L'inchiesta gazzettino 26.6.2016

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L'inchiesta gazzettino 26.6.2016

Messaggioda lidia.pege » dom giu 26, 2016 10:21 pm

L’inchiesta (Il Gazzettino)
Categorie: Attualità (pubblicato il 26 giugno 2016
Indagato l’ex capo degli appalti: 15 anni agli ordini di Claudio
L’architetto Patrizio Greggio, in pensione dal novembre scorso, è finito sotto inchiesta per turbativa d’asta. Dalle indagini è emerso che avrebbe aggirato la legge per assegnare i lavori secondo le indicazioni del sindaco

(Luca Ingegneri)
È l’uomo che ha lavorato ininterrottamente per quindici anni al fianco di Luca Claudio, prima come capo dell’Ufficio Tecnico di Montegrotto, e dal 2011 con un doppio incarico in convenzione tra le amministrazioni di Abano e Montegrotto. Tutte le operazioni urbanistiche e gli appalti pubblici finiti nel mirino della Guardia di finanza sono passati sulla sua scrivania. L’architetto Patrizio Greggio, 66 anni, in pensione dal novembre scorso, eseguiva alla lettera gli ordini dell’”imperatore” Claudio. In più occasioni avrebbe trovato il modo di assecondare i desideri del primo cittadino aggirando le normative di legge. È quanto ipotizza il pubblico ministero Federica Baccaglini che l’ha iscritto sul registro degli indagati con l’accusa di turbativa d’asta assieme ad uno stuolo di imprenditori e di dirigenti d’azienda – diciotto in tutto – coinvolti a vario titolo nel lungo elenco di appalti e di pratiche urbanistiche per le quali sono state sborsate fior di mazzette.
Greggio è stato interrogato più volte dai militari del tenente colonnello Luca Lettere. Ha spiegato come nelle gare per le manutenzioni del verde fosse stata scelta la procedura degli affidamenti sotto ai 40mila euro per evitare appalti e procedere con le assegnazioni dirette. Il potere di scelta delle ditte competeva al dirigente dell’Ufficio Tecnico. Dalle indagini è però emersa la «frequente, sistematica ingerenza di Luca Claudio e Massimo Bordin nella scelta del contraente». Ecco perchè i lavori venivano sempre affidati alle ditte di Luca e Agostino Creuso, alla Vivai Schiavo, a Paolo Tomasini e Denis Pagetta, tutti puntuali pagatori di tangenti. Nel corso di un lungo interrogatorio – il 19 aprile 2015, cioè pochi giorni dopo l’arresto dell’assessore Marcolongo e le dimissioni del sindaco Bordin, Greggio ha inutilmente provato a sostenere che le scelte venivano effettuate da lui o dagli altri tecnici comunali responsabili dei procedimenti, secondo meccanismi di rotazione tra le ditte del territorio. Lo smentiscono tutti i protagonisti della tangentopoli del verde pubblico: le volontà dei due sindaci erano assolutamente vincolanti per le scelte e i lavori si concentravano quasi sempre sulle stesse ditte. Per poter lavorare si doveva pagare con regolarità, inizialmente il 15%, con l’avvento dell’era Bordin il 10%. Era l’assessore Ivano Marcolongo ad incassare per conto dei due sindaci che tenevano i conti, annotando tutte le dazioni di denaro. I manutentori erano spesso in soggezione con gli amministratori. A riferirlo è Agostino Creuso, padre di Luca. Temeva di perdere gli appalti perchè «il sindaco Bordin non disdegnava le minacce e pretendeva talvolta l’esecuzione dei lavori anche in giorni festivi, senza la copertura di preventivi e determine perchè, secondo lui, sussisteva il carattere d’urgenza, pena l’assegnazione ad altre ditte».
Chi non accettava le regole di Claudio e Bordin finiva puntualmente nel dimenticatoio. È il caso di Paola Marchetti, titolare della ditta S.O.S. Giardinaggio. La donna ha raccontato ai finanzieri di un’esplicita richiesta di Marcolongo. Nel 2011, in due diverse occasioni in cui erano soli, l’assessore all’ambiente le aveva chiesto di restituire una percentuale sulla somma delle prestazioni professionali liquidate alla sua ditta dal Comune di Montegrotto. Paola Marchetti si era rifiutata. «Ad inizio stagione 2012 – ha messo a verbale – a causa della mia ferma opposizione Marcolongo mi disse che non avrei più lavorato per il Comune di Montegrotto perchè non avevo pagato la tangente».

