Abano, dieci imprenditori nel mirino
PADOVA La linea adesso è decisa. Con in mano le carte di tutti i cinquanta appalti (e determine) banditi dal comune di Abano negli ultimi cinque anni, quelli in cui Luca Claudio è stato sindaco, la Guardia di Finanza si è messa sulle tracce di quella decina di imprenditori che ancora non hanno suonato al campanello della caserma delle fiamme gialle. L’obiettivo della Finanza è capire come mai questi impresari, alcuni del mondo del verde, altri titolare di ditte di rami completamente diversi, non si siano uniti alla coda di artigiani che subito dopo l’arresto di Claudio hanno vuotato il loro sacco di fronte agli uomini del tenente colonnello Luca Lettere. E hanno di fatto confermato quanto già raccontato dall’ordinanza del gip: ovvero che per lavorare nel pubblico di Abano e Montegrotto, era prassi pagare al primo cittadino in questione – Claudio ad Abano, Massimo Bordin (ora ai domicliari) a Montegrotto - una tangente del 15 per cento sul valore dell’appalto.
L’alternativa, per chi sceglieva di non piegarsi alle richieste dei due primi cittadini indagati per concussione, corruzione e induzione indebita a dare o promettere utilità, era quella di sparire. In sette durante un intero anno d’indagine hanno raccontato in maniera dettagliata tutti i passaggi, portando con le loro auto-accuse (sono per questo indagati) agli arresti di giovedì scorso. In molti da quell’arresto hanno preso forza, decidendo di rompere il velo d’omertà che li bloccava e li obbligava a chinare il capo. Quello che le fiamme gialle e il sostituto procuratore Federica Baccaglini vogliono sapere ora, andando a parlare direttamente con quei dieci imprenditori che hanno vinte le gare d’appalto ma non hanno ancora contattato gli inquirenti, è se anche a loro siano arrivate richieste di tangenti una volta assegnati i lavori, se loro fossero d’accordo con il sistema Claudio o se invece a cucire la loro bocca è stata solo la paura. Questo mentre continua la radiografia dell’intera mole di lavori assegnati da Claudio e da Bordin nei due comuni termali tra il 2011 e il 2015 e si cerca di capire come venissero pagate le mazzette di piccoli importi: se direttamente a Claudio o tramite un emissario.
Intanto si sono chiusi gli interrogatori di garanzia del gip Brunello con la scelta di non parlare seguita anche da Saverio Guerrato, difeso dall’avvocato Fabio Pinelli, e accusato di corruzione per aver pagato una tangente del 15% con cui aggiudicarsi, nel 2010, un appalto da 15 milioni di euro (e della durata di quindici anni) per la riqualificazione energetica degli edifici comunali di Montegrotto. In quell’occasione a Claudio, all’epoca al suo secondo mandato a Montegrotto, sarebbero stati versati 174 mila euro. «Abbiamo scelto di non rispondere, prima preferiamo leggere gli atti e dopo chiederemo l’interrogatorio al pubblico ministero», è stato il commento dell’avvocato Pinelli. Una scelta che si accoda alla linea tenuta già lunedì dallo stesso Claudio e poi seguita martedì da Bordin, dall’imprenditore Luciano Pistorello e dal prestanome Massimo Trevisan. La famiglia di Luca Claudio, si è opposta alla decisione del regista Massimo Emilio Gobbi (che aveva scritturato Claudio nel suo film «Camorra Live Show» per una sorta di Gomorra in salsa termale) di organizzare un sit-in di solidarietà davanti alla casa circondariale di via Due Palazzi. Dove Claudio, unica mente dell’intero sistema del 15%, è detenuto da una settimana. Da solo, in cella a studiare le carte e preparare la sua difesa.
01 luglio 2016