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Luca Claudio:il politico di professione

MessaggioInviato: ven giu 24, 2016 5:20 pm
da lidia.pege
Democrazia a rischio
Gli interessi del politico di professione
L’innaturale durata di una carica favorisce vantaggi che si traducono prima o poi in posizioni inconfessabili
(Mario Bertolissi)
È accaduto l’inverosimile. Oppure il suo opposto: il verosimile. Il sindaco di Abano Terme si è trovato di nuovo impigliato nelle maglie della giustizia, che ha il compito di dipanarle. Il luogo del giudizio non è questo, perché sta altrove. È là che viene amministrata in nome del popolo. È là che è proclamato il principio secondo cui la legge è uguale per tutti. Qui, il discorso va affrontato dal punto di vista delle istituzioni. L’ho già fatto in passato, dopo aver discusso la questione dinanzi al Tribunale di Padova e alla Corte d’Appello di Venezia, proprio con specifico riguardo ai mandati consecutivi ulteriori del sindaco, rispetto ai primi due, che mi sembravano contraddire, illegittimamente, un preciso disposto normativo.
Che cosa afferma, letteralmente, la legge? L’articolo 51, 2° comma, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 – è il Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali – stabilisce che «chi ha ricoperto per due mandati consecutivi la carica di sindaco e di presidente della Provincia non è, allo scadere del secondo mandato, immediatamente rieleggibile alle medesime cariche». Qualche giorno fa, i quotidiani titolavano più o meno così: Luca Claudio eletto sindaco per il quarto mandato consecutivo. Buon per lui! Ma non c’è qualcosa che stride, se ha un senso quel che sta scritto nell’articolo 51, 2° comma, della legge del 2000?
Certo – dirà qualcuno che assomiglia molto ad azzeccagarbugli –, ma non sempre il significato è quello reso evidente dalle parole. Certo – dico io –, ma è bene che le parole conservino un senso il più possibile chiaro, per evitare che si possa concludere: fatta la legge, trovato l’inganno! Che, poi, a ben vedere, non si tratta neppure di un inganno. Studiosi e giudici – come ho chiarito in “Piccoli prìncipi, notabilato locale e crisi della rappresentanza politica”, libreriauniversitaria edizioni, Padova 2016 – hanno ragionato con categorie concettuali riferite a un tempo in cui le cause che precludevano l’accesso alle cariche pubbliche riguardavano, essenzialmente, le ineleggibilità (le qualità necessarie per assumere una carica) e le incompatibilità (inidoneità a svolgere due lavori contemporaneamente). È qui che entrava in gioco il principio costituzionale di accesso alle cariche pubbliche, che non può essere irragionevolmente pregiudicato (articolo 51).
Il divieto di terzo mandato consecutivo non concerne l’accesso, ma la conservazione – la titolarità senza interruzioni – di una data carica pubblica. In un certo senso, è l’esatto contrario. Si tratta di un problema affrontato e risolto millenni or sono (la memoria può recuperare tranquillamente nozioni elementari di storia greca e romana) allorché si stabilì il principio della temporaneità delle cariche. Per quale ragione? Perché è bene che vi sia una rotazione nella titolarità. È opportuno che si eviti di divenire politici privi di alternative: per dirla con Max Weber, di divenire politici di professione. A maggior ragione, da quando le cariche non sono onorarie, ma retribuite.
Quel che è accaduto – indipendentemente da quel che accerterà il giudice – deve persuadere di un dato essenziale: vicende come queste, radicate su una innaturale ed esorbitante durata nella titolarità della funzione sindacale, corrodono, ogni giorno di più, la democrazia. L’alternarsi è essenziale, perché favorisce la comparazione, la dialettica, il ragionamento. Senza, è difficile che si attui il buon governo. Vi saranno contese, contrapposizioni, difese a oltranza di vantaggi, che finiranno per tradursi prima o poi – come avvertiva Giuseppe Maranini – in interessi inconfessabili.
Saper rinunciare a una poltrona può essere – è – il più alto servizio che si può rendere alla cittadinanza: a istituzioni che ci appaiono, molto spesso, esangui. Come oggi. Ed è bene non dimenticare che vox populi non è detto che equivalga, sempre, a vox dei.