«Ho accettato il ricatto del sindaco per non licenziare i dipendenti»
(L.I.)
Sono imprenditori che hanno manifestato grande senso civico i sette grandi accusatori di Claudio e Bordin. Hanno accettato di rompere il muro del silenzio e svelare nel dettaglio il sistema tangentizio del 10-15% assumendosene tutti gli oneri, compreso quello di finire a loro volta indagati per concorso in corruzione con gli amministratori. Emblematico il caso di Marcello Biava, titolare di Aesys Spa, azienda di Seriate (Bergamo), specializzata nella produzione di pannelli informativi. È stato Claudio in persona a contattarlo a fine 2011 e a recarsi, in compagnia di Bordin, negli uffici dell’azienda per concordare le modalità della fornitura dei display “Hotel Ring”. Una commessa da 270mila euro su cui Claudio pretendeva il 15%. Una percentuale cerchiata su un foglietto consegnato all’imprenditore lombardo durante l’incontro. «Versavamo in particolari difficoltà economiche – ha dichiarato Biava ai finanzieri – e avevamo messo in cassa integrazione alcuni dipendenti. Sebbene fosse contrario alla mia etica personale, mi sentii costretto ad accettare l’imposizione di Claudio e a riconoscergli quanto aveva preteso». Biava ha accettato tutte le condizioni del sindaco. Una prima tangente mascherata sotto forma di consulenza professionale e fatturata da Rls, per complessivi 19.700 euro. Machiavellico il percorso della seconda mazzetta: Aesys Spa ha dovuto predisporre una finta ricerca di mercato per la ristrutturazione degli impianti elettrici della sua sede di Seriate e assegnare l’incarico per i lavori alla Ft Impianti di Tiziano Fortuna, amico di vecchia data dei due sindaci. La ditta padovana ha poi naturalmente fatturato ad Aesys 20.282 euro sulla base di preventivi consegnati dallo stesso Claudio.
Diverso il caso di Luciano Pistorello e Saverio Guerrato, imprenditori abituati a concordare direttamente con i sindaci l’ammontare delle tangenti, in una sorta di rapporto paritario. Come in occasione del global service per il risanamento energetico degli immobili comunali e gli impianti di illuminazione di Montegrotto, assegnato nel 2010 alla Guerrato Spa in associazione temporanea d’impresa con la Marco Polo Spa di Roma, azienda poi finita nel calderone dell’inchiesta su Mafia Capitale per infiltrazioni mafiose: una torta da 15.380.000 euro suddivisa in quindici anni. Per la Procura Claudio e Guerrato operano in pieno accordo. L’impresa polesana liquida più fatture a Rls ma nessuno è in grado di spiegare agli investigatori quali consulenze abbia svolto la creatura di Claudio, amministrata dal complice Massimo Trevisan. Ventimila euro nel 2011, 80mila euro l’anno dopo, 20mila nel 2013 a titolo di rimborso spese, indipendentemente dai clienti segnalati e dai contratti sottoscritti. Il sindaco ha presentato il conto anche a Marco Polo, finita nel frattempo in liquidazione: pretendeva rimborsi forfettari di 2.500 euro mensili per tre anni, fatturati da Rls, che è riuscita ad intascare fino allo scoppio dell’inchiesta la bellezza di 54mila euro.

