Quello che la futura mamma non chiede

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Quello che la futura mamma non chiede

Messaggioda lidia.pege » mer giu 10, 2020 6:22 am

Quello che la futura mamma non chiede

Errori da evitare e trattamenti personalizzati
Il fenomeno delle nascite zero è legato anche a una scarsa conoscenza del proprio orologio biologico

NOEMI PENNA Stampa
09 Giugno 2020

In Italia una coppia su cinque ha difficoltà ad avere figli, con inevitabili conseguenze sotto il profilo psicologico, personale e di coppia. Il fenomeno delle «nascite zero» è legato anche a tanti vincoli: si va alla ricerca della stabilità lavorativa, di un compagno o di una compagna, di una casa e poi, quando si decide di assecondare il proprio orologio biologico, spesso è tardi. L’infertilità è a tutti gli effetti una patologia, riconosciuta come tale anche dall’Oms.

«Una malattia sociale», la definisce la ginecologa Daniela Galliano, direttrice del centro fertilità Ivi di Roma, autrice di «Quanto ti vorrei. Come la scienza medica ti aiuta ad avere un figlio». Un libro-guida - edito da Piemme, a sostegno della Onlus «A mano a mano» per il contrasto della discriminazione e della violenza su donne e bambini - per le coppie per cui un figlio è un sogno difficile da realizzare.

«Nonostante l’infertilità sia a tutti gli effetti una patologia, mi chiedo perché non ci sia la stessa attenzione per prevenirla, così come facciamo per altre malattie. Purtroppo c’è molta disinformazione, a partire dagli stessi medici e ginecologi che rischiano di far perdere tempo prezioso», spiega Galliano. Sì, perché la fertilità è spesso una questione di tempo, soprattutto per le donne. «Infertilità non è sinonimo di sterilità, che è una condizione permanente. Per diagnosticarla la letteratura mette il limite di un anno: se in 12 mesi di tentativi non si arriva a una gravidanza, si può parlare di infertilità. Peccato che sopra i 35 anni ogni mese perso è un’occasione sprecata: intervenire subito, anche dopo sei mesi di tentativi, è l’opzione migliore».

I consigli. «Il primo messaggio da dare alle coppie alla ricerca di un bambino è di non perder tempo. Poi è essenziale avere rapporti sessuali regolari: potrebbe sembrare scontato, ma dai racconti dei miei pazienti purtroppo così non è. Per le donne è importante controllare l’ovulazione e mantenere uno stile di vita sano: nicotina, alcolici, obesità e malattie sessualmente trasmesse trascurate sono i primi nemici della fertilità. Il 10% dei casi di infertilità è dovuta al tabagismo. Poi c’è sempre il fattore età. Mentre gli uomini anche a 60 anni possono avere spermatozoi in forma, le donne possono andare incontro a menopausa precoce o a condizioni di bassa riserva ovarica anche in età giovane».

La prevenzione. Oltre a uno stile di vita sano e a controlli medici periodici, per le donne esiste una forma di prevenzione che in poche tengono in considerazione, nonostante la sua efficacia. «E’ la preservazione degli ovociti: un prelievo di cellule dalle ovaie, crioconservate fino a quando non si deciderà di avere un figlio. Un prelievo che andrebbe fatto in giovane età, quando non si pensa a mettere su famiglia, ma in grado di fare la differenza. Rispetto al passato - prosegue Galliano - la crioconservazione ha fatto passi da gigante. Prima servivano due ore per congelare un ovocita, il che poteva causare la formazione di cristalli di ghiaccio nel tessuto. Ora si può fare in due minuti e questo è in grado di preservare nel tempo un tessuto di alta qualità potenzialmente funzionale per sempre». Il costo? Circa 2600 euro, inclusi i primi cinque anni di mantenimento. Una procedura che il centro Ivi, così come altre strutture italiane, offrono gratuitamente a tutte le donne in cura per un tumore. «Molte pazienti che si sono sottoposte a chemio o radioterapia mi hanno tristemente detto di non essere a conoscenza di questa opportunità e che, se lo avessero saputo, lo avrebbero sicuramente fatto. Dovrebbero essere gli stessi oncologi e medici a parlare alle pazienti delle tecniche per preservare la propria fertilità in caso di cure aggressive. Io consiglio il prelievo di ovociti anche alle donne che soffrono di endometriosi o malattie autoimmuni».

Le tecniche. Ad oggi le tecniche utilizzate sono l’inseminazione artificiale, la fecondazione assistita in vitro Fivet omologa o eterologa, con i gameti di un donatore, e la Icsi, la microiniezione intracitoplasmatica di spermatozoi. «Sopra i 38 anni l’inseminazione artificiale ha meno possibilità di successo. Poi, con la fecondazione assistita, si ha il vantaggio di sapere prima dell’impianto se l’embrione è sano. Oggi si ha una percentuale di successo del 70% già con il primo trasferimento, un ottimo risultato se si pensa che la probabilità che hanno le coppie di concepire naturalmente è del 20%».

I falsi miti. Non riuscire ad avere figli può innescare gravi sensi di colpa. «Si tende a pensare che le azioni del passato possano influenzare la gravidanza sognata, ma non è così: aver preso la pillola per un lungo periodo o aver ricorso a un’interruzione di gravidanza non altera la possibilità di rimanere incinte». Poi ci sono i falsi miti dei parti gemellari e dei gameti «pompati»: «Oggi si impianta un solo ovocita proprio per evitare gravidanze gemellari. L’ultrastimolazione può essere controproducente e, quindi, anche in caso di donazione si può contare su gameti giovani e sani». Per chi invece pensa che con la donazione si potrà avere un figlio che non ci somiglia «usiamo tecniche computerizzate di matching che permettono di trovare nella banca dati i gameti fenotipicamente più simili ai genitori. Se si è bruni e con la carnagione olivastra non si avrà un figlio biondo e con gli occhi azzurri».
Lidia Pege
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