La maggioranza si dimette ma il Consiglio non decade (Il Mattino)
Dopo Pitkanen e Montrone hanno lasciato altri 8 “claudiani”, serviva un’altra rinuncia
(Federico Franchin)
La maggioranza ha deciso di staccare la spina. Dopo le dimissioni presentate giovedì da Ritva Irmeli Pitkanen Espro e da Angelo Montrone, ieri mattina sono arrivate le dimissioni degli altri otto consiglieri di maggioranza: Massimo Barcaro, Luca Bordin, Sabrina Moretto, Claudio Benatelli, Ermanno Pegoraro, Martina Pillon, Massimiliano Girotto e Michele Galesso. Le dimissioni sono state di fatto delle dimissioni individuali e per far sciogliere il consiglio ne servivano nove. Di fatto doveva aggiungersi un consigliere di minoranza, ma la maggioranza non ha voluto presentare delle dimissioni contestuali con l’opposizione. In municipio erano presenti ieri mattina cinque dei sei consiglieri di minoranza (Monica Lazzaretto, Matteo Lazzaro, Francesco Pozza, Marzia Banci e Andrea Cosentino; unico assente per problemi di lavoro Massimo Zambolin), pronti a unirsi alla maggioranza per decretare la caduta del consiglio comunale. Impossibile la consequenzialità in quanto tra le dimissioni sono stati protocollati un accesso agli atti chiesto dai consiglieri di maggioranza (i consiglieri hanno chiesto e ottenuto l’atto con cui il 23 giugno dal carcere il sindaco Claudio aveva costituito la giunta) e la rinuncia al ruolo di consigliere da parte di Giovanni Madonna, che poco prima lo aveva involontariamente accettata per poi dimettersi in un giro di lancette. Tecnicamente ora ci saranno 10 surroghe, ratificate mercoledì in consiglio comunale. Sempre che qualcuno accetti di subentrare ai dimissionari. «Dopo anni di immobilismo, Abano ha iniziato un percorso di ripresa sotto il profilo economico, turistico e commerciale che le ha consentito di diventare la città termale più importante d’Europa» hanno affermato gli 8 consiglieri in un comunicato congiunto. «L’obiettivo che ci siamo prefissati quando ci siamo ricandidati era di continuare questo percorso, ma siamo stati costretti a prendere atto che non ci sono più le condizioni per proseguire. Ci siamo presentati in consiglio per dare un segnale ai cittadini e a coloro che ci hanno votato. Non farlo ci sarebbe sembrato una mancanza di rispetto verso la città». «È un giorno triste, soprattutto per i cittadini di Abano», ha commentato a caldo il consigliere portavoce Massimo Barcaro. «Ci dispiace per chi ci ha votati e speriamo di non averli delusi con questo gesto. Non avevamo altra scelta. Il nostro è un arrivederci alle prossime elezioni». «Ci eravamo proposti con un programma per governare altri cinque anni questa città» ha aggiunto Sabrina Moretto. «Alla luce dei fatti, che hanno visto coinvolti anche i dipendenti comunali, si è prospettata l’impossibilità di governare. Il nostro è un atto di responsabilità. Siamo persone oneste e dei lavoratori. Ringrazio chi ci ha votati e ci ha permesso di vincere. Noi comunque ci saremo sempre». Michele Galesso. «In questa situazione, che sta evolvendo di ora in ora, era giusto fare un passo indietro per consentire al commissario di poter lavorare serenamente per il bene della città. Saremmo andati avanti se avessimo potuto lavorare, ma non c’erano le possibilità. Abbiamo dimostrato con questo gesto di non essere attaccati alle poltrone». Sul caso di Madonna, la cui accettazione (involontaria), prima, e la rinuncia, poi, al ruolo di consigliere Galesso è chiaro. «Al protocollo c’era pure la richiesta d’accesso agli atti, quindi non sarebbe cambiato nulla». Nessuna mano tesa della maggioranza alla minoranza per arrivare a delle dimissioni collettive e contestuali. «Abbiamo creduto in una collaborazione tra i consiglieri e il commissario,che la minoranza ha però rifiutato», ha tuonato Girotto.
