Inps: “Dati sulla mortalità della protezione civile poco attendibili”
Secondo l’ente il conteggio dei decessi non torna. Ne mancherebbero all’appello circa 20 mila
21 maggio 2020 REPUBBLICA
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Secondo l'Istituto nazionale della previdenza sociale (Inps) il conto non torna: mancano quasi ventimila vittime del coronavirus nel conteggio elaborato dalla Protezione civile. O così dice l'analisi della mortalità nel periodo di epidemia redatta dall’ente: "La quantificazione dei decessi per coronavirus, condotta utilizzando il numero di pazienti deceduti positivi fornito su base giornaliera dal dipartimento della Protezione civile, è considerata poco attendibile, in quanto influenzata non solo dalla modalità di classificazione della causa di morte, ma anche dall'esecuzione di un test di positività al virus".
a cura di ALESSIO SGHERZA
Inoltre, "anche il luogo in cui avviene il decesso è rilevante poiché, mentre è molto probabile che il test venga effettuato in ambito ospedaliero, è molto difficile che questo venga effettuato se il decesso avviene in casa". Nel periodo dal primo gennaio al 28 febbraio 2020 si registra un numero di decessi inferiore di 10.148 rispetto ai 124.662 attesi. Il periodo dal primo marzo al 30 aprile registra invece un aumento di 46.909 decessi rispetto ai 109.520 attesi. Il numero di morti dichiarate come Covid-19 nello stesso periodo è stato di 27.938.
“Quali sono i motivi di un ulteriore aumento di decessi pari a 18.971, di cui 18.412 tutti al Nord?”, prosegue l’Inps. ”Tenuto conto che il numero di morti è piuttosto stabile nel tempo, con le dovute cautele, possiamo attribuire una gran parte dei maggiori decessi avvenuti negli ultimi due mesi, rispetto a quelli riferiti allo stesso periodo, all'epidemia in atto".
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E dire che il 2020, tra gennaio e febbraio, si avviava ad essere un anno con una mortalità inferiore a quella attesa, considerando la media tracciata dalla 'baseline' statistica: -8% in media, -7% per gli uomini e -9% per le donne, di cui -9% al Nord, -9% al Centro e -7% al Sud. Quanto alle classi d'età, la diminuzione più forte si era registrata fra 0 e 49 anni (-13%), poi 60-69 anni (-12%), 70-79 anni (-10%), 80-89 anni (-9%), 50-59 anni e da 90 anni in su (-4%).
L'inversione, con diversa intensità, riguarda tutto il territorio nazionale con un +43% ma soprattutto il Nord Italia dove si ha quasi un raddoppio del numero dei morti giornalieri pari al +84% contro il +11% del Centro e il +5% del Sud.
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"L'andamento dei decessi, nel periodo considerato, è stato condizionato sia dall'epidemia che dalle conseguenze del lockdown - sottolinea l'Inps - sia in negativo, ad esempio per le persone morte per altre malattie perché non sono riuscite a trovare un letto d'ospedale o perché non vi si sono recate per paura del contagio; sia in positivo, pensando alla riduzione delle vittime della strada o degli infortuni sul lavoro per lo smartworking e il blocco dell'Italia". In ogni caso, conclude l’ente, "per comprendere al meglio le vere conseguenze dell'epidemia, si dovrà aspettare di debellare completamente il virus, il che avverrà presumibilmente tramite un vaccino o una terapia antivirale efficace".