Coronavirus, l’appello di 100mila medici italiani: “Per evitare un’altra ondata rafforzare medicina sul territorio e terapie a domicilio”
Il gruppo "Medici Italiani gruppo Covid 19" ha indirizzato anche al ministro della Salute e ai governatori delle regioni alcune proposte per non rendere vana l'abnegazione dei sanitari e vanificare le settimane di isolamento. Chiedono tamponi anche agli asintomatici, protezioni e Usca (unità speciali di continuità assistenziale). Speranza condivide: "Portare le terapie a domicilio è sicuramente una delle strade da percorrere. Le squadre speciali Usca sono pronte"
di F. Q. | 18 Aprile 2020
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Mappare anche gli asintomatici per non mandare in fumo i sacrifici del distanziamento sociale. E per evitare ondate di ritorno del coronavirus, oltre ai dispositivi di protezione e tamponi per il personale sanitario, bisogna “rafforzare il territorio, vero punto debole del Sistema sanitario nazionale” con le task force di continuità assistenziale e curare “precocemente i pazienti, anche con terapie off label (cioè con farmaci già registrati ma usati in maniera non conforme a quanto previsto, ndr)” alcune delle quali peraltro già autorizzate” dall’Agenzia italiana del farmaco, che ha deciso di utilizzare a domicilio l’idrossiclorochina e degli antivirali. Sono queste le proposte dei 100mila medici del gruppo facebook Medici Italiani gruppo Covid 19 inviate in una lettera aperta, fra gli altri, anche al ministro della Salute, Roberto Speranza e ai governatori di tutte le Regioni. Proposte che Speranza condivide, sottolineando che “molti dei temi avanzati si inseriscono nella strategia in 5 punti che stiamo portando avanti, dalla necessità di garantire dispositivi di protezione individuale al personale sanitario alla realizzazione di Covid-Hospital per consentire alle altre strutture di operare in sicurezza, dalla App per il tracciamento all’indagine di sieroprevalenza“, cioè dell’individuazione dello sviluppo di anticorpi. “Ritengo anche cruciale – ha aggiunto il ministro – il tema del territorio e le squadre speciali Usca, citate nella lettera, sono uno degli strumenti che abbiamo già messo in campo. Ministero della Salute ed Aifa stanno lavorando a pieno regime – ha proseguito – anche per individuare le diagnostiche e le terapie più efficaci e portarle “a domicilio” è sicuramente una delle strade da percorrere”.
La lettera – Per i 100mila medici – che scrivono anche al presidente della Fnomceo (Federazione nazionale Ordini dei medici chirurghi e odontoiatri), Filippo Anelli, e ai presidenti federali degli Ordini dei medici regionali – la priorità è di rafforzare la medicina del territorio “con la possibilità per squadre speciali nel decreto ministeriale del 10 Marzo, definite Usca (unità speciali di continuità assistenziale) di essere attivate immediatamente in tutte le Regioni, in maniera omogenea, senza eccessiva burocrazia, avvalendosi dell’esperienza di noi tutti nel trattare precocemente i pazienti, anche con terapie off label (cioè già registrati ma usati in maniera non conforme a quanto previsto, ndr), alcune delle quali peraltro già autorizzate” dall’Agenzia italiana del farmaco. Il tutto “perché tutti gli sforzi fatti finora col distanziamento sociale non vadano perduti, paventando una seconda ondata di ricoveri d’urgenza dei pazienti tenuti in sorveglianza attiva per 10-15 giorni, ma che non sono stati visitati e valutati clinicamente e che ancora sono in attesa di tamponi”.
Dopo “quasi 2 mesi” di confronto e scambio di informazioni “sull’insorgenza della malattia, sul come contenerla, sul come fare, a chi rivolgersi, come orientare la terapia, come e quando trattarla”, spiegano i medici del gruppo, “siamo pressoché giunti alle stesse conclusioni: i pazienti vanno trattati il più presto possibile sul territorio, prima che si instauri la malattia vera e propria, ossia la polmonite interstiziale bilaterale, che quasi sempre porta il paziente in rianimazione“. Quindi “il trattamento precoce può fermare il decorso dell’infezione verso la malattia conclamata e quindi arginare, fino a sconfiggere, l’epidemia. Il riconoscimento dei primi sintomi, anche con tamponi negativi (come abbiamo avuto modo di constatare nel 30% dei casi), è di pura pertinenza clinica e pertanto chiediamo di mettere a frutto le nostre esperienze cliniche, senza ostacoli burocratici nel prescrivere farmaci, tamponi, Rx e/o Tc, ecografia polmonare anche a domicilio, emogasanalisi, tutte cose che vanno a supportare la clinica, ma che non la sostituiscono”. Quindi “la mappatura” dei pazienti “asintomatici o paucisintomatici, e di tutti i familiari dei casi conclamati” di nuovo coronavirus, “è oltremodo indispensabile per non incorrere in un circolo vizioso, con ondate di ritorno dei contagi appena finirà il ‘lockdown'”.
Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici (Fnomceo) che ha pienamente condiviso la lettera, spiega che “molti dei temi sollevati dall’intervento dei colleghi sono stati da noi affrontati. In primo luogo – spiega – il tema della sicurezza e la richiesta di assicurare ad ogni sanitario i dispositivi di protezione individuale, l’esecuzione dei tamponi a tutti gli operatori sanitari, la richiesta e il sostegno all’Aifa per la decisione di utilizzare a domicilio l’idrossiclorochina e degli antivirali “. Per il presidente della Fnomceo “è necessario ricomporre la frattura tra chi amministra e i professionisti della salute, figlia della mancata adozione di misure di sicurezza sul posto di lavoro. Lo snodo principale è assicurare cure ai malati di Covid-19 sul territorio e a domicilio per ridurre per quanto possibile i ricoveri”. E, conclude, è necessario “riorganizzare gli ospedali perché riprendano le cure rivolte ai malati non Covid-19, assicurando a tutti sicurezza e protezione. Abbiamo bisogno di ospedali sicuri. La sicurezza per gli operatori è un diritto costituzionale e non una concessione“.