Bonifica dell’ex discarica: assegnazione “sospetta” a quattro giorni dal voto
Pistorello, titolare dell’impresa, adesso è coinvolto nell’indagine
(Alessandro Mantovani)
Il Comune di Abano, solo quattro giorni prima del turno iniziale delle elezioni amministrative, ha aggiudicato provvisoriamente i lavori di bonifica dell’ex discarica di Via Guazzi a Giarre alla ditta Pistorello Spa di Abano Terme. Nessuno poteva pensare, allora, che una ventina di giorni dopo il sindaco eletto della città termale, Luca Claudio, sarebbe stato in carcere e il titolare dell’impresa, Luciano Pistorello, agli arresti domiciliari. Coinvolti entrambi nelle indagini sulla cosiddetta Tangentopoli delle Terme che ha visto la Guardia di Finanza eseguire le ordinanze di misura cautelare nei confronti di altre tre persone e notificare 18 avvisi di garanzia lo scorso mercoledì. Ad Abano il coinvolgimento di Pistorello è stata una sorpresa perché il suo nome non era mai stato menzionato nelle precedenti fasi dell’inchiesta. Una indagine che ebbe il suo plateale show down nell’aprile del 2015, con l’arresto in flagrante dell’ex assessore di Montegrotto Ivano Marcolongo, e la notifica in Municipio degli avvisi di garanzia al sindaco Claudio e all’allora primo cittadino della città di Bertha, Massimo Bordin, poi dimessosi e oggi pure costretto ai domiciliari. Si tratta di un’assegnazione provvisoria dei lavori di bonifica perché la normativa prevede che successivamente alla gara siano verificati i titoli e i requisiti della società aggiudicataria di un appalto. Nel verbale dell’aggiudicazione dei lavori per Via Guazzi è però anche inserita un’osservazione particolare da parte di due ditte partecipanti alla gara: «La ditta costituenda Rti Heraambiente Srl e Idea Srl ha presentato riserva in merito all’offerta tecnica presentata dalla ditta Pistorello Spa, riservandosi di richiedere accesso agli atti al fine di verificare se ricorrono varianti progettuali tali da determinare l’obbligo di estromissione dalla gara». L’Iter della bonifica dell’ex discarica di via Guazzi, attiva fino all’inizio degli anni 70′, ebbe inizio con l’erogazione da parte della Regione di un contributo di circa 3 milioni di euro. Soldi però non a fondo perduto, ma che il Comune di Abano dovrà restituire in 20 anni. Nel consiglio comunale dello scorso 30 maggio, convocato per l’approvazione del bilancio di previsione, Vanessa Camani (Pd) sottolineò come la scelta dell’amministrazione di “spalmare” la quota annua per la bonifica sui costi per l’asporto rifiuti, impediva di procedere a una riduzione della tariffa a carico degli utenti che si sarebbe potuta attuare visto il risparmio di 1,5 milioni in 5 anni ottenuto con l’assegnazione del servizio ad Acegas Aps. In un consiglio comunale precedente era stata approvata una variazione di destinazione d’uso dell’area dell’ex discarica che ora può ospitare della cubatura di interesse pubblico. Il sindaco Luca Claudio aveva rivelato che quella cubatura poteva essere la sala pubblica che la frazione aveva perso quando la sua amministrazione decise di rinunciare all’affitto dei locali che ospitavano la precedente per ragioni di spending review. Ma il primo cittadino aggiunse che si poteva anche destinarla ad altro. Ad esempio realizzando un sito ambientale dedicato alle energie rinnovabili. Una scelta che dovrà fare la prossima amministrazione di Abano quando un sindaco e una giunta potranno finalmente insediarsi.

Mortandello: «Il nostro Comune pronto a costituirsi parte civile»
(R.P.)
«Giusto e sacrosanto che Claudio ora si difenda. Ma dico chiaro e tondo che se ci sarà un processo a suo carico, Montegrotto si costituirà parte civile». Riccardo Mortandello, successore di Luca Claudio e di Massimo Bordin, i due sindaci arrestati nei giorni scorsi per presunte tangenti, non ha dubbi. L’immagine della città è stata fortemente compromessa dai clamorosi sviluppi giudiziari. I danni all’immagine e al tessuto economico sono, a suo parere, un dato di fatto che richiederà anni di ricostruzione e di recupero di credibilità. La costituzione come parte civile, non riguarda solo il municipio. Ma le stesse associazioni produttive. «Sarà una riflessione – ha spiegato Mortanello – che vedrà coinvolti anche gli albergatori, i commercianti e gli artigiani. La nostra voce sarà congiunta. E desiderosa di dimostrare agli occhi della gente una volontà di svolta, all’insegna dell’onestà e della trasparenza». Mortandello ha annunciato un’indagine amministrativa sui vari appalti conclusi prima del commissariamento. «Ci sono tante cose – ha detto – che non tornano. E vorrei che fossero ora i tecnici comunali a spiegare la ragione e l’utilità di certe scelte».

