il sindaco scrive dalla cella (Corriere)

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il sindaco scrive dalla cella (Corriere)

Messaggioda lidia.pege » mer lug 06, 2016 3:37 pm

Il sindaco scrive dalla cella «Resto, ecco gli assessori»
Le urla: «Giunta carceraria». Primo, tragicomico Consiglio. Il commissario: un cero alla Madonna
(Emilio Randon)6.7.16
Col cerino in mano alla fine si è trovato lui, funzionario di stato, comandato a fare il commissario prefettizio, senza sindaco, con un consiglio comunale sbrindellato incapace persino di eleggersi un presidente. Entrerà negli annali della giurisprudenza amministrativa. Il dottor Pasquale Aversa, grisaglia di ordinanza, il dolce accento meridionale, raccoglie le sue cose e si congeda dalla bolgia consiliare: «Non posso fare niente, posso solo mettere un cero alla Madonna». Un cero non basta. Il falò delle vanità supera le preghiere. Questa prima seduta consiliare qui ad Abano è una corrida, un processo popolare, tra urla, minacce di cacciare gli astanti, boati di ritorno, cartelli alzati e diffidati, inviti alla ragionevolezza e incitamenti al linciaggio. La democrazia va in scena con esiti burleschi: Luca Claudio, il primo cittadino (primo di chi lo vedremo, le rivendicazioni non mancano), dal carcere manda una mail al commissario, in cui accetta l’incarico di sindaco e nomina la sua giunta. Un «pizzino» grida qualcuno, una giunta di nomina «carceraria». Di fatto, dopo l’investitura popolare, un sindaco deve «accettare» il mandato certificando che non pendono elementi ostativi alla sua nomina. Atto dovuto e Luca Claudio adempie: nulla osta a suo giudizio su sé medesimo, nessuna dimissione, del pentimento non se ne parla nemmeno: nella mail c’è invece sottesa la rivendicazione puntigliosa del primato del mandato popolare su tutto il resto, mandati di cattura e accusa di corruzione compresi. Tra i membri da scegliere della nuova giunta Luca Claudio indica Luca Bordin, ex assessore , e Claudio Benatelli, indagato dalla procura padovana per una storia di banchetti in una inchiesta autonoma ma inevitabilmente connessa al «sistema Claudio». I consiglieri di maggioranza eletti vi si sono attenuti scrupolosamente , hic manebimus optime. Lui per tutti, il consigliere Galesso ha spiegato che «gli aponensi sapevano che Claudio era indagato, se lo hanno votato lo stesso la volontà popolare non va tradita».
Ancora urla, altre minacce di sciogliere l’assemblea, il consigliere anziano Barcaro, presidente facente funzione, ha minacciato l’uso della forza pubblica, lo sgombero dell’aula, la seduta a porte chiuse e le perquisizioni corporali in cerca di telefonini sospetti, «c’è un telefonino, l’ho visto, invito la polizia urbana a cercare bene». Non se lo filava nessuno. Monica Lazzaretto, la dirimpettaia di Claudio nel voto del mese scorso, ha chiesto che la lettera dal carcere fosse resa pubblica e il commissario Aversa per un attimo ha perso la pazienza: «Cercatevela da soli, è anche questione di buona creanza». Il solo momento in cui il brav’uomo è sembrato perdere l’equidistanza. Per il resto ha testimoniato silenzioso astenendosi e prendendosi persino qualche applauso quando, su richiesta della consigliera Lazzaretto, ha promesso che entro 48 avrebbe fornito l’elenco dei possessori di telefonino «aziendale» e chiavi di pubblici uffici. La seduta è cominciata alle 17, alle 20 il consigliere anziano Barcaro nelle sue funzioni di presidente provvisorio scioglieva tutti dall’obbligo di presenza dopo aver provato invano a trovarne uno di meno precario: la minoranza aveva proposto un nome di compromesso su cui convergere, la maggioranza è restata sul suo, ha proposto Galesso, anzi si è autoproposto. Al voto erano 10 contro 5, mancava la maggioranza dei due terzi. In tal caso di solito si va al ballottaggio e a maggioranza assoluta, ma mancava il «ballottante » e Barcaro ha sciolto la seduta per mancanza di concorrenti. «Vi invito alla riflessione – aveva provato a dire il commissario Aversa, quasi implorando – come faccio io… ad amministrare senza un presidente, senza un organo istituzionale… riflettete sulla gravità del non funzionamento del consiglio comunale».
«Mandali a casa tutti» hanno replicato dal pubblico. Pubblico parziale ovviamente, il 53% con cui Claudio è stato eletto se c’era non si è fatto sentire, ma la questione morale del «se sapevamo avremmo fatto diversamente o lo rifaremmo uguale» ha pesato per tutta la seduta. Voi siete figli di Claudio, corresponsabili moralmente, sodali di una sistema di corruttela, intimidazione e illegalità da sette anni a questa parte. No siete voi le bestie, voi i mozzorecchi accusava la maggioranza, voi condannate Claudio basandovi su articoli di giornale, siete un tribunale popolare. Lampi eversivi quando il capo della maggioranza ha invocato il suffragio popolare come la giustizia delle giustizie: «Se il popolo sapeva il popolo l’ha voluto». «E che dici? – lo ha fulminato Cosentino – che gli aponensi sono dei delinquenti? ». «Ma no, sto dicendo che si sapeva delle indagini e che nonostante questo… Del resto cosa dovrei pensare del governo? ». E qui non lo hanno lasciato finire sommerso da una bordata di fischi.
Lidia Pege
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