Ai domiciliari l’ex primo cittadino di Montegrotto Bordin e gli imprenditori
Guerrato, Pistorello e Trevisan. Diciotto indagati. Pizzo su ogni lavoro
(Enrico Ferro)
Era “il re delle Terme”, è diventato “mister 15%” e sotto il peso di questo nomignolo affibbiato dagli investigatori è crollato l’impero del sindaco Luca Claudio. Per 15 anni ha amministrato Montegrotto e Abano, i principali Comuni del bacino termale. Qui, in quest’area ricca e votata al turismo, aveva imposto le sue regole. Se volevi lavorare nell’ambito degli appalti pubblici, dovevi pagare. Era indagato ormai da più di un anno ma la gente ancora credeva in lui e al ballottaggio di domenica scorsa ha sbaragliato la concorrente Monica Lazzaretto con il 52,3% delle preferenze. Ieri mattina all’alba l’euforia per la riconferma è stata interrotta dal blitz dei militari della Guardia di finanza e dalle successive perquisizioni in casa e nel suo ufficio in municipio. Cinque arrestati Il sindaco dei record Luca Claudio, 45 anni, rieletto per quattro volte (due a Montegrotto e due ad Abano) è accusato di corruzione e concussione e per questo si sono spalancate le porte del carcere. Le stesse accuse vengono mosse anche all’ex sindaco di Montegrotto Massimo Bordin, 56 anni, fermato ieri mattina dopo aver trascorso la notte nella sua barca ormeggiata a Monfalcone e ora ai domiciliari. Arresti domiciliari anche per Massimo Trevisan, 45 anni, residente a Mestrino in via dei Mille 11, amministratore della società fittizia (Rls Srl) in cui Luca Claudio faceva confluire le tangenti più sostanziose: per lui l’accusa è di riciclaggio. Nella rete della Guardia di finanza sono finiti anche due imprenditori divenuti parte integrante del “sistema Luca Claudio”. Sono Saverio Guerrato, 53 anni, residente a Rovigo e amministratore della Guerrato Spa (è indagato anche il padre Luciano) e Luciano Pistorello, 52 anni, residente ad Abano in via Barsanti 16, legale rappresentante della Pistorello Spa. Oltre a loro ci sono anche altri 18 indagati, tra funzionari pubblici e imprenditori della zona. Non è finita qua, ci saranno presto altri sviluppi. Gli appalti contestati Il “sistema Claudio” nasce a Montegrotto e viene riprodotto in maniera fedele anche ad Abano. I finanzieri del colonnello Gavino Putzu individuano le prime tre tangenti nell’ambito dell’affidamento degli appalti nel Verde pubblico. È l’assessore Ivano Marcolongo che incassa i soldi e li distribuisce a Luca Claudio (sindaco di Abano) e Massimo Bordin (sindaco di Montegrotto). In tutto vengono contestati appalti per 1 milione e 200 mila euro. Nulla in confronto ai 17 milioni di appalti distribuiti nel settore dell’edilizia. Nel corso dell’indagine i militari hanno individuato sette casi emblematici. Velocizzare le pratiche per avviare un cantiere poteva costare 7 mila euro o anche 25 mila euro (come nel caso di un permesso concesso per la realizzazione di un residence ad Abano). Appalto da 250 mila euro per l’ampliamento della scuola media Vivaldi di Montegrotto: tangente da 5 mila euro a metà tra Claudio e Bordin. Appalto da 270 mila euro per il sistema informatico turistico di Abano: 40 mila euro incassati tramite una fattura fasulla intestata alla Rls Srl. Appalto da 15 milioni e 300 mila euro alla Guerrato Spa per la riqualificazione energetica: mazzetta da 174 mila euro versata tramite fatture alla Rls Srl. Appalto per la manutenzione di strade e piazze di Abano nel biennio 2013-2014: tangente da 50 mila euro sempre tramite l’azienda che faceva riferimento a Luca Claudio. Un imprenditore di Abano, per ottenere il permesso di costruire una palazzina, è stato costretto a vendere un appartamento del valore di 115 mila euro a 65 mila euro: preliminare firmato con la società Soleluna Srl, rogito con la Rls Srl. L’indagine patrimoniale Il sindaco di Abano ha un reddito di 40 mila euro l’anno ma i finanzieri del Gruppo, coordinati dal tenente colonnello Luca Lettere, hanno scoperchiato tutto il suo patrimonio. Hanno scoperto, per esempio, che ci sono tre società che fanno riferimento a lui e che tutte hanno sede a Ponte San Nicolò in via Guido Rossa 6: sono la Soleluna, la Rls Srl e la Soluzioni assicurative Srl. Tutti gli immobili, villette e appartamenti, sono intestati a queste tre società. Il patrimonio immobiliare riconducibile a Luca Claudio è stato stimato in circa 3 milioni di euro. Quattrocento mila euro sono invece i soldi delle tangenti individuate e provate all’interno dell’ordinanza. Ma c’è ancora molto lavoro da fare. Ci sono sette imprenditori che hanno fatto crollare il muro di omertà e ce ne sono altri che potrebbero decidersi a parlare. Ci sono proprietà all’estero. Non è escluso che prossimamente vengano emesse nuove misure anche a carico di funzionari pubblici in servizio in municipio. Lo stesso municipio in cui Luca Claudio è entrato, ieri mattina, scortato dai finanzieri poco dopo l’arresto. Dopo avergli ribaltato casa dovevano perquisire anche il suo ufficio e la sala consiliare. Gli hanno chiesto se voleva essere presente e lui ha risposto sicuro: «Sì, voglio essere presente». Ieri sera il prefetto di Padova Parizia Impresa ha firmato la sospensione dalla carica a sindaco, prevista dalla Legge Severino.

