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Abano silenzio e complicità

MessaggioInviato: gio lug 07, 2016 2:24 pm
da lidia.pege
Tangenti alle Terme. Abano, silenzio e complicità (Il Mattino)

Il giudice: nessuna ribellione all’illegalità, chi sapeva non denunciava e non si stupiva
(Enrico Ferro)
C’era chi sapeva, chi tollerava, chi ambiva a diventare parte di questo sistema malato. Tutti, a vari livelli, partecipavano al malaffare ma nessuno si indignava. Il gip Margherita Brunello, con la sua ordinanza, descrive un contesto in cui «gli anticorpi non hanno funzionato», in cui «chi sapeva non si stupiva, non denunciava». Si chiama omertà ed è la difficoltà più grande riscontrata dai finanzieri dall’inizio alla fine dell’indagine. A un certo punto il muro è crollato, i militari sono riusciti a raccogliere le prime confessioni degli imprenditori costretti a pagare tangenti dal 10 al 15% per ogni appalto. L’arresto dell’assessore di Montegrotto Ivano Marcolongo ha aperto uno squarcio in quella barriera di indifferenza. Dopo un anno di indagini sono arrivati altri 5 arresti, tra cui quello del sindaco di Abano Luca Claudio, dell’ex sindaco di Montegrotto Massimo Bordin e di tre imprenditori. Accuse pesantissime: corruzione e concussione. E l’altra mattina nuovi arresti: del capo ufficio tecnico di Abano Maurizio Spadot, del responsabile dell’Ambiente Guido Granuzzo, dell’imprenditore Luciano Pistorello mentre il suo ingegnere, Luciano Di Caro ha l’obbligo di dimora. L’accusa: aver manipolato la gara per la bonifica della discarica di Giarre, facendola vincere alla Pistorello in cambio di una casa per Spadot. «Tutti sapevano che c’erano le indagini della Guardia di finanza e della Procura e che uno degli indagati era proprio il sindaco Luca Claudio, colui che aveva messo Spadot nel ruolo di dirigente dell’Ufficio tecnico». Tutti sapevano, eppure nessuno ha fatto un passo indietro. Anzi. Erano pronti ad affrontare un nuovo mandato con l’intento di fare “un spolvaron”, che significa ancora tangenti. E l’impiegato che ha denunciato? «Parla solo perché preoccupato di essere coinvolto in prima persona». Il suo sindaco, durante le perquisizioni, ha lasciato un biglietto in ufficio: «State tranquilli, sono sereno».

