendo nelle aule del tribunale, causa di numerosi disagi. La nostra città deve tornare una meta turistica, senza dimenticare quello che è successo, ma con la consapevolezza di guardare avanti nel nome di una pacificazione volta a costruire e non a distruggere». Il riferimento è alle minoranze: «Pur nella diversità delle opinioni, serve unità per evitare che Montegrotto resti una città ferita e divisa».
8 dicembre 2016
L’accusa chiede al gup di congelare i beni dell’ex sindaco di Abano
(Cristina Genesin
Prima il potere, poi i consensi. Ora anche i soldi e il patrimonio immobiliare: rischia davvero di perdere tutto Luca Claudio, l’ex “sindaco pirata” delle Terme. Il pm padovano Federica Baccaglini ha reclamato il sequestro preventivo di tutti i beni riconducibili a Claudio. Il che significa che potrebbero essere congelati in vista della confisca prevista nel caso di condanna al termine di un processo ma anche di un patteggiamento della pena. Il 16 dicembre sarà il gup Tecla Cesaro a pronunciarsi sul sequestro indicato quando un soggetto non è in grado di giustificare la legittima provenienza di danaro e beni intestati a lui o, in qualche modo, a lui riconducibili. Ieri primo atto dell’udienza preliminare per i 22 imputati della corruzione alle Terme (per due, Caciotti ed Eliseo, la posizione è stata stralciata). Tra loro Claudio, l’unico ancora in carcere per una doppia misura di custodia cautelare: ha scelto di non comparire in aula, dove sarebbe arrivato con scorta e manette, come l’ex sindaco di Montegrotto, Massimo Bordin, e tutti gli altri eccetto quattro imputati presenti (Massimo Trevisan, gli artigiani del Verde Paolo Tomasini e Denis Pagetta, l’architetto Maurizio Spadot). È all’inizio dell’udienza che il pm Baccaglini ha formulato la non casuale richiesta di sequestro del patrimonio anche di fronte agli sviluppi investigativi che coinvolgono l’ex moglie di Claudio (Stefania Bisaglia) segnalata per riciclaggio.
I due ex sindaci.
Al momento né Claudio né Bordin hanno formalizzato la richiesta di un rito alternativo che consente di beneficiare, per legge, di uno sconto di pena. La loro posizione sarà discussa nel merito il 16 dicembre. È probabile che Claudio presenti una proposta di patteggiamento strumentale per lasciarsi aperta una strada, quella di poter riproporre l’istanza di “pena concordata” nel processo di primo grado o nel processo d’appello. Insomma potrebbe mettere sul piatto un patteggiamento con una sanzione bassa che non strappa il consenso al pm, così da essere rinviato a giudizio. Semplice l’obiettivo: solo se si formula una proposta di patteggiamento in udienza preliminare, resta la possibilità di ricorrere a quel rito nelle successive fasi di giudizio. In occasione del processo Claudio potrebbe ripresentare l’istanza, magari in continuazione con l’inchiesta-bis ancora aperta sulla maxi tangente per la discarica di Giarre che ha fatto scattare la seconda misura cautelare nei suoi confronti a novembre. La stessa strategia potrebbe valere per Bordin che è libero. Intanto la difesa (il professor Caruso con l’avvocato Bonon) ha sollevato eccezione di incompetenza territoriale: il processo deve trasferirsi a Roma. Il motivo? Il riciclaggio è il reato più grave contestato solo a Trevisan e Fortuna, ma connesso agli altri imputati. Il contratto di consulenza stipulato tra Marco Polo spa (che vinse un maxi-appalto a Montegrotto) e Rls (società di consulenza intestata al prestanome Trevisan, che avrebbe incassato la mazzetta per quella gara) riporta come luogo la città di Roma, pur senza una data. Secondo la procura è un contratto simulato. Il gup deciderà il 16 dicembre.
Riti alternativi per nove.