Esigenze cautelari dettate dal pericolo di fuga
(Cristina Genesin)
Luca Claudio stava organizzando la fuga in Brasile nel timore che potesse succedere qualcosa. L’8 ottobre 2015, ore 21.43, il sindaco parla al telefono con la moglie Stefania Bisaglia: «Nel caso mi succeda qualcosa, tu devi trovare il modo di andare avanti». E lei: «Se capita in viaggio, capita a tutti e due». Il “viaggio”, cioè la fuga: ecco una delle esigenze cautelari che ha giustificato l’ordinanza firmata dal gip Margherita Brunello il 15 giugno e, prima, la richiesta di misura cautelare in carcere sollecitata dal procuratore Matteo Stuccilli e dal pm Federica Baccaglini l’11 marzo. Secondo gli inquirenti più volte il sindaco Claudio e l’ex primo cittadino di Montegrotto, suo sodale, Massimo Bordin con altri imprenditori della zona termale avevano manifestato la volontà di trasferirsi all’estero definitivamente. Nel corso dell’inchiesta è emerso che avrebbero realizzato un villaggio turistico in Brasile dove si recavano di frequente. Attraverso la localizzazione dei cellulari, Claudio e la moglie risultano in Brasile tra il 14 e il 19 ottobre nella città di Maceio, stato di Alagoas per pratiche relative ad alcuni immobili. Torniamo a quella sera d’autunno e alla conversazione al telefono: i due parlano di un progetto del quale devono avvisare le famiglie. Esplicito il riferimento al viaggio in Sudamerica e alla ricerca di un sogno di gloria che non si avvererà mai. Dialoghi fra coniugi. Ma Claudio è preoccupato di altro, forse di finire dietro le sbarre: «C’è anche un’altra situazione particolare che potrebbe crearsi» dice. Si parla di una donna che dovrebbe essere informata di eventuali “visite”. Stefania B.: «Se si trova i tipi in casa?». L.Claudio: «E una mattina vengono, suonano il campanello e tutto quanto». E Massimo Bordin? Per il gip c’era solo il pericolo di inquinamento probatorio. Secondo la procura, invece, anche il pericolo di fuga perché si stava spogliando di tutti i beni (già venduto l’appartamento a Torreglia e messo in vendita quello di Caldogno). Ultimamente trascorreva molto tempo nella sua barca a vela ormeggiata nel porto di Monfalcone e dormiva lì a due passi dalla Croazia.

I legami con mafia capitale. Sentito Eliseo, dg della Marco Polo
Ottanta finanzieri, ventidue perquisizioni, cinque arrestati, 18 indagati. Sono solo alcuni numeri del blitz che ieri all’alba ha portato in carcere Luca Claudio neo eletto sindaco di Abano. A coordinare l’operazione il comandante provinciale Gavino Putzu. L’inchiesta sulle tangenti alle Terme ha anche collegamenti con Mafia Capitale. Tra le aziende coinvolte la Marco Polo di Roma, il cui dg Enrico Eliseo ha negato di aver mai fatto affari con gli indagati delle terme.

“Contanti e poche storie”. Il sistema di Mister 15%
La conferma degli imprenditori e il ruolo della Rsl che serviva da cassa: società creata ad hoc per far transitare le mazzette su cui pagavano le tasse
Nel corso dell’inchiesta è emersa una parte di imprenditoria che ha deciso di non sottostare più a regole di illegalità
(Cristina Genesin)
A spartirsi la torta del malaffare erano i due (ormai ex) sindaci Luca Claudio e Massimo Bordin che non praticavano sconti, ma applicavano tariffe prestabilite in base a ogni lavoro appaltato o dato in affidamento: dal 10, al 15, al 20 per cento. Per il “cassiere” delle mazzette, Massimo Trevisan, formalmente legale rappresentante di Rls srl (costituita il 24 giugno 2010) di fatto ditta riconducibile a Luca Claudio, restava una percentuale non sulle singole dazioni incassate ma sulla quota totale. Briciole, anzi quasi uno stipendio.