Municipio, regna la paura di Claudio
Viaggio negli uffici e in paese. I sindacalisti: «Chi gli si opponeva veniva trasferito»
(Renato Malaman)
Che il “capo dei Pirati”, ovvero il sindaco Luca Claudio, fosse temuto non è una novità. Era quello che lui voleva. È stato un pilastro della sua “occupazione” del palazzo avvenuta con metodi spicci cinque anni fa, all’indomani del sorprendente successo nel ballottaggio contro Gianpietro Bano, l’allora candidato del centrosinistra. Un’occupazione sistematica iniziata con la modifica del regolamento del Consiglio (interrogazioni solo a fine seduta), l’azzeramento delle commissioni, il trasferimento da Montegrotto di due dirigenti di fiducia in posti chiave, come la ragionieria e l’ufficio tecnico (Patrizio Greggio e Caterina Stecca), e un rapporto molto “verticale” tra sindaco e dipendenti. Operazione presentata all’opinione pubblica come il modo più efficace per rendere più produttiva la macchina comunale. Ieri è bastato entrare in municipio per capire che questa paura del “sindaco-padrone” è ancora palpabile. Una casa comunale che, senza perifrasi, il magistrato stesso definisce “un contesto in cui gli anticorpi non hanno funzionato”, in cui molti sapevano e nessuno ha denunciato. Per paura, per omertà, per amicizia. O per favori ricevuti. Lo stesso Nicola Zanardo, il “dipendente-eroe” che fotografando gli atti della gara d’appalto truccata per la bonifica dell’ex discarica di via Guazzi ha permesso di scoperchiare il “vaso di Pandora”, secondo il magistrato ha agito per autotutelarsi e non per denunciare il malaffare. Nessuno ieri in municipio si è preso la libertà di vuotare il sacco. Tutti trincerati dietro un risoluto “Non siamo autorizzati», compreso il segretario comunale Michela Targa. Parlano solo i sindacalisti, quelli sì. Per ricordare che durante la gestione Claudio questo clima era una consuetudine. «Lui è arrivato qui» dice Federica Trevisanello della Cgil «convinto che tutti noi fossimo coalizzati contro di lui. E invece una chanche gliela avevamo data, persino aderendo all’invito alla cena di Natale. Speravamo di avviare un dialogo, ma già l’anno dopo a quella cena si presentò un numero molto inferiore di dipendenti, per arrivare alla presenza sparuta dell’anno scorso». Opporsi a Claudio, cercare di contraddirlo equivaleva rischiare grosso. «Nell’arco dei cinque anni gli spostamenti da un ufficio all’altro sono stati tanti» ricordano Loredana Foralosso della Cgil e Francesco Garofolin della Uil «Il sindaco diceva che era per migliorare l’organizzazione del lavoro, in realtà gli interessati hanno vissuto il cambio di mansione come un castigo». Una spallata al muro di omertà i dipendenti la osarono l’autunno scorso, con una lettera inviata anche al prefetto in cui denunciarono il comportamento antisindacale del sindaco dopo un’infuocata assemblea. Claudio, pochi minuti dopo la riunione (e già informato di tutto) chiamò nel suo ufficio due sindacalisti: «Fate entrare i geni, così disse» ricorda Federica Trevisanello, protagonista dell’episodio con un altro dipendente «il mio collega di fronte all’ingerenza del sindaco sui contenuti riservati dell’assemblea si sfogò dicendo “questo è un regime» e Claudio si mise a urlare». I dipendenti pensarono di indossare in servizio per protesta una fascia con su scritto “Stiamo lavorando per voi” rivolta agli utenti. Ma poi, a riprova della paura che regna in municipio, l’iniziativa svanì. Federico Talami, sindaco storico di Abano (1960-75 e 1977-79), parla di città infatuata di Claudio, addormentata dalle sue feste. Dal suo abile modo di alternare bastone e carota. «Fumo negli occhi e la gente c’è cascata, come si è visto anche ai banchetti elettorali, in cui alla fine tutti, ovvero centinaia di persone, applaudivano alla generosità degli albergatori che l’avevano offerta… Di fronte a questo anche l’impegno dell’opposizione nel contestare qualsiasi delibera è caduto nel vuoto». «Claudio ha sfruttato il voto di scambio, il voto in cambio di piccoli favori» rileva un altro ex sindaco, Giovanni Ponchio «Ora che il capo è “morto”, vige il meccanismo del branco, c’è chi aspetta la sua resurrezione ed è convinto che lui uscendo dal carcere risolva tutto. Un fenomeno da psicanalisi più che da politica». Domenico Pedron, una delle anime del numeroso gruppo sportivo Due Monti, già consigliere comunale e dirigente provinciale del Csi, rivela che il clima conflittuale della politica aponense ha contagiato anche lo sport parrocchiale, spaccando in due un ambiente tradizionalmente sano, solidale e attento ai valori. «Durante la campagna elettorale giravano dei messaggini che definivano “cattocomunisti” quelli dell’attuale dirigenza, da poco tornati in sella, cercando di screditarli e promettendo divise nuove e altre futilità, scordando che lo sport come la vita è soprattutto impegno e sacrificio. Ma i ragazzi hanno dimostrato di aver bisogno di ben altri esempi, non di essere manovrati da burattinai». Lapidario infine Emanuele Boaretto, presidente di Federbalberghi Terme: «Domenica in Grecia persino l’ambasciatore italiano mi ha chiesto di quanto sta succedendo ad Abano. Mi sono vergognato. La città sta pagando molto in termini economici e soprattutto di immagine. Noi abbiamo sempre contestato le scelte di questa giunta, ora bisogna ripartire da zero».

