Il testimone mamma-figlio vale l'oro per tutti e due
Inviato: mer ago 11, 2021 12:12 pm
I tanti messaggi dell'Olimpiade. Il testimone mamma-figlio vale l'oro per tutti e due
Il testimone mamma-figlio vale l'oro per tutti e due
Angelo Scelzo martedì 10 agosto 2021 Avvenire
La sua corsa a ostacoli, l’Olimpiade l’ha vinta, e senza bisogno di andare a consultare la graduatoria dei contagi. Il Covid è stato tenuto alla larga dal Villaggio, e se questo vale già un podio, c’è qualcosa che è andato oltre e che, ora, a giochi fatti e chiusi, si manifesta come un valore aggiunto. Per un mese, la pandemia è stata spostata un po’ più in là, almeno sul piano mediatico, da imprese sportive quasi tutte provviste di allegati importanti, talvolta più degli stessi aspetti agonistici.
Le storie che si portano dietro le vicende olimpiche, spesso al di là e al di sotto del podio, non sono mai banali, ma stavolta è parso che la corsa all’oro, all’argento e al bronzo, avesse come obiettivo primario proprio quello di afferrare oltre il traguardo, e portarle alla ribalta, le altre facce di medaglie lustrate innanzitutto di umanità. E di quella così speciale e profonda che bisogna andarla a scovare, magari a inseguire con una strepitosa frazione in curva nella staffetta 4x100, com’è accaduto a Eseosa Fostine Desalu, Fausto, per tutti, italiano di Casalmaggiore, mamma nigeriana, Veronica, badante in una famiglia di Parma, lavori anche più duri alle spalle, come raccogliere pomodori nei campi. L’oro del figlio sul podio olimpico, ha fatto scoprire l’oro di una madre sul podio della vita. È difficile dire quale dei due possa valere di più, ma certo quella volata non riguardava solo il cronometro; non si trattava di una corsa contro, bensì, a favore del tempo: di questo tempo così difficile e tormentato che, in fondo al traguardo, stavolta, svelava il volto nascosto di una donna-speranza, che il figlio, anche a volerlo, non poteva tenere nascosta.
Non era giusto, sopratutto, che non si sapesse di lei, dei suoi sacrifici, del suo senso del dovere e di una saggezza quasi fuori misura che neppure di fronte al figlio campione, le ha consentito di mettere da parte gli ammonimenti della vita ordinaria: spendere solo quello che si possiede, cambiare le scarpe solo quando le vecchie sono consumate. Davvero valeva la pena che Fausto corresse più forte del vento perché la sua vittoria, al traguardo, aprisse anche la strada dell’incontro, per tutti noi, con la donna-coraggio che lo ha messo sulla pista giusta della vita, per farlo poi volare su quella della garamedaglia. Quando non è roba artefatta, lo sport sa parlare da solo, e mostra di saperla lunga sulla vita. Non potrebbe, altrimenti, intrecciare una dopo l’altra le tante storie di un’olimpiade che è stata, a sua volta, la storia compiuta di una frazione di tempo, una piccola staffetta che ha fatto irruzione in un ordinario quotidiano che aveva bisogno di una scossa.
A loro modo i giochi di Tokyo hanno preso sul serio il bisogno, anzi la pandemia di speranza che era nell’aria, più forte e contagiosa di tutti i virus e varianti messi insieme. Non a caso, forse, proprio a noi, al nostro Paese che ha pagato il prezzo più alto al perfido banco del Covid, è toccata la quota parte più abbondante dei sorrisi e dei salti di gioia, dello stupore e della sfrenata allegria che un’olimpiade riesce a regalare. A quest’Italia che ha fatto il pieno di medaglie e, ancor più di aggettivi, non è mancato infine una sorta di risarcimento dovuto. È accaduto anche perché queste Olimpiadi, fin dal principio, hanno mostrato di volersi confrontare con il Covid a campo largo e non solo quindi sotto il profilo sanitario, proponendosi come una provvisoria ma non velleitaria postazione di speranza per un mondo disorientato.
Era naturale che dal suo laboratorio uscissero storie da medaglia e da podio, ed è certo che non esisteva palestra e tempo migliore per mettere insieme un’alternativa più credibile. Si può, e forse si deve, vedere in questo il segno che la storia, come la vita, non gira a caso e che, soprattutto, sa non solo scegliere ma confrontare i suoi momenti forti. Ora che la fiamma è spenta, tocca più che mai ricordare che il medagliere finale è solo uno degli indici, e non il più importante, di una vicenda che, in un certo senso, è stata costretta ad essere più importante della sua stessa storia. Aveva troppe cose da dire, e tutte in una volta, l’olimpiade al tempo del Covid, per accontentarsi di distribuire medaglie e basta.
Ha così mandato allo scoperto messaggeri inattesi, se non proprio improbabili, per raccontare e aggiornare a questi tempi difficili, il meglio delle sue storie, sotto le voci, non proprio scontate di accoglienza, integrazione, multiculturalismo. Mamma Veronica, una badante le ha riassunte tutte. È stata lei a dare il testimone giusto nelle mani di Fausto perché lo portasse al traguardo. Con l’oro al collo e il cuore in gola, Fausto è andato oltre. Si è fatto egli stesso testimone. E ha ceduto il passo, a mamma Veronica, sul podio della vita. Davvero valeva la pena correre più forte del vento...
