Non scordare le badanti. Vaccinare prima chi si «prende cura»
Avvenire
Francesco Riccardi sabato 21 novembre 2020
Nel 'Piano vaccini' stilato dal supercommissario Domenico Arcuri c’è una piccola falla. Una dimenticanza, quantomeno, in quello che, per il suo carattere preliminare, chiamare 'Piano' in effetti è un po’ azzardato. Comunque, fra le categorie destinatarie del vaccino in via prioritaria vengono giustamente indicati il personale sanitario e quello delle Rsa. Mancano invece le badanti, figura tanto fondamentale nella nostra organizzazione sociale, quanto negletta.
Le badanti (e i badanti, seppure minoritari) sono imprescindibili per la cura dei nostri anziani. I lavoratori domestici assunti regolarmente sono 'solo' 860mila, di cui circa il 45% come badante, ma si calcola che esercitino questo mestiere complessivamente non meno di 2 milioni di cittadini (italiani, comunitari ed extra), la gran parte impegnata a vario titolo proprio nell’assistenza agli anziani. Secondo una ricerca della Fondazione Leone Moressa svolta per conto di Domina, infatti, si stima che siano fra 800mila e 1 milione i nostri nonni accuditi giorno e notte, o per alcune ore, da personale domestico in parte italiano e in maggioranza straniero (77%), donna nel 90% dei casi, per oltre la metà ultracinquantenne.
Ebbene, offrire in via prioritaria la vaccinazione a questo piccolo esercito di badanti avrebbe un doppio vantaggio. Anzitutto, mettere maggiormente al riparo dal contagio fino a un milione di anziani che viene accudito a casa e non nelle Rsa (con un risparmio per lo Stato di 15 miliardi di euro).
E inoltre, permettere ad altrettanti figli e nipoti di continuare a lavorare in tranquillità. Resta il problema di raggiungere davvero tutte le badanti, quelle messe in regola e le lavoratrici in nero, con un’efficace campagna vaccinale. Associazioni come le Acli e l’Assindat-colf, che ha lanciato un appello in questo senso al governo, potrebbero però agevolare l’individuazione dei soggetti da sottoporre a profilassi. E perfino favorire un’emersione dal nero, come ulteriore risultato positivo.
Per l’ultima sanatoria, infatti, sono state presentate oltre 170mila domande riguardanti il lavoro domestico, a testimonianza che in questo comparto ci sono molte posizioni lavorative, anche coperte da personale italiano e comunitario, che se incentivate possono emergere. Sull’accesso ai vaccini e le priorità riguardo alla loro somministrazione si sono sviluppati diversi filoni di riflessione e dibattito, tanto sul piano pratico quanto su quello più propriamente etico. Individuare una corretta gerarchia d’intervento non è certo né semplice né moralmente neutro, anzi si delinea come un vero dilemma.
Tuttavia, uno dei criteri da prendere in considerazione è proprio quello di 'privilegiare' coloro che si prendono cura degli altri: medici, infermieri, operatori socio-sanitari, badanti appunto e poi caregiver familiari, insegnanti, fino via via a forze dell’ordine, personale dei servizi essenziali, eccetera. Perché, nella sua essenza, il vaccino non è solo una protezione individuale, ma rappresenta assieme una forma di difesa che si mette in atto per chi ci sta accanto e una responsabilità che ci si assume nei confronti della collettività. È una 'cura' a cui chi 'si prende cura' dovrebbe poter aver accesso in via prioritaria.