La minoranza all’attacco: «Dimissioni in massa dei consiglieri comunali»
L’opposizione invita alla rinuncia i membri del parlamentino, ma gli avversari nicchiano e aspettano il rientro di Luca Claudio
(Alessandro Mantovani/Eugenio Garzotto)
«Dimetterci? Ma stiamo scherzando? Nemmeno per idea. Andiamo avanti tutti insieme, convinti e compatti. Non abbiamo intenzione di fare passi indietro». Parla al plurale Massimo Barcaro, ex consigliere comunale delegato al verde pubblico, e riconfermato nel parlamentino con ben 200 preferenze. Ed è un plurale significativo perché restituisce l’intenzione di tutti gli altri nove consiglieri di maggioranza eletti il 5 giugno, e toglie di mezzo la speranza dei consiglieri delle forze di opposizione di una passo indietro corale che porterebbe a nuove elezioni. Provando a chiamare al telefono i membri della neo eletta maggioranza, i risultati sono una lunga sequela di squilli a vuoto e segreterie perenni, con l’eccezione del consigliere Claudio Calvello che con un Sms avvisa: «Sulla questione di Luca (il sindaco Claudio, nda) non intendo al momento rilasciare alcuna dichiarazione». Luca Bordin, Sabrina Moretto, Claudio Benatelli, Ermanno Pegoraro, Massimiliano Girotto, Michele Galesso, Angelo Montrone e Ritva Irmeli Pitkänen Espro non rispondono: dopo mercoledì, giorno dell’arresto del sindaco Luca Claudio, pare scattata la consegna del silenzio per tutti i candidati e i sostenitori del primo cittadino. Sparita, con rarissime eccezioni, anche ogni attività sui social. Tra lunedì e martedì, invece, erano stati molto presenti con post ironici, dicevano loro, mentre per gli sconfitti erano di dileggio, nei confronti dei vinti. D’altro canto sanno che la carcerazione di Luca Claudio terminerà. E quel giorno verrà meno la sospensione dalle funzioni che il Prefetto ha firmato: il sindaco a quel punto, potrà assumere i poteri, nominare gli assessori, convocare il consiglio. In definitiva amministrare la città. Anche in pendenza della conclusione di un processo penale che potrebbe vedere Claudio imputato per i capi d’accusa che lo hanno portato alla reclusione nel carcere Due Palazzi. Può sembrare impossibile, ma è ciò che le leggi permettono di fare e il Prefetto ha dovuto regolarsi tenendo presente la Legge Severino e i dettami del Testo Unico degli Enti Locali. Per avere lo scioglimento del consiglio servirebbero le dimissioni di 9 consiglieri. La minoranza ne conta 6, ma su quel fronte, la richiesta di immediate dimissioni dell’intero “parlamentino” aponense rimane però unanime e compatta nonostante le parole di Massimo Barcaro. «Chiederemo al consiglio comunale un atto di grande responsabilità – esordisce Monica Lazzaretto, la sfidante di Claudio per il Pd e le civiche “Cittadini per il cambiamento” e “Monica Lazzaretto sindaco”, uscita battuta dal ballottaggio del 19 giugno -. Se infatti presentassimo le dimissioni solamente noi delle minoranze, non cambierebbe assolutamente nulla. Va invece dato un forte messaggio a tutta la città. E mi auguro che venga recepito anche dai nostri avversari politici. Dobbiamo garantire all’amministrazione commissariale di lavorare in maniera efficiente e tranquilla, al riparo da pressioni e polemiche. Altrimenti, abbandoneremmo Abano all’instabilità e all’impotenza». «Abano rischia una lenta agonia – afferma Francesco Pozza del Pd -; l’unico modo per evitarla, è quello del commissariamento istituzionale. Mente si prospetta una soluzione intermedia che provocherebbe troppe tensioni. Ci sono solo due strade: o si dimette il sindaco, ma non sembra intenzionato a farlo, oppure la maggioranza del consiglio. E questo noi solleciteremo». «Non possiamo consentire che le vicende personali del sindaco e di altri tengano bloccata un’intera città – è il parere di Marzia Banci della lista “Monica Lazzaretto sindaco” -. La prima cosa che farò una volta convocato il consiglio sarà quella di chiedere le dimissioni almeno della maggioranza dei suoi componenti». Andrea Cosentino, che ha corso contro il sindaco ma per il Centrodestra e le civiche “Uniti per Abano” e “Cosentino sindaco”, è ovviamente sulla stessa linea. «Chiederemo a tutti gli esponenti di maggioranza di rassegnare, come noi, il mandato, Non possono pensare di “tenere duro” fino all’eventuale ritorno del loro “capo”. Non è lui che gli ha conferito un incarico e non è a lui che debbono rispondere. Sono stati votati dalla cittadinanza, che oltretutto è stata bellamente presa in giro». Cosentino alza poi il tiro: «Claudio ha condotto una campagna elettorale all’insegna dello slogan “Io sono innocente” e molti elettori gli hanno creduto in buona fede. Quindi, chi ha tracciato una croce sul suo nome è stato ingannato. E quando li avrò davanti – conclude – chiederò conto della loro campagna elettorale. Claudio è l’unico che non ha presentato un rendiconto delle spese. Chi ha pagato le loro grandiose feste?». Stessa linea anche da parte di Massimo Zambolin, del Movimento Cinque Stelle. «Sarà il nostro gruppo, formalmente, a ratificare questa decisione. Ma posso dire già da ora che siamo orientati a sollecitare le dimissioni di tutta la maggioranza, che saranno naturalmente seguite dalle nostre. La questione è molto semplice: o sapevano e hanno coscientemente avallato questi comportamenti, oppure erano all’oscuro e quindi loro per primi dovrebbero prendere le distanze da chi li ha traditi». Non è stato possibile raccogliere il parere di Matteo Lazzaro della lista “Monica Lazzaretto Sindaco”: come quelli di quasi tutti i consiglieri di maggioranza il suo telefono era costantemente collegato alla segreteria telefon