Il sistema. Rls è una ditta di consulenza. All’apparenza, ovviamente. I contratti di consulenza – come risulta dalla documentazione contabile societaria – vengono stipulati con le imprese che vincono gli appalti con il Comune di Abano e di Montegrotto. Il motivo è semplice: secondo gli investigatori quelle attività di consulenza sono fittizie (come risulta dagli accertamenti dalla Guardia di finanza). E poco importa che siano reali le fatture emesse da Rls per incassare i soldi. Fatture che, in realtà, sono funzionali a un preciso scopo: creare i canali per pagare le tangenti. Insomma una corruzione contabilizzata e fiscalmente corretta: meglio evitare guai e non attirare i ficcanaso dell’Agenzia delle Entrate. Dal 2008 al 2015 si è calcolato che sarebbero stati incassati in questo modo tra i 300 e i 400 mila euro di mazzette, tutte quelle non saldate in contanti. Mazzette pagate su tutto: è il “metodo esportato” da Luca Claudio ad Abano dove viene eletto sindaco nel 2011 dopo il governo decennale (2001-2011) a Montegrotto.
Claudio pigliatutto. Il sindaco Luca Claudio vuole soldi per qualsiasi cosa. Per lui. O per i familiari. Lo ammette l’imprenditore Luca Scarpa, sentito tra maggio e giugno 2015: in cambio delle agevolazioni per velocizzare le pratiche relative a un cambio di destinazione d’uso di alcune unità immobiliari, il sindaco (allora di Montegrotto) chiede di vendergli un appartamento a metà prezzo, 65 mila euro anziché 115 mila, metà del valore di mercato. «Il sindaco mi ha portato un preliminare già firmato da un soggetto sconosciuto e poco dopo abbiamo rogitato» ha spiegato Scarpa. Anno 2011, nuove operazioni immobiliari e nuova tangente. Ma stavolta Claudio (ora sindaco ad Abano) reclama un appartamento per il fratello. Il progetto edilizio (ad Abano in via Palladio) non va in porto e «il sindaco ha deciso di cambiare la sua richiesta pretendendo 60 mila euro in contanti in varie tranche».
Claudio il decisionista. «È emersa l’instaurazione di una vera e propria prassi che vedeva il sindaco Luca Claudio fornire all’Ufficio tecnico i nominativi delle imprese, indicando quelle a cui dovevano essere assegnati i lavori indetti dai bandi di gara a volte creati ad hoc» scrive il gip Brunello, «Spesso la scelta del sindaco ricadeva sulle imprese Creuso Luca, Schiavo Ferdinando e la società Pistorello srl. Tale scenario è stato confermato dal dirigente degli uffici tecnici di entrambi i Comuni (Montegrotto e Abano) l’architetto Patrizio Greggio sentito il 19, il 22 aprile e il 4 maggio 2015». Aveva raccontato Greggio: «I rapporti con i titolari di queste ditte li teneva sempre ed esclusivamente il sindaco». Insomma una «gestione personalizzata degli appalti». Non basta. Anche molte intercettazioni confermerebbero come «il sindaco, con abuso di qualità e poteri, “bypassasse” del tutto il dirigente e il personale dell’Ufficio tecnico» si legge nell’ordinanza, «e arrivasse a commissionare i lavori in assenza di determina e quindi prima ancora che la Pubblica amministrazione avesse scelto il contraente: “Adesso faccio sistemare gli atti e le carte, tu parti con la sistemazione del campo”, ancora “parti pure… e mi arrangio io a sistemare…”».
Personalità forte. Luca Claudio riusciva a ottenere quello che voleva: l’ordinanza fa riferimento «alla sua evidente forte personalità, efficacia induttiva delle sue parole e della sua posizione… capacità persuasiva rispetto altre persone». E ancora: «… anche se non eletto, potrebbe trovare le modalità per mantenere i contatti con la sua rete di relazioni per concorrere in reiterazione di fatti analoghi o per inquinare le prove».

Si sono autoaccusati, stanchi di dover pagare il pizzo per non lasciare a casa i dipendenti o per battere la crisi
Il metodo svelato da sette impresari
(cri.gen.)