«Chiederemo che paghino i danni»
Opposizione sconcertata dal rifiuto a collaborare per sbloccare la situazione
(f.fr.)
Il rifiuto dei consiglieri di maggioranza di non tendere la mano a quelli di minoranza, unico modo per procedere alle dimissioni contestuali, ha fatto arrabbiare l’opposizione. Che parla di “farsa”. «Siamo sconcertati, perché queste persone non hanno senso civico», osserva la consigliera di centrosinistra Marzia Banci. «Forse non si rendono conto del danno che questa situazione di agonia sta facendo alla città. Chiederemo i danni economici ai consiglieri di maggioranza per quello che stanno facendo. Dovrebbero chiedere scusa alla città». «Hanno avuto paura a mettere la parola fine a questa situazione, scaricando il barile su chi subentrerà», aggiunge Monica Lazzaretto, capogruppo del centrosinistra. «Con le dimissioni contestuali si poteva chiudere il capitolo Claudio e invece si prolunga l’agonia. Avessimo messo tutti insieme la parola fine a questa situazione, il gesto della maggioranza poteva essere visto come un atto di responsabilità. Così invece noi e Abano tutta ci sentiamo presi in giro».
Matteo Lazzaro, consigliere per la lista Monica Lazzaretto Sindaco. «È una farsa. La maggioranza sta facendo ostruzionismo paralizzando per qualche altro giorno la città. Non si sono presi la responsabilità di far cadere il sistema». «È la sconfitta del consiglio comunale», aggiunge Vanessa Camani, deputata del Pd. «Speriamo di arrivare presto a elezioni libere e democratiche». Francesco Pozza del Pd: “Siamo vicini a Nicola Zanardo. Il clima di paura e omertà creato dal “sistema Claudio” va combattuto. Faremo tutto ciò che è possibile per tutelare chi trova il coraggio di ribellarsi». Andrea Cosentino del centrodestra. «Stanno facendo di tutto pur di non far prevalere il bene della città e togliere tutti dall’imbarazzo di questa soap opera del malaffare. Fossi un loro elettore prenderei atto della loro assoluta mancanza di rispetto delle istituzioni e della senso civico e ne chiederei conto sia politicamente che economicamente». Masssimo Zambolin del Movimento 5 Stelle. «I dimissionari hanno volutamente inserito, fra un protocollo e l’altro, una richiesta di accesso agli atti, una surroga e chi più ne ha più ne metta. Tutto ciò per evitare che il consiglio comunale cadesse. Un comportamento inaccettabile, da Prima Repubblica».
L’errore di Madonna “salva” l’assemblea
(f.fr.)
Il caso del giorno è Giovanni Madonna, possibile consigliere di maggioranza. Si era presentato in Comune per non accettare la nomina di consigliere. Giovanni, detto Giò, è stato però autore di un errore involontario, registrato dal Protocollo nel mezzo delle dimissioni degli otto consiglieri comunali. Ragion per cui non ci sarebbe stata contestualità se subito dopo si fossero presentati per le dimissioni i sei consiglieri di minoranza. «Nella foga ho firmato l’accettazione della nomina», spiega Giò, anche attraverso un video postato su Facebook. «Nessuno dei dimissionari mi aveva spiegato cosa stesse accadendo. Non sapevo che quell’atto sarebbe risultato decisivo. Mi scuso».
