Legambiente, inquinate l'85% delle città italiane. Roma e Milano tra le peggiori
Solo 15 su 97 raggiungono un voto superiore alla sufficienza. Bocciatura totale anche per Torino, Palermo e Como che non hanno mai rispettato i parametri dell'OMS. Sotto accusa innanzitutto il traffico
di ALESSANDRO FARRUGGIA NAZIONE
Il rapporto di Legambiente sulla qualità dell'aria in Italia
Roma, 30 settembre 2020 - L'emergenza Covid 19 non cancella l'emergenza inquinamento atmosferico. L'ha rallentata per qualche mese ma ora si ripropone in tutta la sua gravità e urgenza. Una gravità che contribuisce anche a determinare condzoni più favorevli perchè l'epidemia di coronavirus sia più letale. L'indagine 'Mal'aria - edizione speciale' di Legambiente è come al solito puntuale nel misurare lo stato di salute dell'aria delle nostre città.
"Delle 97 città di cui si hanno dati su tutto il quinquennio analizzato (2014 – 2018) - scrive Legambiente - solo l'15% (ossia 15) raggiungono un voto superiore alla sufficienza: Sassari (voto 9), Macerata (8), Enna, Campobasso, Catanzaro, Grosseto, Nuoro, Verbania e Viterbo (7), L’Aquila, Aosta, Belluno, Bolzano, Gorizia e Trapani (6). Pistoia, Pisa, Ascoli Piceno, Savona, Siracusa, Reggio Calabria 5. Ravenna, Cagliari, Sondrio, Livorno, Massa hanno 4. Firenze, Napoli, Arezzo, Reggio Emilia, Ancona, Prato, Pesaro, Perugia, Bari, Genova, Rimini, Modena, Brescia hanno 3, Bergamo 2, Bologna, Trento e Monza e Novara 1.
Sassari prima della classe con voto 9 in quanto dal 2014 al 2018 ha sempre rispettato i limiti previsti dall’OMS per le polveri sottili (Pm10 e Pm2,5) e per il biossido di azoto (NO2) ad eccezione degli ultimi 2 anni in cui solo per il Pm10 il valore medio annuo è stato di poco superiore al limite OMS; analoghe considerazioni con Macerata (voto , in quanto pur avendo sempre rispettato nei 5 anni i limiti, per il Pm2,5 non ci sono dati a supporto per gli anni 2014, 2015 e 2016 che quindi la penalizzano. Le altre città sopra la sufficienza, pur avendo spesso rispettato i limiti suggeriti dall’OMS mancano di alcuni dati in alcuni anni, a dimostrazione che per tutelare la salute dei cittadini bisognerebbe comunque garantire il monitoraggio ufficiale in tutte le città di tutti quegli inquinanti previsti dalla normativa e potenzialmente dannosi per la salute. La maggior parte delle città – l’85% del totale – sono sotto la sufficienza e scontano il mancato rispetto negli anni soprattutto del limite suggerito per il Pm2,5 e in molti casi anche per il Pm10. Fanalini di coda le città di Torino, Roma, Palermo, Milano e Como (voto 0) perché nei cinque anni considerati non hanno mai rispettato nemmeno per uno solo dei parametri il limite di tutela della salute previsto dall’OMS".
Legambiente punta il dito sul traffico come driver principale dell'inquinamento urbano. "Le auto e il traffico - osserva il rapporto - sono al centro del problema nelle città. Gli altri settori (i riscaldamenti appunto, ma anche le industrie e l’agricoltura su tutte), hanno sicuramente le loro responsabilità e contribuiscono anch’esse all’inquinamento atmosferico nel nostro Paese, ma il loro ruolo inizia ad essere più rilevante su una scala più ampia, regionale o nazionale, mentre nelle città il contributo più determinante all’inquinamento è dovuto al traffico. Al di là di casi particolari di grandi zone industriali o portuali prossime alle aree urbane e residenziali e che possono ovviamente incidere notevolmente sulla qualità dell’aria (come Aosta, Terni, Vicenza e le relative acciaierie o le città con porti commerciali e turistici come Genova, Napoli, Palermo), gli studi delle autorità e del mondo scientifico confermano che la sfida dell’inquinamento nelle città risiede nella riduzione del traffico veicolare, accompagnato da misure strutturali che vadano ad incidere anche su settori come l’agricoltura, il riscaldamento domestico e le industrie appunto che hanno una forte incidenza in termini di emissioni nelle aree esterne alle città, su una scala quindi regionale".
Legambiente chiede al Governo e alle Regioni più coraggio e impegno sul fronte delle politiche e delle misure da mettere in campo per avere dei risultati di medio e lungo periodo. Un coraggio che per Legambiente è mancato alle quattro regioni dell’area padana (Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte e Veneto) che, ad esempio, hanno preferito rimandare all’anno nuovo il blocco alla circolazione dei mezzi più vecchi e inquinanti Euro4 che sarebbe dovuto scattare questo 1 ottobre nelle città sopra i 30 mila abitanti. Una mancanza di coraggio basata sulla scusa della sicurezza degli spostamenti con i mezzi privati e non pubblici in tempi di Covid, o sulla base della compensazione delle emissioni inquinanti grazie alla strutturazione dello smart working per i dipendenti pubblici.
“Per tutelare la salute delle persone – osserva Giorgio Zampetti, Direttore Generale di Legambiente - bisogna avere coraggio e coerenza definendo le priorità da affrontare e finanziare. Le città sono al centro di questa sfida, servono interventi infrastrutturali da mettere in campo per aumentare la qualità della vita di milioni di pendolari e migliorare la qualità dell’aria, puntando sempre di più su una mobilità sostenibile e dando un’alternativa al trasporto privato. Inoltre serve una politica diversa che non pensi solo ai blocchi del traffico e alle deboli e sporadiche misure anti-smog che sono solo interventi palliativi. Il governo italiano, grazie al Recovery Fund, ha un’occasione irripetibile per modernizzare davvero il Paese, scegliendo la strada della lotta alla crisi climatica e della riconversione ecologica dell’economia italiana. Non perda questa importante occasione e riparta dalle città incentivando l’utilizzo dei mezzi pubblici, potenziando la rete dello sharing mobility e raddoppiando le piste ciclopedonali. Siamo convinti, infatti, che la mobilità elettrica, condivisa, ciclopedonale e multimodale sia l’unica vera e concreta possibilità per tornare a muoverci più liberi e sicuri dopo la crisi Covid-19, senza trascurare il rilancio economico del Paese”.