Otto imputati chiuderanno il conto con la giustizia grazie a una pena concordata tra difesa e pubblica accusa, cioè il patteggiamento che prevede lo sconto fino a un terzo (il pm ha espresso il consenso che è vincolante): l’imprenditore Luciano Pistorello e l’ingegnere Di Caro suo dipendente, l’ex presidente del consiglio comunale Galesso, gli imprenditori Tiziano Fortuna e Maurizio Trevisan con Creuso e Pedron, l’architetto Spadot. Ha chiesto il giudizio abbreviato il dipendente comunale Granuzzo sempre per beneficiare dello sconto di un terzo; hanno domandato la messa alla prova i due artigiani del Verde, Tomasini e Pagetta, con l’imprenditore Chiapperino. Per quanto riguarda le restanti otto posizioni (i Guerrato, i Biavia, gli immobiliaristi Scarpa e Cesaro, l’ex dirigente Greggio e l’ex consigliere comunale Pegoraro), il giudice si pronuncerà il 16 dicembre: i loro difensori hanno sollecitato il proscioglimento (per i Guerrato chiesta la derubricazione del reato da corruzione a concussione per induzione), il pm ha insistito per spedirli a processo.
Messa alla prova per due artigiani e un immobiliarista
(cri. gen.)
Paolo Tomasini e Denis Pagetta, imprenditori del Verde che pagavano per lavorare , hanno parlato ieri in aula su invito del pm Baccaglini. Solo una parola: «Confermo».Che cosa? Le confessioni che hanno consentito di ricostruire la corruzione alle Terme. Ecco perché il pm ha dato il parere positivo alla richiesta di messa alla prova proposta dai due e da Chiapperino. È un istituto introdotto il 17 maggio 2014 previsto solo se la pena che si rischia è inferiore ai 4 anni. Prevede la presentazione di un programma di lavori socialmente utili con un’offerta di risarcimento. Qualora il giudice accolga la richiesta di messa alla prova, il processo viene sospeso per la durata del programma (6 mesi), al termine del quale si fa il bilancio: se positivo, il reato è dichiarato estinto e nel casellario giudiziario pubblico non compare alcun precedente penale.
Indennizzi milionari. Montegrotto e Abano presentano il conto
Il Comune sampietrino chiede la restituzione di 1,3 milioni
l’amministrazione aponense anche quella degli stipendi
(Cristina Genesin, ha collaborato Federico Franchin)
I Comuni di Montegrotto e di Abano Terme si sono costituiti parte civile. E chiedono un risarcimento milionario per i danni all’immagine, il “danno da tangente”, i danni rappresentati dal disservizio di amministratori e dipendenti «le cui prestazioni e attività si sono espresse in atti deviati». Per conto dell’ente sampietrino l’avvocato Massimiliano De Benetti (accompagnato in aula dal sindaco attuale Riccardo Mortandello) ha tradotto in cifre la richiesta: oltre un milione e 300 mila euro. L’avvocato del Comune commissariato di Abano, Carlo Antonio Brena di Busto Arsizio, ha indicato varie voci che assommate risultano milionarie. Di più, con la costituzione di parte civile il legale sollecita anche la restituzione dell’80% degli stipendi pagati ad amministratori e dipendenti infedeli per il periodo in cui sono stati commessi gli illeciti. E dall’ex sindaco Claudio, il Comune aponense pretende la restituzione di 82 mila euro in quanto «in occasione del suo arresto ha causato il commissariamento dell’ente e la necessità di indire nuove elezioni». «La mia presenza qui oggi? Un atto dovuto rispetto ai cittadini che ci hanno scelto il 5 giugno e che si sono sentiti traditi dai miei predecessori» ha sottolineato il sindaco Mortandello, spiegando il senso della sua presenza in aula accompagnato dall’assessore Martina Turlon, «le nostre energie sono orientate a ripristinare nel territorio un ordine, per far tornare Montegrotto un paese normale dal punto di vista amministrativo» ammette. Ora la giustizia chiede il conto: «Sull’aspetto legale, attendiamo che siano i giudici a pronunciarsi. Con i legali stabiliremo una strategia che tuteli al massimo l’ente locale. Abbiamo intenzione di dare vita a una sorta di class action, che coinvolga tutta la città. È nostra intenzione raccogliere le adesioni dei cittadini, che vogliono sia loro restituito quanto sottratto negli ultimi anni da Luca Claudio e Massimo Bordin». Montegrotto è un Comune ferito: «Combatteremo ogni forma di opinione pubblica che sminuisca quello che sta succedendo nelle aule del tribunale, causa di numerosi disagi. La nostra città deve tornare una meta turistica, senza dimenticare quello che è successo, ma con la consapevolezza di guardare avanti nel nome di una pacificazione volta a costruire e non a distruggere». Il riferimento è alle minoranze: «Pur nella diversità delle opinioni, serve unità per evitare che Montegrotto resti una città ferita e divisa».
8 dicembre 2016