C’era chi pagava ed era protagonista volontario del malaffare in piena sintonia con i due (ormai ex) sindaci, Luca Claudio e Massimo Bordin, come gli imprenditori Saverio Guerrato e Luciano Pistorello, indagati (sia i pubblici ufficiali come i due privati) per concorso in corruzione. Ovvero tutti (si presume) responsabili degli accordi corruttivi su un piano di parità. E c’era chi pagava perché, cuore in gola e lacrime agli occhi, il messaggio che arrivava dai due pubblici ufficiali-sindaci era chiaro: o versi la mazzetta e continuerai a lavorare, oppure sei tagliato fuori. Tra questi imprenditori, sottoposti a pressioni continue, qualcuno ha pagato perché, in crisi economica e con gli operai in cassa integrazione, temeva di dover chiudere. Da qui la contestazione a carico dei due sindaci del reato di concussione. Ma con una profonda distinzione fra i fatti accaduti prima del novembre 2012 e i fatti successivi a quella data “spartiacque”. Gli imprenditori che hanno pagato “prima”, sollecitati da precise richieste di soldi, sono vittime e basta mentre Claudio e Bordin devono rispondere di concussione; gli imprenditori che hanno pagato “dopo” sono indagati in concorso (con Claudio e Bordin) per il reato di «induzione indebita a dare o a promettere utilità» disciplinato dall’articolo 319 quater del codice penale e introdotto con la nuova riforma Severino attraverso la legge 190 del novembre 2012 “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”. Reato noto come “concussione per induzione” che punisce pure la vittima che paga. Perché? Il legislatore ha riconosciuto all’imprenditore-vittima un margine di decisione: insomma paga perché ha scelto di farlo e non perché ha la pistola puntata alla tempia. Unica consolazione, la previsione di una punizione più lieve. Eppure, nonostante queste conseguenze ben chiare nella testa, sette imprenditori coinvolti nell’inchiesta hanno parlato. E non hanno esitato a pronunciare dichiarazioni autoincriminanti: lo hanno fatto nel primo interrogatorio (anche davanti al pm Baccaglini) senza l’assistenza di un difensore. A quel punto sono stati informati che rischiavano di finire nei guai. E che era indispensabile interrogarli di nuovo con le garanzie stabilite dall’ordinamento (l’assistenza di un legale) nella nuova veste non più di persone informate sui fatti ma di indagati. Così è avvenuto e loro hanno tirato dritto, non ritrattando nulla, pronti a confermare tutto, di nuovo, perfino in un terzo interrogatorio. «Si sono dimostrati imprenditori coraggiosi» spiegano in procura, «Nel corso dell’inchiesta è emersa una parte dell’imprenditoria che ha deciso di non sottostare più alle regole dell’illegalità». Anche con la prospettiva di pagare di persona. Intanto tra lunedì e martedì sono previsti gli interrogatori di garanzia dei cinque arrestati da parte del gip Margherita Brunello che ha firmato le misure cautelari: gli ex sindaci Claudio e Bordin sono difesi dal penalista Ferdinando Bonon, gli imprenditori Guerrato e Pistorello riuspettivamente dagli avvocati Fabio Pinelli e Davide Druda, infine Trevisan è assistito dagli avvocati Sergio Dal Prà e Alessandro Baldina.

Le imprese coinvolte
La Guerrato tra ospedali, global service e PalaCongressi
(c.mal.)
La “tangentopoli delle Terme” sfiora due opere fondamentali per il futuro di Padova: il nuovo centro congressi in Fiera e l’allungamento del sottopasso ferroviario in via Avanzo, funzionale all’alta velocità. Il tutto a causa dell’arresto di Saverio Guerrato, presidente della Guerrato spa, e di Luciano Pistorello, della Pistorello spa. Il centro congressi. Sembra una dannazione quella che ha colpito il cantiere del nuovo centro congressi. La capogruppo, Intercantieri Vittadello di Limena, ha visto l’arresto nel marzo scorso del presidente Sergio Vittadello. Adesso è il turno della Guerrato. Nel pool di imprese che nel 2013 si è aggiudicato l’appalto da oltre 19 milioni ci sono anche la Parpajola di Pontevigodarzere e il Consorzio Stabile Pedron di Villa del Conte. Lo scorso 5 maggio il cantiere in fiera è stato recintato, ma finora in via Tommaseo non si è vista neppure una ruspa. La vicenda Arpav. Non è la prima volta che la storia della Guerrato incrocia alcune delle più importanti operazioni immobiliari cittadine. Era stata proprio l’azienda di Rovigo a vincere, insieme all’immobiliare Bronzetti, la gara per la nuova sede padovana dell’Arpav, bandita dall’allora direttore Andrea Drago. Gara che finì nel nulla dopo il commissariamento dell’ente deciso dal governatore Luca Zaia. Gara che però è l’elemento centrale del processo al luogotenente dei carabinieri Franco Cappadona e all’imprenditore Mauro Bertani, accusati di tentata concussione aggravata. La Guerrato spa. Eppure l’impresa rodigina è un colosso dell’immobiliare. È tra le prime 30 società del settore nella classifica del “Sole24ore”. Creata nel 1973, oggi ha 228 dipendenti, un capitale sociale di 17 milioni e il bilancio 2014 in utile per oltre un milione. Due i settori in cui è più attiva: l’edilizia ospedaliera e i global service. Sul versante sanitario ha vinto gli appalti per il nuovo ospedale di Asiago (20 milioni) e per i presidi di Castelfranco e Montebelluna. Dall’altra parte gestisce la conduzione e manutenzione delle grandi stazioni (50 milioni) e degli edifici della Regione Piemonte (14 milioni) e della Provincia di Torino (41 milioni). Proprio il global service dell’illuminazione pubblica a Montegrotto ha procurato qualche problema alla Guerrato: la società partner dell’appalto, la Marco Polo spa, è stata coinvolta nell’inchiesta “Mafia Capitale”. Il sottopasso di via Avanzo. La “tangentopoli” termale ha coinvolto anche la Pistorello, che sta lavorando all’allungamento del sottopasso della stazione di Padova in via Avanzo. Un altro cantiere, rimasto fermo parecchi mesi per alcuni ritrovamenti archeologici. Consentirà di dedicare gli ultimi due binari (il 10 e l’11) all’alta velocità. L’appalto per i lavori del sottopasso è stato gestito da Rfi con una procedura negoziata: all’invito spedito a 15 imprese ha risposto solo la Pistorello, che il 27 maggio 2014 si è aggiudicata l’appalto a 774 mila euro, un ribasso del 7,07%.