Chi sapeva del marciume e taceva
L’opinione di Francesco Jori
Chiuso per marciume. Bisognerebbe affiggerlo sulla porta del Comune di Abano un cartello del genere, magari formato elefante; illuminandolo pure di notte, così che in ogni momento ciascuno possa vedere, e sapere, quale verminaio è lievitato dietro quelle mura in anni di malaffare coperti col tricolore della fascia da sindaco. Le carte dell’inchiesta sulla tangentopoli termale, così come inquadrata dalle richieste del gip, scoperchiano una cloaca di intollerabile fetore. Perché non è impastata solo con i tanti soldi girati nelle tasche dei soliti noti: ad essa si accompagna l’intollerabile atteggiamento di non pochi dipendenti pubblici, che sapevano ma hanno taciuto. Obbedendo squallidamente a quello che Pino Puglisi, il prete vittima di Cosa Nostra, definiva ironicamente l’ottavo comandamento mafioso: non testimoniare. Tocca alla magistratura completare le indagini, indire il processo, emettere le sentenze. Ma non c’è bisogno di aspettare un verdetto di tribunale per dare parole chiare e nette a un sentimento profondo di malessere e disgusto: se reati ci sono stati, reiterati e sistemici, hanno trovato un plotone di fiancheggiatori, chi per pavidità chi per interesse, negli uffici del Comune e nella stessa collettività. Basta proporre alcune frasi delle carte del gip per rendersene conto: si parla di «silenzio premiato», di «uso distorto dei propri poteri», di «grande spregiudicatezza». A proposito dei dipendenti, si spiega in modo esplicito quanto diffusa fosse la consapevolezza che c’erano indagini pendenti; eppure, «chi sapeva non si stupiva, non denunciava»: l’unico che l’ha fatto vi è stato indotto non da coscienza civica, ma dalla paura di finire lui pure in manette. In municipio la parola d’ordine era «acquiescenza». Ma pure la comunità aponense viene chiamata in causa: la campagna del sindaco è ruotata attorno al nodo tangenti, lui in prima persona ha tappezzato i muri di manifesti che proclamavano la sua innocenza, l’argomento era di solare evidenza. Risposta? «Un contesto inerte», annota il giudice. Malgrado tutto ciò, l’interessato continua a tirare le fila da dietro le sbarre; e il suo plotoncino di pretoriani si ostina a tenere in vita un consiglio comunale squalificato, confondendo la cosa pubblica con cosa propria. Segnale estremo di un degrado diffuso, che ha sfondato la soglia dell’improntitudine: c’è chi è arrivato a barattare la propria connivenza con regalìe non solo per sé e la famiglia, ma perfino per «i cagnolini»; anche a Fido la sua quota. Ed è un monumento di squallore, quel «fasèmo spolveròn per i prossimi cinque anni», che ricorda tanto la canagliata degli imprenditori colti a ridere al telefono, la notte del terremoto a L’Aquila, pregustando il banchetto di cantieri truccati e di introiti sporchi che ne sarebbe derivato. Ma allora è tempo di ingiungere di farla finita una volta per tutte, a quegli imprenditori che recitano la parte del piangina, sostenendo che sono stati costretti a pagare altrimenti non lavoravano: a parte il fatto che c’è chi si è allegramente ingrassato, chi è stato al gioco ha giocato sporco contro tutti gli altri colleghi rimasti sistematicamente tagliati fuori dagli appalti. Quindi, è diventato complice. Inutile attendersi però sussulti di dignità da chi non sa neppure cosa sia. C’è solo da sperare che un intervento dall’alto azzeri questo consiglio comunale, dia spazio a nuove elezioni, induca i cittadini a essere più attenti e responsabili, apra la strada a una nuova amministrazione che bonifichi non solo le prassi, ma pure le persone che le hanno rese possibili anche solo girando la testa dall’altra parte. La mafia uccide, il silenzio pure, avvertiva un galantuomo come Peppino Impastato. Troppi hanno taciuto, e gli è costato la vita. Non aspettiamo un morto per capirlo

Lo sfogo del commissario esterno Balzan. E domani gli interrogatori
«Non torno il quel Comune manco se mi chiama il Papa»