A Napoli si festeggia con i fuochi d’artificio l’arresto di Claudio
(Lucio Piva)
I napoletani non hanno affatto la memoria corta. Ed hanno festeggiato con tanto di fuochi di artificio la notizia dell’arresto di Luca Claudio, “reo” di averli idealmente chiamati a processo e di averli ritenuti la causa di una vergogna nazionale per la cattiva pubblicità derivata al turismo termale dallo scandalo rifiuti di 8 anni fa. Il video di un improvvisato spettacolo pirotecnico, postato su youtube, è così stata dunque la “dedica” parteneopea all’offensiva legale tentata dall’ex primo cittadino nel 2008. Claudio, allora nelle vesti di sindaco di Montegrotto, si conquistò le prime pagine dei giornali per aver citato il Comune di Napoli, la Provincia partenopea e la Regione Campania a giudizio civile per presunto danno di immagine. Lo “scandalo della monnezza”, che aveva colpito la città del Vesuvio, secondo la tesi di Claudo, avrebbe infatti avuto serie ripercussioni sull’immagine turistica termale, allontanando i turisti stranieri dagli hotel. La trovata pubblicitaria del sindaco, non convinse i giudici della sezione civile del tribunale di Este, che non trovarono alcun fondamento nella sua tesi. Costringendo addirittura il Comune di Montegrotto a risarcire le spese di giudizio. Il resto lo fecero i magistrati della Corte dei Conti, che condannarono Claudio e 4 suoi assessori, a risarcire i 34 mila euro di soldi pubblici spesi per una lite “intentata solo per motivi di immagine del primo cittadino”. Qualche mese dopo la citazione a giudizio delle istituzioni campane, Claudio, in visita a Napoli, corresse il tiro. Spiegando che i napoletani sarebbero stati vittime dello scandalo della monnezza per colpa dei loro governanti. Ma la sua retromarcia non fu accolta. E i napoletani continuarono a segnarlo a dito. Quando, due giorni fa, l’arresto del sindaco, conquistando tutte le prime pagine nazionali, è arrivato alle pendici del Vesuvio, il nome di Luca Claudio è stato immediatamente associato alla causa giudiziaria di qualche anno prima, rimasta per molti partenopei una macchia sulla loro reputazione nazionale. Giovedì sera, un rione partenopeo, ha addirittura inscenato uno spettacolo pirotecnico, postandolo subito sul web.
«Luca Claudio- urla una una voce fuori campo – questi fuochi sono per te. Abbiamo saputo del tuo arresto e festeggiamo. Sei pure venuto a Napoli a dire che noi eravamo la vergogna dell’Italia. Ora dimostri invece di essere la vergogna del tuo Veneto».
Dopo la “vendetta” mediatica, è il Comune di Montegrotto a voler porre fine alla vicenda.
«È ora di chiedere scusa ai napoletani – ha detto il neo sindaco Riccardo Mortandello – per questa pagina vergognosa. Nè i nostri albergatori, né i nostri cittadini, si associarono mai a quell’azione. Napoli resterà sempre la bene accolta a Montegrotto».
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26 giugno 2016
Lidia Pege
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