(Elena Livieri)
«Non sarò il sindaco di tutti». Così Luca Claudio aveva salutato solo qualche giorno fa la sua rielezione alla guida di Abano Terme. Nella lista degli “indesiderati” preti, albergatori, associazione dei commercianti. Con me o contro di me: non è mai stato uno per le mezze misure Claudio. E la sorte, forse, ha deciso di seguire il suo stesso passo. Dal sindaco di qualcuno, al sindaco di nessuno. Il campanello che è suonato ieri mattina alle 6.15 nella villetta di via Campagna Bassa a Montegrotto Terme, ha fatto cadere lo scettro dalle mani del re. Gli occhi ancora gonfi di sonno, tutti arruffati i capelli che porta sempre impomatati a dovere: è stato lo stesso Claudio ad aprire la porta agli uomini delle fiamme gialle che sono andati ad arrestarlo. Pessimo risveglio. Lui, quasi impassibile. Almeno nell’espressione del volto. Va a sapere dentro cosa gli si è mosso quando ha visto le divise. Quelle che già gli fecero visita più di un anno fa, nell’aprile del 2015, quando ci fu il primo blitz che portò all’arresto dell’assessore di Montegrotto Ivano Marcolongo e alle dimissioni del sindaco Massimo Bordin. Era l’inizio del terremoto giudiziario alle Terme. Oggi ci si muove già tra le macerie. Due ore sono rimasti all’interno dell’abitazione di Luca Claudio i finanzieri. Tanto è durata la perquisizione che ha portato al sequestro di un paio di scatoloni pieni di documenti, un pc e un fucile. Ad osservare ammutoliti il via vai dei militari, dentro e fuori casa, il papà e la mamma di Claudio. Vigile e mansueto il suo Rotwailer nero che si aggira per il giardino come una mattina qualunque. Sono le 8.15 quando dalla porta di casa esce, scortato dai finanzieri, Luca Claudio. Ha una borsa con sè. Parte e sa che non tornerà così presto. Non abbassa lo sguardo davanti ai flash. Saluta: “Buon giorno”. Non si piega. Non lo ha mai fatto di fronte alle accuse che gli sono state rivolte. Men che meno da quelle arrivate dai suoi avversari politici. “Io sono innocente”, il manifesto che imita la copertina dell’ultimo album di Vasco Rossi con cui ha dato il via alla sua campagna elettorale. Un piccolo coupe de teathre per uno che lo show biz ha voluto carezzarlo da vicino, quando qualche anno fa accettò di recitare nel film “Camorra Live Show” girato alle Terme. Concepita come sequel di “Gomorra”, pellicola che non ha mai avuto distribuzione e il cui regista è finito inguaito da accuse di frode. «Sono innocente e lo dimostrerò, contro di me solo cattiverie e falsità»: uno sfondo onnipresente delle sue uscite pubbliche. Gli è sempre pesato quel marchio. “Indagato”. Abbastanza per i suoi oppositori politici per chiederne un anno fa le dimissioni, per scongiurare pochi mesi or sono la sua ricandidatura. Posizioni a cui lui sempre ha risposto facendo spallucce. Rilanciando. Alzando il tiro. Candidato e rieletto è stata la sua risposta. Oggi. Ma anche ieri. Quando, durante il suo secondo mandato a Montegrotto, ha rotto con i partiti di centrodestra, da Forza Italia ad Alleanza Nazionale che non lo candidarono al Parlamento, e si è presentato ad Abano con il suo Movimento dei Pirati. Vincendo in barba a destra e sinistra. Sopra le righe, ancora, quando ha denunciato e portato in tribunale il Comune di Napoli accusandolo di danno di immagine all’epoca dello scandalo dei rifiuti abbandonati per strada. Ha chiesto di poter salutare la mamma prima di essere caricato in auto e portato via. Claudio l’ha raggiunta a passi lenti, scalino dopo scalino, al primo piano della villetta accanto alla sua. Poche parole sussurrate, un forte abbraccio, gli occhi stretti, un bacio. Una discesa altrettanto lenta, quasi a guadagnare tempo. Libertà. Allontanare l’incubo che lo sta inghiottendo. Trova il tempo per salutare il cane che lo segue fuori dal cancello. «Non dovevano aspettare che fosse eletto» lo sfogo di papà Giorgio e mamma