(Cristina Genesin)
«Non avevo mai lavorato prima per il Comune di Abano. E non ci lavorerò più, manco mi chiamasse il Papa». Parole dell’ingegnere Giovanni Balzan di Rovigo, uno dei due commissari esterni che facevano parte della commissione di gara chiamata a scegliere la ditta alla quale affidare l’appalto milionario per la riqualificazione dell’ex cava in via Guazzi a Giarre, al centro del secondo filone dell’inchiesta tangenti alle Terme. Ma l’impresa vincitrice era già stata decisa dal sindaco Luca Claudio (indagato per turbativa d’asta), la Pistorello spa. Sindaco (in carcere per il filone principale dell’indagine) ritenuto il regista anche di questa operazione messa a punto attraverso il fedele responsabile dell’Ufficio tecnico, l’architetto Maurizio Spadot (presidente della commissione di gara, in carcere) e il responsabile dell’Ufficio Ambiente Guido Granuzzo (agli arresti domiciliari), accusati di concorso nella turbativa d’asta (solo Spadot con l’imprenditore Luciano Pistorello, in carcere, pure di corruzione).
Il commissario esterno. Di parlare di quell’esperienza, l’ingegnere Balzan non ha nessuna voglia: «Avevo inviato il mio curriculum e sono stato chiamato… Poi mi sono trovato catapultato in quella situazione… in mezzo a un branco di delinquenti». Ovviamente tra il 18 gennaio (prima seduta) e il 30 maggio 2016 (ultima riunione che si chiude con l’aggiudicazione) lui e il collega svolgono con serietà il lavoro («Se avessi notato qualcosa di anomalo, avrei agito di conseguenza») mentre l’architetto Spadot e Granuzzo cercano in ogni modo di “pilotare” i due commissari esterni, agendo “di fioretto”. Senza riuscirci.
Manipolazione. Alla fine i “soldatini” del sindaco Claudio decidono di manipolare le buste delle offerte presentate dalle 4 ditte partecipanti. È il 24 maggio quando una telecamera piazzata dagli inquirenti nell’Ufficio tecnico riprende Spadot, Granuzzo e l’ingegnere Luciano De Caro (della Pistorello, sottoposto a obbligo di dimora) mentre “studiano” il modo per alzare i lembi delle buste senza lasciare traccia. Il taroccamento avverrà tra il 29 e il 30 maggio per accertare il contenuto della proposta della concorrente più temuta (Herambiente) e sostituire la proposta originaria di Pistorello con una vincente.
Il tecnico della Provincia. Con i commissari esterni niente da fare. Allora prima di attuare la pericolosa manomissione delle buste, il duo Spadot-Granuzzo ci prova anche con un tecnico della Provincia di Padova, Paolo Zarpellon, responsabile dell’Ufficio Ambiente. I due indagati sanno che l’offerta Pistorello non è conforme al bando. E che la ditta sarebbe tagliata fuori dalla gara se i lavori della commissione fossero rispettori delle procedure. Allora Spadot manda in avanscoperta Granuzzo che incalza Zarpellon: «Basterebbe che la commissione avesse un parere della Provincia». Il parere è sul progetto Pistorello che avrebbe dovuto essere qualificato come una “miglioria”. In svariati contatti con Zarpellon, Granuzzo fa capire di volere dalla Provincia «l’interpretazione che fa comodo alla Pistorello». E che sia accettabile dai membri tecnici della commissione di gara. Zarpellon non ci sta. E appare seccato da tanta insistenza.
Interrogatori. Sono stati fissati per domani gli interrogatori di garanzia: Spadot (in carcere a Rovigo) e Pistorello (in carcere a Venezia) saranno sentiti per rogatoria nei tribunali del capoluogo dove sono detenuti; per Di Caro e Granuzzo faccia a faccia con il gip Margherita Brunello che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare nel Palazzo di giustizia di Padova.

Piero Ruzzante: «Ora va fatta chiarezza su rischi ambientali»
«Il governatore deve intervenire»
Interrogazione in Regione da parte del consigliere Pd Piero Ruzzante sui rischi ambientali emersi dall’inchiesta. Secondo alcune intercettazioni, infatti, l’imprenditore Luciano Pistorello avrebbe prospettato di nascondere i rifiuti pericolosi nei diversi cantieri. «Dai recentissimi sviluppi dell’inchiesta che ha scoperchiato il “sistema Claudio” emergerebbe chiaramente che la gara con cui il 30 maggio scorso, il Comune aponense ha assegnato alla ditta Pistorello i lavori per la bonifica dell’ex discarica di via Guazzi, era completamente truccata», afferma Ruzzante, «La cosa tocca da vicino la Regione per due motivi. Innanzitutto, quel lavoro era stato finanziato, ad interesse zero, dalla stessa Regione con 3 milioni e 260 mila euro al Comune di Abano. Sulla questione avevo già richiesto dei chiarimenti alla struttura dell’ambiente della giunta regionale. Non è accettabile che quei fondi siano finiti, come sembrerebbe, ad un’azienda collusa con il sistema Claudio, a discapito di altre che invece operano nella legalità. In secondo luogo dalle intercettazioni della Guardia di Finanza emergerebbe una condotta da parte del titolare della ditta in questione, assolutamente irresponsabile e criminale. In particolare, si profila il preoccupante sospetto che una parte di circa 3 mila tonnellate di amianto siano state smaltite in modo non conforme alle normative ambientali vigenti, ossia macinandole e distribuendole in vari cantieri del territorio. Sarebbe una cosa gravissima. La Regione ha il dovere di intervenire al più presto al fine di garantire ora la salute dei cittadini delle zone interessate».

