"Dimenticate" le scuole paritarie
Paolo Ferrario martedì 12 maggio 2020 Avvenire
Il governo stanzia un miliardo, in due anni, per la sanificazione delle aule, ma solo degli istituti statali. Unica eccezione, gli 80 milioni per coprire le rette delle materne
Anche i 39 milioni per la Maturità andranno alle strutture dello Stato. Lupi: gravissima ingiustizia. Rampelli (Fdi): è un comparto fondamentale
A leggere le bozze del decreto “Rilancio” preparato dal governo, sembra quasi che gli alunni delle scuole paritarie siano immuni dal Covid–19. Tutte le misure per la sicurezza degli edifici scolastici, la sanificazione, l’acquisto di guanti, mascherine e prodotti per l’igiene delle mani, sono solo ed esclusivamente riservate alle scuole statali e nulla si dice delle paritarie, che pure, secondo la legge 62 del 2000, fanno parte dell’unico sistema nazionale d’istruzione e svolgono un servizio pubblico al pari delle altre. Nelle 439 pagine del dispositivo, composto da 258 articoli, le scuole paritarie sono citate appena quattro volte: tre in relazione agli istituti sede degli Esami di Stato e una nell’articolo sui servizi all’in- fanzia e le scuole materne.
È questo l’unico grado scolastico per il quale l’esecutivo prevede stanziamenti economici anche per gli istituti non statali. Nello specifico, si tratta di 80 milioni di euro che serviranno a coprire il mancato versamento delle rette da parte delle famiglie, per questi mesi di sospensione della didattica in presenza. Il contributo sarà ripartito alle scuole materne sulla base del numero di bambini iscritti. Per i restanti ordini di scuola, nulla è previsto per le paritarie.
Eppure, le scuole non statali non sono soltanto quelle dell’infanzia, anche se queste rappresentano la maggioranza (8.957 su 12.564, pari al 71,3%) e, in molti territori, sono l’unico servizio per i bambini fino a 6 anni a disposizione delle famiglie. Stando ai dati ufficiali del ministero dell’Istruzione, ci sono anche 1.385 scuole primarie (11%), 622 scuole secondarie di primo grado (5%) e 1.600 scuole secondarie di secondo grado (12,7%). Per tutte queste non sono previste risorse. Unica eccezione: i 39,23 milioni di euro stanziati dall’articolo 222 per «la pulizia degli ambienti», nelle scuole sedi degli Esami di Stato 2020. Finanziamenti che dovranno essere destinati sia alle scuole statali che alle paritarie, anche se soltanto per le prime è prevista una corsia privilegiata «in deroga» alle disposizioni, per semplificare le procedure e accelerare il più possibile le operazioni. Le altre, invece, dovranno aspettare i tempi della burocrazia, con il rischio di dover anticipare risorse per le quali non c’è certezza sui tempi del rimborso. Sempre l’articolo 222 prevede un incremento di 331 milioni del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche, «per la ripresa in sicurezza» a settembre, stabilendo uno stanziamento di 40mila euro per ciascuna delle 8.300 scuole statali. Nulla è previsto per le paritarie, che pure dovranno riaprire alla fine dell’estate per accogliere circa 900mila alunni. Anche all’articolo 225 “Misure per il supporto all’istruzione”, la casella delle scuole paritarie è desolatamente vuota.
Nulla per loro è previsto dei 10 milioni di euro per il 2020 e per il 2021 per supportare la didattica a distanza, così come “zero” è la cifra indicata per le istituzioni non statali per quanto riguarda il Fondo per l’emergenza epidemiologica. Che, invece, prevede uno stanziamento complessivo di 1 miliardo di euro in due anni (400 milioni quest’anno e 600 milioni il prossimo), per «contenere il rischio epidemiologico in relazione all’avvio dell’anno scolastico 2020/2021», ma soltanto nelle scuole statali. Quasi che, appunto, chi frequenta le paritarie sia immune dal contagio.
Infine, nessuna risorsa è stata destinata alla completa detraibilità delle rette versate dalle famiglie, misura espressamente chiesta dalle associazioni dei gestori delle scuole paritarie e sostenuta, in Parlamento, da Italia Viva, insieme alla richiesta di un Fondo ad hoc per coprire il mancato versamento delle rette, non soltanto della scuola dell’infanzia. Questo non ha fatto altro che aumentare la tensione nella maggioranza, già messa alla prova in queste ore. «Siamo di fronte a un’operazione viziata da una miopia culturale forte oltre che da una totale mancanza di logica», ricordano Gabriele Toccafondi e Daniela Sbrollini, capigruppo di Italia Viva in Commissione Cultura alla Camera e al Senato. Dall’opposizione si alza la voce di Fabio Rampelli (FdI), vicepresidente della Camera, che chiede di non discriminare «un comparto fondamentale che garantisce l’asse portante della formazione scolastica italiana», mentre Maurizio Lupi, presidente di Noi con l’Italia, parla di «gravissima ingiustizia, perpetrata, oltretutto, in violazione e in spregio delle leggi dello Stato».