Veneto, boom del cemento: è il doppio della media nazionale
Il report Ispra sul consumo del suolo nel 2017
di Giacomo Costa Corriere Veneto
VENEZIA Una prima inversione di tendenza, dopo un rallentamento durato dieci anni, e a indicare la strada sono proprio le regioni più sane, le «locomotive» d’Italia. A cominciare dal Veneto, che nel 2017 ha registrato i maggiori incrementi, arrivando a raddoppiare il dato medio nazionale. Il rapporto annuale dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale sul consumo del suolo, presentato in Parlamento, restituisce un’Italia in cui le escavatrici lavorano a pieno regime. Certo, i numeri sono ancora lontanissimi da quelli precedenti alla crisi, ma tanto basta per riaccendere l’attenzione sui temi del recupero e della preservazione ambientale. Anche al netto della legge regionale che, prima in Italia, vuole sposare l’obiettivo del consumo di suolo zero entro il 2050.
Primi in classifica
Nel dettaglio, se la Lombardia risulta la prima regione per spazi già occupati (il 12,99 per cento), il Veneto segue da vicino al 12,35 per cento, pari a oltre 226 mila ettari «consumati». Dati che appaiono più leggibili se confrontati con le medie nazionali, che si fermano al 7,63 per cento. Ma è il numero relativo all’ampliamento annuale a scoprire il Veneto sul primo scalino del podio, con uno 0,50 per cento in più nel 2017 rispetto al 2016, mentre l’Italia cresce solo dello 0,23. Una percentuale che si traduce in 1.134 ettari di territorio veneto trasformato, più di un quinto del totale italiano (5.211 ettari). Un fenomeno locale che l’Ispra lega all’incremento del Pil, che nel 2016 a Nord-est è cresciuto dell’ 1,3 per cento, contro lo 0,9 di tutta Italia.
Botta e risposta
«Stiamo demolendo la nostra terra, la nostra ricchezza - avverte Jacopo Berti, capogruppo del Movimento 5 Stelle in consiglio regionale - Il modello degli anni ‘70 e ‘80 non funziona più. La qualità della vita, la sostenibilità, sono i nuovi indicatori del benessere e le sfide del presente». Altrettanto critico il Partito Democratico: «Questo è il momento della cautela, non delle grandi opere come la Pedemontana, che da sole valgono come 30 lottizzazioni», ricorda Stefano Fracasso. «È il risultato di vent’anni di governo leghista - accusa Piero Ruzzante di Liberi e Uguali - ed è anche un modello costoso, visto che l’Ispra quantifica in quattro miliardi di euro i danni a livello nazionale». «Il Veneto ha già detto stop alla cementificazione con la legge 14 dello scorso anno – replica l’assessore al Territorio Cristiano Corazzari - Le stime tecniche sugli effetti della nuova legge prospettano un rallentamento pari allo 0,17 per cento. Spetta ora ai Comuni approvare le varianti: dovrebbero recuperare oltre il 40 per cento del territorio edificabile, oltre 21 mila ettari». Eppure c’è chi vede nel testo veneto un risultato a metà: per Paolo Righetti, segretario Cgil, «sono presenti troppe deroghe, a partire dal Piano casa», mentre il presidente di Legambiente, Luigi Lazzaro, rimarca come le uniche pratiche di incentivo al riuso siano ancora in capo ai Comuni: «I casi di via Anelli e della caserma Piave, a Padova, sono più unici che rari».
A livello locale
Entrando nello specifico delle varie province, solo Viterbo, che cresce dello 0,91 per cento, può piazzarsi davanti alle realtà venete: Verona registra un incremento dello 0,71 per cento, Vicenza dello 0,67, anche Venezia e Treviso, rispettivamente a 0,57 e 0,49 per cento, guadagnano la sommità della classifica. Non solo, le quattro provincie vedono una corrispondenza tra l’incremento percentuale e il consumo netto di suolo in termini assoluti: a Verona il record nazionale, con quasi 300 ettari di nuova superficie artificiale. Lo schema si ripropone anche scendendo a livello comunale, dove si trovano anche casi particolari: Trissino, nel Vicentino, è il terzo Comune italiano per ettari costruiti (sono 51), una posizione dovuta al cantiere per il nuovo bacino di laminazione sul fiume Agno Guà.
Record negativi
Ben diversa la lettura fornita da Ance Veneto, che ricorda come, anche a queste velocità, i numeri precedenti alla crisi siano irraggiungibili: «Nel 2004 i permessi a costruire erano più di 37 mila, nel 2014 neanche cinquemila - sottolinea il presidente Giovanni Salmistrari - Stiamo collaborando con la Regione, ma bisogna anche ricordarsi della convenienza per l’investitore: finché sarà più vantaggioso acquistare un terreno e costruire da zero le riqualificazioni non decolleranno». Non mancano altri record negativi: qui risulta più sfavorevole che nel resto d’Italia il rapporto tra suolo e popolazione residente, con 11,34 chilometri quadrati di consumato in più e 7.595 abitanti in meno; la nostra è poi la seconda regione per territorio vincolato consumato, pari al 9 per cento. Seconda posizione anche per il suolo consumato in aree ad alta pericolosità sismica (12,7 per cento, 523 ettari). Il rapporto Ispra dedica poi un capitolo al progetto di riqualificazione del piazzale della stazione di Belluno, che non esita a indicare come «il futuro delle città», e una lunga appendice è anche riservata alla «prosecchizzazione» della Marca, dove l’82 per cento del suolo agricolo tra il 2007 e il 2012 è stato trasformato in vigneto.