Consigliere ed ex assessore
Nei guai per concussione anche Benatelli
(cri.gen.)
«Non ci dimettiamo assolutamente. Anzi, citerei in questo momento i casi De Magistris e De Luca. Rimaniamo compatti attorno al nostro sindaco, convinti possa tornare in fretta». Parola di Claudio Benatelli, il consigliere comunale ex assessore al Turismo nella prima giunta aponense di Luca Claudio. Fedelissimo, in tutto. Addirittura anticipatore delle orme del sindaco visto che è stato indagato per tangenti ben prima di Claudio. Ed è tuttora indagato nell’ambito di un’inchiesta sul tavolo del pubblico ministero Maria D’Arpa, finora separata rispetto a quella avviata dalla collega Federica Baccaglini che ha avuto un più ampio sviluppo. Dal dicembre 2014 Benatelli è indagato per concussione in quanto avrebbe preteso (e incassato) tangenti dagli ambulanti che partecipavano ai mercatini e ad altre manifestazioni in programma nel capoluogo termale. Qualcuno si era stancato di pagare e aveva parlato: gli ambulanti dovevano versare una mazzetta pari al 10% di quello che erano tenuti a pagare al Comune per l’occupazione del suolo pubblico. Se pagavano sarebbe stato garantito un posto al sole, ben visibile lungo l’isola pedonale davanti all’hotel Orologio o in piazza della Repubblica o, ancora, vicino al Teatro Kursaal; altrimenti sarebbero stati sistemati in un punto di scarso passaggio e ben poca visibilità. Dopo l’assessore Ivano Marcolongo (reoconfesso che ha ricostruire il sistema di mister 10-15%, cioè Luca Claudio), Benatelli è considerato dagli inquirenti l’esattore numero due del sindaco.

Si indaga sul deposito d’amianto
Bottacin: «Il finanziamento regionale per la bonifica? Non ne so nulla, non c’ero»
(Carlo Bellotto)
C’è davvero quella montagna d’amianto che emerge dalla intercettazioni dell’inchiesta e che l’imprenditore Luciano Pistorello sostiene di dover smaltire? La procura si sta muovendo per accertarlo e per scongiurare quello che, senza eccessi, potrebbe essere uno scempio ambientale e un rischio per la salute dei cittadini. Dalle intercettazioni disposte dalla procura, Pistorello dichiara che deve smaltire 3 mila tonnellate, una quantità impressionante. Difficile che l’imprenditore simulasse visto che lo smaltimento dell’amianto costa – e parecchio – e liberarsene gratis (anzi utilizzandolo come materiale per fondi stradali), è un business non da poco. Nell’ordinanza di custodia cautelare si fa espressamente riferimento al fatto che Pistorello «è disposto a violare anche le normative in ordina allo smaltimento rifiuti preposte alla salute pubblica pur di realizzare i propri affari nel modo più proficuo possibile». Il giudice delle indagini preliminari Margherita Brunello, sottolinea nel dispositivo che l’imprenditore dimostra quali siano le strade e i percorsi che è disposto ad intraprendere nell’esecuzione del lavori a lui affidati di smaltimento di rifiuti pericolosissimi: ci si può sempre servire – emerge dalle indagini e dalle intercettazioni – dei suoi cantieri, tra i quali ci poteva astrattamente essere anche proprio l’area da bonificare a Giarre di Abano, 10 mila metri quadrati già adibiti ad ex discarica. Per quell’appalto – che ha messo nei guai Spadot, Granuzzo, Di Caro e lo stesso Pistorello, la Regione del Veneto aveva stanziato un finanziamento di 2 milioni e 800 mila euro, che il Comune dovrà restituire, ma senza interessi. Ora cosa farà la Regione, revocherà il finanziamento? «Non c’ero quando è stato concesso è stato fatto dal mio predecessore e non ne so nulla e non voglio commentare», risponde molto conciso l’assessore Gianpaolo Bottacin, assessore all’ambiente del Veneto. Più loquace il suo predecessore Maurizio Conte: «Si tratta di un fondo di rotazione e la responsabilità finale del finanziamento è in capo all’ente che va a realizzare l’opera, quindi il Comune. Credo che se verrà rifatto il bando regolarmente i soldi rimarranno, ma la decisione spetta alla Regione». L’eventuale revoca del finanziamento lascerebbe comunque irrisolto il problema ambientale.