Graziella, «tanta gente ha sempre avuto invidia, l’ignoranza è la peggiore malattia. Contro nostro figlio c’è cattiveria, non la merita. Ha fatto tanto per Abano e Montegrotto. Non merita questa gogna. Dicono che ha soldi e case, allora perché ha il conto in rosso e i mutui da pagare? L’anno scorso abbiamo venduto l’appartamento in montagna per pagare l’avvocato». Da via Campagna Bassa a Montegrotto, Claudio viene portato al municipio di Abano. La voce del suo arresto si sta diffondendo. Ancora confusa, incerta. Ma le auto della finanza parcheggiate lì dove solo pochi giorni prima Claudio e i suoi sostenitori festeggiavano la sua rielezione, tra bottiglie di spumante alzate al cielo e bandiere sventolanti, attirano un numero crescente di persone. Pro e contro Claudio. Qui il clima è da stadio. E non da ieri. La guardia di finanza sale nell’ufficio del sindaco e ci rimane per poco più di un’ora. Claudio è con loro. Muti i dipendenti comunali. Fuori le reazioni da prima timide, diventano temerarie. In un senso o nell’altro: «Era ora». «Basta perseguitarlo». C’è attesa. Tutti vogliono vederlo. E quando esce, stretto tra i finanzieri, lo sguardo di Claudio è alto e fiero. Chi fischia, chi urla, chi scatta foto. Persino i turisti. «Strano tempismo» dice lui, «le accuse? Le solite». Scompare dentro l’auto, da dietro il finestrino saluta con un cenno della mano. L’acuto delle sirene strappa il re al suo regno e scoppia l’applauso. Soddisfazione, ironia: c’è spazio per tutto nel fragore che per pochi attimi riempie la piazza. In men che non si dica la folla si divide in capannelli. Con lui o contro di lui.

Le accuse dei deputati Pd Naccarato e Camani: «Troppe connivenze e omertà»
«Sistema del malaffare come al Sud»
Un «sistema del malaffare» fatto di «connivenze e complicità» che ha caratteristiche non ordinarie per la nostra regione. È l’opinione dei deputati del Pd Alessandro Naccarato e Vanessa Camani, che sul “sistema Claudio” allargano il raggio delle accuse anche oltre i contorni definiti ieri dalla Finanza. «Soltanto l’azione della magistratura ha consentito di rompere il muro di omertà che ha protetto a lungo gli autori di gravi reati – sottolineano i due parlamentari – Purtroppo è doloroso constatare che il sistema del malaffare delle Terme ha trovato alleati fondamentali nell’indifferenza e nella complicità di numerosi imprenditori e affaristi, soprattutto nel settore alberghiero e dell’edilizia, di una parte della struttura amministrativa dei comuni di Abano e Montegrotto, e di alcune istituzioni che avrebbero dovuto controllare e prevenire i reati». Accusa gravi che coinvolgono anche la recente tornata elettorale in cui la candidata del centrosinistra, Monica Lazzaretto, è risultata sconfitta di 467 voti al ballottaggio di domenica scorsa. «È evidente che la vittoria di Claudio alle elezioni è anche il risultato di queste connivenze e complicità che hanno consentito al sindaco e ai suoi sostenitori di svolgere una campagna elettorale nel segno dell’arroganza, dell’intimidazione e dell’impunità – affermano Naccarato e Camani – Basta ricordare le ripetute violazioni delle norme sulla propaganda, la distribuzione gratuita di cibi e bevande ai cittadini, modalità tipica delle zone più arretrate e più fragili, la presenza invadente nei seggi». Un parallelo evocato con le aree meno sviluppate del Paese: «Quanto accaduto è la conferma che anche i nostri territori sono esposti alle presenze criminali – proseguono i due dem – Per anni nella zona termale si sono affermate all’improvviso imprese con capitali di provenienza ignota che hanno potuto beneficiare di appoggi e favori istituzionali senza alcun controllo. Adesso il prefetto deve intervenire subito e affidare il comune a un commissario con il compito di riportare la legalità e di bonificare la pubblica amministrazione da pratiche irregolari e clientelari».

