«Ho reso il mio corpo invisibile. E oggi porto i graffi ...

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«Ho reso il mio corpo invisibile. E oggi porto i graffi ...

Messaggioda lidia.pege » mar mar 16, 2021 11:51 am

«Ho reso il mio corpo invisibile. E oggi porto i graffi della mia battaglia vinta»

«A diciassette anni pesavo 28 chili» racconta Anna Latino, un passato pesantissimo da malata di anoressia da cui è uscita reinventandosi. Ma oggi lancia l’allarme: «La cattività a cui costringe il Covid può essere esplosiva per chi soffre di disturbi alimentari»
di Sara Dellabella
12 Marzo 2021 Espresso

La fotografia è il contrario dell'anoressia. Una è immagine, l'altra scomparsa. Così Anna Latino, racconta la sua malattia e il suo percorso di rinascita, attraverso una mostra che sarà allestita nei prossimi mesi a Ronchi dei Legionari, famosa per il festival del giornalismo “Leali delle notizie” e per aver inventato le panchine per la libertà di informazione. Della malattia oggi restano le cicatrici che oggi questa donna, impiegata in banca e madre, ama definire come i “graffi di una battaglia vinta”.

«A diciassette anni pesavo 28 chili. Ho annullato il mio corpo per rendermi intoccabile e sfuggire a un padre possessivo – racconta - ogni giorno mangiavo solo una scatola di piselli, avevo calcolato 80 calorie per 100 grammi. Perché i piselli? Perché la loro forma sferica ricorda la perfezione. Le anoressiche sono molto attaccate a questo ideale di perfezione. Mi ricordo che da un giorno all'altro, avendo i muscoli corrosi, non riuscivo più a camminare e prendevo le gambe con le mani per alzarmi. Avevo perso anche i capelli».

Dopo la maturità inizia il percorso di cura, soprattutto psicologica, anche se non privo di nuovi problemi e violenze. Un percorso svolto per recuperare la dimensione di sé, il prendersi cura di sé stessa e degli altri, recuperando una sfera emotiva. In questo l'essere diventata madre e il rapporto con la natura è stato fondamentale. Grazie alla fotografia, Anna ha la possibilità di raccontare il corpo di una donna che ha ritrovato le sue forme, quelle che erano scomparse dentro a una scatola di piselli, che ne aveva annullato l'immagine per diventare invisibile. Per anni quello scheletro è stato nascosto dentro maglioni molto larghi e oggi il corpo torna in mostra senza volgarità. Non si tratta, come spesso superficialmente si vuol far credere, che tutto nasca dalla visione di modelli sbagliati ci tiene a precisare Anna. «In adolescenza nascondevo il seno, avevo quelle problematiche di una ragazza che sta sviluppando un corpo da donna e lo rifiuta. L'accettazione di questi cambiamenti non è sempre facile. I media ci propongono sempre immagini perfette, che nascondono i difetti delle modelle». Ma precisa: «L'anoressia non è la visione di una rivista di moda. È una difficile decisione dell'individuo che decide di auto condannare il proprio corpo a una fustigazione incredibile. Ho mangiato per due anni solo piselli per rendere il mio corpo invisibile. Io l'ho scelto per sfuggire ad alcune problematiche, non perché volessi assomigliare a quello che vedevo nelle riviste».

Oggi Anna è una persona che parla del suo passato, con la consapevolezza di aver recuperato oltre alla propria immagine anche una serenità relazionale che l'aiuta a vedere le cose con uno sguardo diverso. Però ha una figlia adolescente e la preoccupazione che questo disturbo possa manifestarsi in sua figlia c'è.

La testimonianza
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«Soprattutto per chi ha problematiche in ambito familiare il Covid non aiuta. Questa cattività a cui siamo tutti un po' costretti per chi cova disagio può essere esplosiva». In effetti, da nord a sud, gli esperti hanno già lanciato un allarme per quanto riguarda i disturbi alimentari che hanno colpito gli adolescenti nell'ultimo anno. L’Osservatorio epidemiologico del ministero della Salute ha messo in evidenza un aumento di casi post lockdown, da febbraio a maggio 2020, del 30% in bambini e preadolescenti. Anche l’Istituto Superiore della Sanità ha evidenziato il rischio di ricaduta o peggioramento della problematica, alla quale si aggiunge l’aumento del rischio di infezione da Covid-19 in chi soffre di disturbi o disordini dell’alimentazione, la possibile comparsa di questa tipologia di disturbo e la scarsità dell’offerta di trattamenti psicologici e psichiatrici nel corso dell’emergenza Covid-19. Molti centri non erano pronti alla terapia a distanza e così il servizio è rimasto scoperto durante le chiusure imposte dal governo.

Il Ministero della Salute calcola che in Italia siano 3 milioni le persone che soffrono di disturbi del comportamento alimentare, numeri che con il lockdown sono destinati ad aumentare tanto che sono parecchi i territori che stanno lanciando l'allarme. Solo alcuni giorni fa, un gruppo di associazioni e consiglieri comunali calabresi hanno chiesto al Ministero di attivare un centro per i disturbi alimentari nella regione, perché oggi chi ha bisogno di cure deve percorrere centinaia di chilometri, essendone la regione sprovvista. Infatti, l'Italia può contare su 146 centri che però non sono equamente distribuiti sul territorio nazionale, con una concentrazione maggiore al nord e il sud che rimane fanalino di coda anche in questo campo. Così se in Calabria c'è chi chiede l'attivazione di almeno un centro, più a nord, in Lombardia, a metà febbraio è stata approvata una legge regionale sui disturbi alimentari che prevede un investimento di 1,5 milioni di euro per i prossimi tre anni per la prevenzione e la cura. Testimonial del provvedimento, Ambra Angiolini, autrice del libro “InFame” in cui, l'attrice racconta come ha superato i suoi problemi di bulimia. Ogni anno sono circa 25mila i casi di anoressia accertati tra le giovani donne e almeno 100mila quelli di bulimia. Nel 2019 solo in Lombardia sono stati erogati servizi nel sostegno e nella cura di queste malattie a 3mila soggetti e ad almeno 1500 minori.

Così se molti si sono mostrati masterchef durante il lockdown, tanti altri hanno riversato in maniera patologica sul cibo la propria ansia e aggressività. A spiegarlo è Raffaele Bracalenti, Presidente dell'Istututo Psicanalitico per le ricerche sociali (Iprs) e direttore della rivista Dromo. «L’esperienza congiunta dell’aumentata attenzione e investimento sul cibo e la drastica riduzione di occasioni di socialità e di sport sta comportando mediamente un aumento ponderale, che può produrre un aumento dell’ansia legata al corpo e al consumo di cibo» aggiunge «questo percorso, legato anche all’aumento dell’angoscia di morte provocata dal quotidiano bollettino delle vittime del Covid e dal clima generale, crea una potenziale e più generale crisi rispetto al corpo: da una certa onnipotenza transumanistica, in cui le moderne biotecnologia parevano promettere quasi una prospettiva di potenziale immortalità, siamo tornati a una forte fragilizzazione dell’idea di corpo, con tutto quello che questo comporta».

Il 15 marzo, Giornata nazionale del fiocchetto lilla dedicata a disturbi del comportamento alimentare, non un giorno per scambiarsi gli auguri, ma per riflettere sull'ennesimo effetto collaterale generato da un virus che dalla Cina ha cambiato il nostro modo di vivere.
Lidia Pege
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