Hera prepara il ricorso al Tar
Affila le armi l’azienda arrivata seconda alla gara per la discarica
(f.fr.)
Herambiente è pronta a fare ricorso contro la procedura di assegnazione del bando della bonifica di via Guazzi, ma ci sono dei tempi da rispettare prima di procedere per carte bollate. La ditta, seconda classificata dopo la Pistorello, vuole procedere per gradi. «Quando abbiamo notato che attorno alla gara di assegnazione dei lavori c’erano cose che non andavano abbiamo fatto immediatamente accesso agli atti», spiegano da Hera, «Questi atti non li abbiamo ancora avuti, anche perché teoricamente dovevano esserci dati dai dipendenti ora reclusi. Le strade percorribili sono certamente due e teoricamente sono praticabili in contemporanea: il ricorso al Tar per la parte amministrativa e la sede penale. Bisognerà valutare che tipo di irregolarità ci sono e capire se ora i lavori saranno assegnati alla ditta seconda classificata, cioè noi di Hera. Anche l’eventualità che l’appalto ci venga assegnato d’ufficio è un’ipotesi possibile. Solo quando avremo la situazione sottomano più chiara, capiremo come muoverci». Il commissario prefettizio Pasquale Aversa non si sbilancia sugli sviluppi della vicenda relativa al bando incriminato: «Non so niente di questo appalto», chiarisce. Sono appena arrivato e sinceramente non ho avuto il tempo per vedere gli incartamenti relativi agli appalti. Non posso fare previsioni». Nuova gara d’appalto in vista? «È presto per fare queste domande», risponde il commissario prefettizio.

Sospetti appoggi romani per l’area del Primo Roc
Il sindaco Claudio era in contatto con l’avvocato Pascone, consulente del Governo
Gli investigatori indagano sul protocollo per la sistemazione dell’ex caserma
(Enrico Ferro)
C’è il rischio di scambiarlo per un sindaco che esercita il suo ruolo egemone solo tra Abano e Montegrotto. Che maneggia appalti milionari, certo, ma comunque in una dimensione “locale”. Dagli atti dell’indagine, invece, stanno emergendo gli appoggi romani del sindaco Luca Claudio. Uno era sicuramente l’avvocato Giovanni Pascone, super-collezionista di incarichi nonché consulente del Governo per i governi D’Alema, Amato, Dini, ma anche per i Governi Berlusconi e Ciampi. La figura di questo professionista romano emerge dalle intercettazioni telefoniche delegate per l’inchiesta sulla bonifica dell’ex discarica di via Guazzi. L’undici maggio scorso il sindaco Claudio ripete al suo capo Ufficio tecnico di chiudere in fretta la commissione anche in vista delle prossime elezioni e della campagna elettorale, portando avanti l’idea dell’Eco Compattatore “anche con l’aiuto dell’avvocato del Ministero”. Il sospetto è che Pascone possa avere avuto un ruolo decisivo nella chiusura della “partita” relativa alla sistemazione dell’area dell’ex caserma dell’Aeronautica Primo Roc a Giarre. Dopo trent’anni di trattative andate a vuoto, misteriosamente lo scorso mese di ottobre il primo cittadino ha annunciato in pompa magna il protocollo di intesa tra il Comune di Abano Terme, l’Agenzia del Demanio e il Ministero della Difesa, dopo l’acquisizione delle aree e dei fabbricati da parte del Comune. Presenti a sugellare l’accordo il sottosegretario del Ministero della Difesa Gioacchino Alfano e il direttore dell’Agenzia del Demanio Vincenzo Capobianco. Un accordo importantissimo perché consente al Comune di accedere a contributi, anche europei, per il recupero dell’area, destinandola a progetti di interesse pubblico e di rilevanza sociale, culturale, ricreativa e di svago. Con la situazione riscontrata dopo un anno di indagini sugli appalti pubblici tra Abano e Montegrotto, un “boccone” così grosso non può non accendere l’attenzione degli investigatori. Che ruolo ha avuto l’avvocato romano in questa partita? Quali accordi c’erano tra i due? Quali progetti aveva Claudio per quell’area? C’erano in ballo varie idee: dalla cittadella della sicurezza a un nuovo quartiere di sfogo residenziale. Anche su questo i militari del tenente colonnello Luca Lettere stanno cercando di vederci chiaro.