«Incapaci di fare lo sgarbo al loro capo in carcere»
La fedeltà degli irriducibili di Claudio ormai considerata una mancanza di dignità
Abano attende l’epilogo dell’imbarazzante vicenda tra indifferenza e vergogna
(Cristiano Cadoni)
Piccioni, martedì pomeriggio. Falchi appena tre giorni dopo. Ingenui – o era solo apparenza? – nel catino caldissimo del teatro polivalente, dove non sono stati capaci di eleggersi un presidente del consiglio, scivolando in modo imbarazzante sulla buccia di banana di un regolamento per nulla astruso. E poi improvvisamente astuti e sfacciati, davanti al banco del segretario comunale, dove ieri i consiglieri di maggioranza – gli irriducibili della Claudio-band – si sono appoggiati con i gomiti per depositare le dimissioni, ma non tutti e neppure tutti insieme, uno per volta, e in mezzo – oplà – anche un paio di carte, qualcosa che spezzasse la continuità dell’azione, quel tanto che serviva perché non valessero come dimissioni collettive, per sprofondare il Comune in un baratro di cavilli, incertezze, indecisioni da uscirne pazzi. Dalla palude di vergogna e imbarazzo, inevitabili e dovuti, in otto ne sono usciti scaraventando ogni cosa nel limbo di un futuro prossimo incerto. Sfacciati e, a sentire l’opposizione, «irresponsabili».
Fuori dal municipio, nelle piazze, nell’isola pedonale, dovunque qualcuno parlasse di quello che stava succedendo, l’unico commento possibile ieri era questo: «Non hanno avuto dignità e coraggio neppure nell’andar via». In realtà loro rivendicano proprio un moto di dignità, di responsabilità. «Andiamo via per restituire serenità», dicono. Fuori, in piazza, la deputata del Pd Vanessa Camani tuona: «Non pensano al bene della città, hanno tolto ogni dignità al loro gesto, con questa furbata».
C’è una giornata campale ogni giorno, sul calendario di questa città pestata e calpestata. E però, quando sarà tornata la pace, quando si potrà affrontare un’alba senza chiedersi se qualcuno sarà arrestato, allora bisognerà interrogarsi su cosa è, oggi, Abano. E mica soltanto perché ha eletto, e ancora in parte difende, un sindaco accusato di tangenti e non si è accorta di un sistema diffuso e tollerato. Ma perché sopporta ancora questo odore di marcio con apparente indifferenza. C’è appena fuori dal quadrilatero del municipio e delle piazzette, una diffusa noncuranza per le cronache degli ultimi quindici giorni. C’è, nei quartieri residenziali, dove tanti padovani hanno preso di Abano la residenza e nient’altro, sufficiente distacco per buttare un occhio e poi cambiare canale, tanto poi si sistema tutto e comunque non importa. C’è, nelle passeggiate dei villeggianti in cura alle terme, una curiosità in rapido calo, a meno di novità sfiziose che però scarseggiano, perché tali non si possono considerare i sussulti di un manipolo di consiglieri comunali; più facile lasciarsi distrarre da strade e arredi colorati. C’è, soprattutto, più o meno dovunque, quell’omertà che da giorni le cronache portano a galla. «Luca Claudio? Io non so niente, ho letto ma bisogna vedere, è una sorpresa, chi poteva dirlo?». Cose così, frasi di circostanza, occhi bassi, «il mio nome sul giornale? No, per carità, meglio di no». Così il barista che azzarda una spiegazione alle strane mosse della Claudio-band merita attenzione: «Non hanno retto il gioco, perché hanno tanta gente contro. Ma non sono neanche capaci di fare uno sgarbo al loro capo». E mica perché quello potrebbe avere lasciato in giro gli scagnozzi di cui tutti avevano paura, quando si trattava di pagare. Ma perché lui potrebbe uscire dal carcere domani o anche fra una settimana e nessuno esclude che sia ancora capace di tornare in sella.
«È diabolico, può risorgere», sussurrano due aponensi veri su una panchina tricolore di quelle che lui – sempre lui – ha voluto, per colorare la città, farla più allegra, come era allegra per lui che intanto amministrava e si arricchiva.