Monica Lazzaretto la sfidante: «La città è stata umiliata e non lo merita»
(Federico Franchin)
«Una parabola che inizia con il manifesto “Io sono innocente” e finisce con la Guardia di finanza ancora nel municipio di Abano»: stigmatizza così Monica Lazzaretto, sfidante del centrosinistra alle amministrative, la vicenda politica e giudiziaria di Luca Claudio. «C’è grande tristezza e tanta amarezza, la città è stata umiliata e non lo merita. In campagna elettorale abbiamo messo in guardia contro un candidato indagato perché si sapeva che poteva mettere a rischio l’amministrazione. Chi ha difeso allora gli interessi di Abano? Ora la città è allo sbando. Abbiamo già chiesto un incontro con il prefetto per sapere cosa succederà». Ieri pomeriggio Lazzaretto ha coalizzato un centinaio di persone davanti al municipio di piazza Caduti. Una manifestazione “contro le tangenti alle Terme”. «Denunciamo da anni un sistema che coinvolgeva imprenditori edilizi, albergatori, funzionari del Comune e amministratori» aggiunge la deputata del Pd Vanessa Camani, «oggi è necessario togliere la città dall’imbarazzo di un sindaco che ha preso in giro i cittadini». Non c’è solo il centrosinistra in piazza. Andrea Cosentino era candidato sindaco per il centrodestra: «Noi abbiamo sempre sostenuto che l’onestà albergava altrove e siamo vicini alle persone che da Claudio e il suo entourage in questi anni sono state ingiustamente attaccate. Credo che gli elettori dovranno fare una riflessione sulle loro scelte». Massimo Zambolin del Movimento 5 Stelle: «Avevamo chiesto a Claudio, indagato, di farsi da parte per il bene della città, non l’ha fatto e questi sono i risultati. Ora vogliamo trasparenza e chiarezza». Alessandro Boschieri del centrodestra di Montegrotto aggiunge: «L’arresto potevano farlo prima delle elezioni, non dopo. Noi abbiamo sempre denunciato il modo pressapochista con cui venivano gestiti certi appalti». Sabrina Talarico di Terme e Futuro, rincara: «Nei nostri anni di opposizione abbiamo sempre denunciato questo sistema di malaffare». Chi si era schierato contro Claudio è anche Michele Ghiraldo dell’Ascom: «Chi ne rimette in tutto questo è la città, invece del rilancio di cui ha bisogno si trova una nuova pesante zavorra». Emanuele Boaretto di Federalberghi è ancora incredulo: «Non riesco a capire come abbia potuto ricandidarsi senza tenere presente di essere indagato, sapendo che poteva andare a finire così. Che senso di responsabilità c’è in questo comportamento?».

Massimo Barcaro ex consigliere al Verde: «È solo una bolla di sapone»
(g.b. e f.fr.)
Monica Bordin, candidata a sindaco di Montegrotto Terme per il Movimento politico di Luca Claudio, arrivata terza alla recente consultazione elettorale alle spalle del neo primo cittadino Riccardo Mortandello e del candidato leghista Alessandro Boschieri, non ha digerito il comportamento dell’esponete del centrosinistra aponense Monica Lazzaretto e del suo staff alla notizia dell’arresto del sindaco di Abano: «Non ho mai visto tanta cattiveria nei confronti di una persona. Lo hanno insultato, hanno esultato per l’arresto, non mi pare umano» afferma Monica Bordin, «ho visto con i miei occhi una cosa indegna, proprio loro che predicano la tolleranza. Non è questo il comportamento che deve tenere chi amministra la cosa pubblica». La consigliera di minoranza di Montegrotto Terme parla di Luca Claudio come di una brava persona: «Gli sono amica, posso dire che sono pronta a mettere una mano sul fuoco che è innocente. Lo conosco molto bene. Non è giusto trattare in questo modo uno che per Abano e per Montegrotto ha lavorato tanto». Prende le distanze, invece, dall’ex sindaco di Montegrotto Terme, Massimo Bordin, di cui non è parente: «Massimo dopo che ha rassegnato le dimissioni da primo cittadino è completamente uscito dalla scena politica sampietrina, anche in occasione della campagna elettorale non si è fatto vedere nella città che ha amministrato». Voglia di resistere, di andare avanti: il gruppo vicino a Luca Claudio ieri ha provato a capire come muoversi, in serata si è tenuta una riunione del direttivo del suo Movimento: «Speriamo sempre che dimostri di essere innocente» spiega Enzo Tuis, amico e coordinatore del Movimento di Luca Claudio, «crediamo nella giustizia. Dispiace perché tutto ciò è successo dopo una campagna elettorale vinta. Dispiace per quanti hanno lavorato con lui e che gli vogliono bene». Per la squadra amministrativa di Claudio ad Abano parla l’ex consigliere con delega al Verde pubblico Massimo Barcaro. «Per noi è stato un fulmine a ciel sereno» osserva Massimo Barcaro, «io e la mia squadra continuiamo ad avere piena fiducia nel nostro sindaco. Sono certo che tutto si risolverà in una bolla di sapone. Aspettiamo presto Luca per governare assieme la nostra città. In questo momento vogliamo anche manifestare tutta la nostra vicinanza alla sua famiglia».
24 giugno 2016 mattino