Tutti i bandi gestiti dal capo ufficio tecnico
Rifiuti, rotonde e strade: gli altri appalti “firmati” Spadot
(f.fr.)
Oltre a quello della discarica di via Guazzi a Giarre, i due dirigenti dell’ufficio tecnico del Comune di Abano finiti agli arresti, hanno firmato altri appalti. In particolare hanno portato avanti il bando per l’assegnazione dei lavori di asporto rifiuti. Il bando, che ha preso il via a luglio 2015, da 10,5 milioni di euro e della durata di cinque anni, si è concluso ad ottobre con la vittoria di AcegasApsAmga, con un ribasso del 15%. Ne è scaturita una cifra ben più conveniente per il Comune, 8.925.000 euro. Acegas Aps ha battuto le altre quattro ditte che hanno preso parte alla gara: Ecol Service (Corsico, Milano), De Vizia (Torino), Sager (Udine) e Adigest (Ariano Polesine, Rovigo). Proprio l’Adigest aveva anche portato avanti un ricorso al Tar contro l’assegnazione del bando, poi però ritirato in quanto non sarebbero emerse irregolarità. A marzo il capo dell’ufficio tecnico Maurizio Spadot ha invece portato a termine il bando per il completamento dei lavori per la realizzazione della rotonda tra via Diaz e via Primo Maggio. L’importo della gara era di 33 mila euro. Nel complesso gli ultimi appalti di Spadot riguardano le asfaltature delle strade e la costruzione di dossi. I lavori sono stati assegnati in via diretta, essendo tutti sotto la soglia dei 40 mila euro.

Un villino anni ’70 come mazzetta
L’accusa: il dirigente aveva chiesto a Pistorello di ricomprargli la casa all’asta
(Gianni Biasetto)
Il giorno dopo l’arresto e il trasferimento nel carcere di Rovigo, di guardia all’abitazione dell’architetto Maurizio Spadot, in via Viminale 2 in centro a Montegrotto, ci sono i due cagnolini citati nelle carte dell’inchiesta sulle tangenti alle Terme. Proprio per loro, il dirigente aveva chiesto alla ditta Pistorello una casa con giardino: era, secondo i magistrati, la “tangente” in cambio dell’appalto per la bonifica della discarica di Giarre. Spadot voleva un’abitazione nuova o che gli venisse ricomprata all’asta quella di via Viminale, a rischio pignoramento per le rate del mutuo non pagate. «Può essere che l’architetto fosse in difficoltà economiche perché è rimasto per un lungo periodo senza lavoro», dicono i vicini. Spadot, che lavorava in municipio ad Abano, rimase a casa nel 2007, quando l’allora sindaco di Abano, Andrea Bronzato, non gli rinnovò il contratto da dirigente. L’architetto fece causa e la vinse assicurandosi 75.000 euro di indennizzo. Ha lavorato con Claudio sindaco a Montegrotto, poi è rimasto senza occupazione, ultimamente era stato richiamato ad Abano Terme sempre dal sindaco Claudio. L’altro dirigente dell’Ufficio tecnico del Comune di Abano arrestato dalle Fiamme Gialle martedì mattina, il responsabile del settore Ambiente Guido Granuzzo, ai domiciliari nella sua abitazione di via Romana, si affaccia per qualche istante dal terrazzo: cappelli lunghi, raccolti con un laccio, invita la stampa ad andarsene. Granuzzo, assunto come operario più di una ventina d’anni fa dall’allora sindaco Cesare Pillon, è l’esperto della gestione dei rifiuti nel territorio aponense. Il suo arresto, al contrario di quello del collega Spadot, ha sorpreso i cittadini di Abano e anche la maggior parte dei dipendenti comunali. Persona dal tenore di vita modesto, chi lo conosce pensa che si sia fatto coinvolgere suo malgrado nell’appalto di tre milioni di euro per la riqualificazione ambientale dell’ex discarica, assegnato alla Pistorello.

mattino
7 luglio 2016