Se fosse «un’agonia», come va dicendo Monica Lazzaretto, da Claudio sconfitta al ballottaggio e ora salita sul palchetto che spetta ai leader di opposizione, qualcuno si ribellerebbe sul serio. Invece si contano più sbadigli che moti di stizza. C’è chi ricorda proteste più fragorose per il cambio di viabilità, di quelle che ora si vedono per questa esondazione di melma. Vero è che martedì c’erano centinaia di persone in municipio, ma poi la protesta vera – i cartelli di dimissioni – erano un impegno di pochi. Per il resto è stata più che altro curiosità. Ecco, c’è attesa per il prossimo colpo di scena, la storia appassiona, è intrigante. Sembra solo una brutta storia che riguarda altri.
Atteso per lunedì l’ultimo atto
Se le minoranze se ne vanno in blocco sarà sciolta l’assise
(f.fr.)
La palla passa ora ai consiglieri di minoranza. Per sciogliere definitivamente il consiglio, dopo le dimissioni non contestuali di tutti i dieci consiglieri di maggioranza, basterà ora che si presentino, ormai lunedì, all’Ufficio Protocollo i consiglieri di minoranza per far cadere definitivamente il consiglio comunale. A spiegare la situazione che si è venuta a creare è il segretario comunale del Comune di Teolo Mario Visconti. «Dimettendosi i consiglieri di minoranza verrebbe a mancare il numero legale per convocare il consiglio comunale da parte del commissario», osserva Visconti. «In quel caso Pasquale Aversa scriverebbe immediatamente al Prefetto, il quale scioglierebbe il consiglio per improcedibilità dell’assise stessa». Un’altra via d’uscita per l’opposizione è passare per il consiglio comunale di Abano Terme, fissato in prima convocazione per mercoledì mattina alle ore 11. Mercoledì mancherà certamente il numero legale (9 consiglieri), dato che non sono ancora avvenute le surroghe dei 10 consiglieri di maggioranza. I sei di minoranza e il commissario prefettizio costituirebbero il numero legale in seconda convocazione (7 consiglieri). In quel caso la minoranza potrebbe non presentarsi o non votare le surroghe dei 10 consiglieri. Così il commissario Aversa sarebbe costretto a chiedere l’intervento del Prefetto che, anche in questo caso, scioglierebbe il consiglio per improcedibilità. «Il Prefetto, una volta sciolto il consiglio comunale, nominerà un commissario che oltre ad avere i poteri di sindaco e giunta, avrà quelli del consiglio stesso», spiega ancora Visconti. «Non è detto che sia per forza ancora Aversa, anche se l’incarico sulla carta pare scontato». «Ci consulteremo e decideremo tutti assieme se dimetterci lunedì», fa sapere Andrea Cosentino. «Se questa è la strada migliore siamo pronti, come è logico, a rassegnare le nostre dimissioni».
Il Pd: «Insediamento irregolare»
Naccarato: «L’atto che il sindaco ha inviato dal carcere è reato, andiamo in Procura»
«L’atto approvato in consiglio comunale con l’autocertificazione di Luca Claudio è irregolare. Lunedì segnaleremo gli eventuali profili di reato all’autorità giudiziaria». È la denuncia del deputato Pd Alessandro Naccarato che ieri sera era in piazza del Sole e della Pace assieme a Vanessa Camani e Francesco Pozza e un centinaio di persone, per «spiegare agli aponensi cosa è accaduto negli ultimi anni». Un incontro in cui si è ripercorsa la vicenda Luca Claudio, in tutti i suoi aspetti più controversi. Naccarato, in un’interrogazione parlamentare, non ha esitato a segnalare alcune “anomalie” che riguardano anche i carabinieri. Ma adesso l’attenzione dei dem è concentrata sul consiglio comunale. «Luca Claudio è sospeso, in base alla legge Severino sia dalla carica di sindaco che da quella di consigliere comunale – ha spiegato Naccarato – L’atto inviato dal carcere con cui attesta, in modo irregolare, di essere nelle condizioni di fare il consigliere avrebbe dovuto essere respinto. Perché mancano le condizioni per accettarlo: lui non è consigliere. Invece nel consiglio di martedì scorso viene inserito in un emendamento e approvato. Né il segretario generale né il commissario hanno detto una parola». Da qui la decisione dell’esponente Pd di rivolgersi alla magistrature: «Chiediamo di verificare se ci sono ipotesi di reato – afferma – Con quell’atto Claudio vuole condizionare il consiglio comunale e ci riesce perfettamente». Anche i consiglieri di opposizione stanno valutando se ricorrere al Tar contro quella delibera.