Il testimone mamma-figlio vale l'oro per tutti e due
Angelo Scelzo martedì 10 agosto 2021 Avvenire
La sua corsa a ostacoli, l’Olimpiade l’ha vinta, e senza bisogno di andare a consultare la graduatoria dei contagi. Il Covid è stato tenuto alla larga dal Villaggio, e se questo vale già un podio, c’è qualcosa che è andato oltre e che, ora, a giochi fatti e chiusi, si manifesta come un valore aggiunto. Per un mese, la pandemia è stata spostata un po’ più in là, almeno sul piano mediatico, da imprese sportive quasi tutte provviste di allegati importanti, talvolta più degli stessi aspetti agonistici.
Le storie che si portano dietro le vicende olimpiche, spesso al di là e al di sotto del podio, non sono mai banali, ma stavolta è parso che la corsa all’oro, all’argento e al bronzo, avesse come obiettivo primario proprio quello di afferrare oltre il traguardo, e portarle alla ribalta, le altre facce di medaglie lustrate innanzitutto di umanità. E di quella così speciale e profonda che bisogna andarla a scovare, magari a inseguire con una strepitosa frazione in curva nella staffetta 4x100, com’è accaduto a Eseosa Fostine Desalu, Fausto, per tutti, italiano di Casalmaggiore, mamma nigeriana, Veronica, badante in una famiglia di Parma, lavori anche più duri alle spalle, come raccogliere pomodori nei campi. L’oro del figlio sul podio olimpico, ha fatto scoprire l’oro di una madre sul podio della vita. È difficile dire quale dei due possa valere di più, ma certo quella volata non riguardava solo il cronometro; non si trattava di una corsa contro, bensì, a favore del tempo: di questo tempo così difficile e tormentato che, in fondo al traguardo, stavolta, svelava il volto nascosto di una donna-speranza, che il figlio, anche a volerlo, non poteva tenere nascosta.
Non era giusto, sopratutto, che non si sapesse di lei, dei suoi sacrifici, del suo senso del dovere e di una saggezza quasi fuori misura che neppure di fronte al figlio campione, le ha consentito di mettere da parte gli ammonimenti della vita ordinaria: spendere solo quello che si possiede, cambiare le scarpe solo quando le vecchie sono consumate. Davvero valeva la pena che Fausto corresse più forte del vento perché la sua vittoria, al traguardo, aprisse anche la strada dell’incontro, per tutti noi, con la donna-coraggio che lo ha messo sulla pista giusta della vita, per farlo poi volare su quella della garamedaglia. Quando non è roba artefatta, lo sport sa parlare da solo, e mostra di saperla lunga sulla vita. Non potrebbe, altrimenti, intrecciare una dopo l’altra le tante storie di un’olimpiade che è stata, a sua volta, la storia compiuta di una frazione di tempo, una piccola staffetta che ha fatto irruzione in un ordinario quotidiano che aveva bisogno di una scossa.
A loro modo i giochi di Tokyo hanno preso sul serio il bisogno, anzi la pandemia di speranza che era nell’aria, più forte e contagiosa di tutti i virus e varianti messi insieme. Non a caso, forse, proprio a noi, al nostro Paese che ha pagato il prezzo più alto al perfido banco del Covid, è toccata la quota parte più abbondante dei sorrisi e dei salti di gioia, dello stupore e della sfrenata allegria che un’olimpiade riesce a regalare. A quest’Italia che ha fatto il pieno di medaglie e, ancor più di aggettivi, non è mancato infine una sorta di risarcimento dovuto. È accaduto anche perché queste Olimpiadi, fin dal principio, hanno mostrato di volersi confrontare con il Covid a campo largo e non solo quindi sotto il profilo sanitario, proponendosi come una provvisoria ma non velleitaria postazione di speranza per un mondo disorientato.
Era naturale che dal suo laboratorio uscissero storie da medaglia e da podio, ed è certo che non esisteva palestra e tempo migliore per mettere insieme un’alternativa più credibile. Si può, e forse si deve, vedere in questo il segno che la storia, come la vita, non gira a caso e che, soprattutto, sa non solo scegliere ma confrontare i suoi momenti forti. Ora che la fiamma è spenta, tocca più che mai ricordare che il medagliere finale è solo uno degli indici, e non il più importante, di una vicenda che, in un certo senso, è stata costretta ad essere più importante della sua stessa storia. Aveva troppe cose da dire, e tutte in una volta, l’olimpiade al tempo del Covid, per accontentarsi di distribuire medaglie e basta.
Ha così mandato allo scoperto messaggeri inattesi, se non proprio improbabili, per raccontare e aggiornare a questi tempi difficili, il meglio delle sue storie, sotto le voci, non proprio scontate di accoglienza, integrazione, multiculturalismo. Mamma Veronica, una badante le ha riassunte tutte. È stata lei a dare il testimone giusto nelle mani di Fausto perché lo portasse al traguardo. Con l’oro al collo e il cuore in gola, Fausto è andato oltre. Si è fatto egli stesso testimone. E ha ceduto il passo, a mamma Veronica, sul podio della vita. Davvero valeva la pena correre più forte del vento...