Aprite gli occhi, bravi veneti. Dove le mafie non sparano..

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Aprite gli occhi, bravi veneti. Dove le mafie non sparano..

Messaggioda lidia.pege » lun nov 25, 2019 11:53 am

«Aprite gli occhi, veneti. Dove le mafie non sparano stanno facendo affari»
Messina Denaro a Treviso? «È comunque un segnale d’allarme»
Corriere del Veneto 25.11.19

Aprite gli occhi, bravi veneti. «Quando giro per l’Italia e scopro che, ancora oggi, ci sono persone e comunità che credono di potersi sentire esenti da infiltrazioni della criminalità organizzata, dico sempre questa frase: mi fa proprio piacere che vi sentiate immuni, significa che qui non esiste la droga, non c’è prostituzione, nessuno gioca d’azzardo...». Ecco, siamo nel mondo dei sogni. Catello Maresca, magistrato napoletano in prima linea da più di 12 anni nel contrasto al clan dei Casalesi - gli stessi che, per intendersi, hanno messo radici a Eraclea e nel Veneto Orientale attraverso le attività criminali di Luciano Donadio e dei suoi accoliti - può ben dirlo, dall’alto della sua esperienza specifica: «Pensare che lo spaccio o la prostituzione siano gestiti da delinquentelli sprovveduti, significa ripetere lo stesso errore che si faceva quarant’anni fa in Sicilia, quando si negava pubblicamente l’esistenza della mafia. Oggi, sarebbe il caso di trarre insegnamento da quell’errore».

Dottor Maresca, che effetto le fa sapere che l’anno scorso, qui in Veneto, abbiamo avuto il primo sindaco della storia arrestato con l’accusa di voto di scambio politico-mafioso per i suoi rapporti con il clan casalese dei Donadio? «Vi sembrerà strano ma non mi sorprende affatto. L’ho scritto in un mio libro di qualche anno fa: le mafie sono come un cancro, non si può mai sapere dove si diffonderà la metastasi. Nessuno si può considerare immune, in particolare in quei territori dove, come diciamo qui a Napoli, c’è più ciccia, cioè girano più soldi».

Le inchieste della magistratura, per loro natura, arrivano quando la metastasi si è già manifestata: esistono degli anticorpi per fermarla in anticipo? «Venerdì sera ho partecipato alla consegna di un premio giornalistico e vi dico che il giornalismo d’inchiesta, quello vero, è un baluardo di libertà contro le mafie. Il solo fatto di raccontare il fenomeno porta uno squarcio di verità e contribuisce a smascherare l’ipocrisia di chi non vuole vedere e sapere. Anche quando i mafiosi sono stanziali da tempo, come nel caso di Eraclea, non riescono a nascondersi completamente: il primo antidoto è il controllo sociale. E poi ormai è noto che questi criminali investono prevalentemente in alcuni settori economici (nel caso dei Casalesi del litorale veneziano, quello principale era l’edilizia, ndr): in questi settori l’attenzione va tenuta più alta».

Le sembra plausibile la rivelazione di un collaboratore di giustizia, emersa proprio in questi giorni, secondo il quale il super latitante Matteo Messina Denaro sarebbe stato ospitato per alcuni giorni in provincia di Treviso? «Non conosco le carte dell’inchiesta e perciò non posso entrare nel merito, però vi posso raccontare la nostra esperienza di quando davamo la caccia a Michele Zagaria, il boss dei Casalesi, latitante per 16 anni: ci arrivavano segnalazioni su di lui da mezza Italia e anche oltre, e in effetti poi venimmo a scoprire che durante la latitanza aveva fatto una vacanza in Corsica. Personaggi del genere non se ne stanno chiusi per tutto il tempo in un bunker. Quanto a Messina Denaro, sia autentica o meno, quella segnalazione dal Trevigiano è comunque un ulteriore segnale di allarme: bisogna accettare l’idea che il rischio esiste e bisogna averne consapevolezza. Negare per principio, magari in buona fede o per autodifesa del territorio, è sbagliato e deleterio».

Come si può organizzare una strategia di contrasto? «La prima responsabilità sta in capo alla politica, poiché le forze dell’ordine e la magistratura possono intervenire a posteriori, mettendoci un tampone. Di base servono consapevolezza e sensibilità, nella società civile, nella politica e nelle istituzioni. Lo dico per esperienza: anche dalle mie parti, quando le mafie non sparano per un po’ di tempo, si tende a illudersi che il fenomeno sia stato circoscritto o sconfitto. Non è così, anzi: se non spara, significa che la criminalità organizzata sta facendo i suoi buoni affari. Perciò, bisogna seguire i soldi: capire dove investono, studiare, aggiornarsi sempre».
Lidia Pege
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