L’inchiesta si sposta sul mattone
Guerrato torna libero, Trevisan no. Spadot, Granuzzo e Di Caro non parlano
(Carlo Bellotto)
L’imprenditore rodigino Saverio Guerrato torna libero, l’immobiliarista Massimo Trevisan resta ai domiciliari. Gli altri 4 che ieri sono stati sottoposti agli interrogatori di garanzia si sono tutti avvalsi della facoltà di non rispondere, ma due hanno chiesto di poter parlare con il pm Federica Baccaglini. Nel frattempo l’inchiesta che riguarda il malaffare alle Terme sotto la regia del sindaco Luca Claudio, vira verso il settore immobiliare: troppo i legami, gli interessi fra alcune società che hanno costruito e restaurato negli ambienti termali e il sindaco. Partendo anche dalle molte proprietà – tramite società che fanno riferimento al sindaco – e proprio alcuni costruttori. C’è da scavare, ci potrebbero essere sviluppi, pure clamorosi, dopo l’estate. Ma andiamo con ordine. L’unico che fino ad ora torna libero – era ai domiciliari – è l’imprenditore Guerrato. Il suo legale Fabio Pinelli l’ha fatto avvalere della facoltà di non rispondere e nonostante questo ha ottenuto la sua liberazione dal tribunale del Riesame veneziano (non ha nessun obbligo). È indagato per una tangente da 120 mila euro pagata per ottenere l’appalto milionario dell’illuminazione pubblica a Montegrotto. Massimo Trevisan (difeso dagli avvocati Sergio Dal Prà e Alessandro Baldina nei guai per riciclaggio in quanto figura legale rappresentante di Rls, società creata allo scopo di incassare le mazzette, di fatto riconducibile al sindaco Luca Claudio, resta ai domiciliari. Il Riesame ha deciso così, nonostante i difensori abbiamo argomentato la loro difesa non sul merito, ma solo sulle questioni procedurali. Passando invece al secondo filone di misure cautelari, ieri sono comparsi di fronte al giudice Margherita Brunello in due. Luciano Di Caro (ingegnere della ditta Pistorello), difeso dai legali Alberto Berardi e Davide Druda, si è avvalso della facoltà di non rispondere, ma andrà colloquio con il pm Baccaglini. Resta il suo obbligo di dimora a Padova. Guido Granuzzo (responsabile dell’ufficio Ambiente del Comune) ai domiciliari, dove resta, si è avvalso e non ha parlato. I suoi legali Davide Pessi e Claudio Calvello si sono riservati di chiedere che venga interrogato, ma solo quando avranno analizzato tutta la documentazione dell’inchiesta. L’architetto Maurizio Spadot (presidente della commissione di gara incriminata e responsabile dell’ufficio tecnico comunale) si è avvalso della facoltà di non rispondere davanti al giudice dell’indagine preliminare di Rovigo, Pietro Mondaini (che l’ha sentito per rogatoria) e resta in carcere nel capoluogo polesano. Per l’imprenditore Luciano Pistorello, ieri i suoi difensori Alberto Berardi e Davide Druda, hanno ritirato l’istanza che puntava a revocare i domiciliari, superati dall’aggravamento della detenzione in carcere. Ma lui vuole parlare, incontra il pm giovedì prossimo.
9 luglio 2016