Ville venete accerchiate
mar 7th, 2013 by ecopolisnewsletter
battaglia-terme-castello-catajo-vista-camperSconcertante. L’indice padovano degli insediamenti commerciali legati alla grande distribuzione è quasi il triplo, in termini di superficie, rispetto agli standard europei ed ogni giorno nei centri urbani decine di piccoli e medi negozi sono costretti a chiudere. Eppure si continuano a realizzare nuovi mega centri commerciali che, consentiti da varianti urbanistiche, quasi sempre si collocano in luoghi estremamente sensibili da un punto di vista paesaggistico ed ambientale.
E’ questo ad esempio il caso del nuovo centro commerciale previsto dal Comune di Abano ai confini del complesso monumentale di Ca’ Mocenigo che, oltre alla bella villa settecentesca in cui soggiornò Casanova, comprende un oratorio, due barchesse, magazzini e diversi essiccatoi per il tabacco, un tempo coltivato nelle vicine campagne. Una testimonianza fondamentale dell’opera di bonifica e valorizzazione agricola avviata dal XV secolo dalla nobile famiglia veneziana nell’entroterra veneto.
Più clamoroso è il caso del centro commerciale progettato nel territorio del Comune di Due Carrare. Un ecomostro, lungo 290 metri, con una superficie coperta di quasi 3 ettari e con parcheggi scoperti per 800 posti auto. Il nuovo insediamento cementifica irreversibilmente terreni utilizzati a fini agricoli, ma soprattutto deturpa il contesto di due tra i più importanti complessi monumentali del Veneto: il Castello del Catajo e Villa Dolfin, in un territorio scampato all’alluvione di capannoni, villette e condomini, che caratterizza tanta parte della campagna veneta.
La costruzione del Castello del Catajo, alle pendici del Parco dei Colli Euganei, venne avviata nel XVI secolo. Motivi d’interesse per le molte migliaia di turisti italiani e stranieri che ogni anno lo visitano sono la presenza a sud di un ampio parco comprendente numerose piante secolari di magnolia e di sequoia, le prime importate in Europa dall’America, la vista ad ovest di una delle valli più integre e suggestive del Parco dei Colli Euganei e la vista ad est (là dove si vuol far sorgere il nuovo centro commerciale) di un paesaggio agrario di pianura, coltivato a vigneti e seminativi e solo marginalmente compromesso dal passaggio dell’autostrada.
Ai confini dell’area destinata al centro commerciale vi è anche la tenuta – vincolata come bene monumentale dalla Soprintendenza – di Villa Dolfin, sede di una fiorente azienda agricola. La villa, di impronta palladiana, ed il parco trovano definizione alla fine del ‘700, ma già nel 1382 Marietta moglie del veneziano Francesco Durnier dichiarava di possedere una “casa con cortivo, orto e brolo e altre Comodità per comodo di stanziar quando si va in Villa”.
Certo i nuovi insediamenti non insistono sulle aree sottoposte a vincolo, “limitandosi” a lambirne i perimetri e a deturparne visuali e il contesto paesaggistico. Ma è proprio questo il meccanismo che – come ha denunciato Salvatore Settis – più ha contribuito alla sistematica distruzione del paesaggio della campagna veneta, un tempo ammirata e celebrata in tutta Europa. Osserva Settis che troppo spesso «la tutela di un tesoro monumentale si è fermata un centimetro oltre la recinzione, come se il valore di quel tesoro non fosse anche l’essere inserito in un determinato spazio». Una osservazione che trova conferma nella ricerca del prof. Tiziano Tempesta, che ha monitorato 3.782 ville costruite tra il Seicento ed il Settecento, scoprendo che solo il 22% di queste si può considerare ancora inserite in un contesto pienamente agricolo.
Se si distruggono le relazioni un tempo esistenti tra le ville e la campagna circostante, se si dimentica che per secoli le ville venete sono state i centri propulsori dell’organizzazione del territorio dal punto di vista agricolo, le ville stesse, anche quando dignitosamente conservate, si trasformano inevitabilmente in lacerti decontestualizzati, in «… frammenti “simbolici”, che sopravvivono senza dignità e senza respiro soffocati dalle brutture» (Salvatore Settis).
Viene così cancellata una delle qualità fondamentali del paesaggio, la cui bellezza deriva dall’unitarietà della visione d’insieme, dall’equilibrio e dall’armonia tra le parti e dalla possibilità di percepirne i fattori strutturanti e le regole che ne hanno orientato l’evoluzione nel corso della storia.
Riteniamo che Enti locali e Regione non possano restare indifferenti di fronte a tanto scempio perché l’alluvionamento urbanistico non deriva da una ineluttabile calamità naturale, bensì da precise scelte di pianificazione e programmazione territoriale.
Sergio Lironi – Presidente Onorario Legambiente Padova. A cura della Redazione di Ecopolis