In Birmania l’edizione 2014 del «Women’s Forum», che si propone di costruire il futuro con la visione delle donne. Tra i partecipanti anche la Nobel Aung San Suu Kyi
C’è un punto di caduta nella crisi di sistema italiana che più di altri fa di noi un «Paese senza»: la mancanza di visione della classe dirigente. Un aspetto che balza evidente tanto più se ci si confronta con altri Paesi europei. Prendiamo una questione tra le tante, quella femminile che oggi più precisamente si chiama gender gap, e un Paese tra quelli (apparentemente) più affini all’Italia, la Francia. Oramai quasi dieci anni fa a Parigi tre donne d’impresa, l’allora presidente degli imprenditori Laurence Parisot, la ceo di Areva (multinazionale del nucleare) Anne Lauvergeon, e Véronique Morali presidente di un gruppo di finanza del livello di Fimalac usarono lo strumento del networking per affrontare il problema, fondando il «Women’s Forum - for the economy and society», che si propone di «costruire il futuro con la visione delle donne».
In un Paese che non ha i problemi del gender gap che ci sono in Italia (per capirlo basta far due chiacchiere con qualche signora che lavora in Bnl su quanto son cambiate le cose dopo l’acquisizione da parte di Paribas) capirono che per meglio risolverlo in patria il problema andava internazionalizzato. A parte il livello e la quantità delle personalità coinvolte nel corso degli anni (uomini e donne, da Lagarde a Joseph Stieglitz), per stare solo all’ultimo week-end son riuscite a riattivare l’attenzione su processo democratico e gender gap in Birmania mettendo nello stesso panel il presidente Tien Tsien e la Nobel Aung San Suu Kyi, mentre in platea ad ascoltare seduti tra donne di tutto il mondo c’erano ministri, diplomatici, manager e intellettuali, e anche i vicepresidenti (uomini) di Edf e Sanofi.
Due giorni di lavoro, tra Nay Pyi Daw (la capitale del potere politico) e Yangoon, che il direttore generale del Forum Jacqueline Franjou ha organizzato con ritmi da Fondo Monetario tra plenarie e tavole rotonde. E in più non semplicemente gli sponsor sostenitori del convegno, ma i veri e propri partner: Chevron, Sanofi, Edf, Cartier, Airbus, Peugeot... Le grandi multinazionali francesi che, con una vera vision strategica, anche così si fan strada nel mondo. Per stare al futuro prossimo, il Women’s Forum nel 2015 terrà analoghi convegni in Belgio, Brasile, Italia, Giappone e Messico.
E in Italia? Nel paese a più alto tasso di femminicidi in Europa non ci si chiede nemmeno se, dato che i modelli sociali si trasmettono in modalità top-down, non sia proprio l’irrilevanza dei meriti e il disprezzo del valore delle donne nel mondo del lavoro e nel pubblico dibattito a trasmettere alla società tutta il disvalore delle donne, al punto che si diffonde a ritmi allarmanti la violazione dell’integrità fisica. In Italia, nel «sistema frantumato», come lo chiama Giuseppe De Rita, su donne e gender gap ci si ferma a generiche dichiarazioni di principio. Mentre altrove è tutta la società, a cominciare da rappresentanti istituzionali e imprese, che si muove, che agisce. In Italia, nella vulgata dei nostri decision makers, i convegni non servono a nulla. Infatti nel frattempo le multinazionali e i politici francesi...
STAMPA 15/12/2014 Antonella Rampino