Biden unificare il Paese restituirgli il rispetto del mondo

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Biden unificare il Paese restituirgli il rispetto del mondo

Messaggioda lidia.pege » dom nov 08, 2020 9:44 am

La sfida di Biden: unificare il Paese e restituirgli il rispetto del mondo
dal nostro corrispondente Federico Rampini
Repubblica 7.11.20
I primi obiettivi del presidente eletto: cancellare le direttive di Trump più aborrite dalla sinistra, in particolare i decreti contro gli immigrati e la deregulation dell’energia fossile
NEW YORK - Unificare un paese diviso. Restituire all’America il rispetto del mondo. Sono due degli obiettivi che Joe Biden ha enunciato nel suo primo discorso da presidente eletto. Il secondo sarà più facile del primo. Di annunci concreti ne ha dato uno: lunedì insedierà una task-force per ridefinire la strategia di contenimento del coronavirus, perché “finché non sconfiggiamo la pandemia non possiamo garantire la prosperità al paese”. E’ giusto e urgente, in una fase in cui il covid ha già ucciso 235.000 americani. Non sarà semplice dare una svolta, tanto più che l’Inauguration Day è il 20 gennaio e Biden non governa prima di allora: due e mesi e mezzo di autunno-inverno rischiano di segnare un altro peggioramento nella curva dei contagi.

Riconquistare il rispetto del mondo? Qui Biden si muove su un terreno relativamente più facile, perché la politica estera è l’unico settore dove il presidente degli Stati Uniti è sovrano, non subisce molti vincoli dal Congresso. Poiché nel discorso della vittoria ha messo tra le sue priorità la lotta al cambiamento climatico, questa è la conferma che gli Stati Uniti rientreranno subito negli accordi di Parigi per la riduzione delle emissioni carboniche. Altrettanto sicuro è l’atteggiamento atlantista, amichevole verso gli europei, che fa parte della storia di Biden. Tornerà anche a partecipare all’Organizzazione mondiale della sanità, da cui Donald Trump annunciò l’uscita per protesta verso le collusioni di quell’organizzazione con la Cina.

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Biden non ha dato dettagli su quel che farà. E’ finora soltanto il presidente-eletto, non è questo il momento per un discorso programmatico che deve attendere l’Inaauguration Day. Lunghissima transizione, problematica visto l’atteggiamento bellicoso di Trump che non concede la sconfitta e quindi non preannuncia cooperazione nel passaggio delle consegne.

Si sa che Biden ha in mente un inizio della sua presidenza “con il turbo”: raffiche di decreti esecutivi per cancellare le direttive di Trump più aborrite dalla sinistra, in particolare i decreti contro gli immigrati e la deregulation dell’energia fossile. Finché si tratta di rovesciare degli editti presidenziali, un presidente ha il potere di disfare ciò che il suo predecessore fece usando lo stesso strumento. Tutto diventa molto più complicato quando si parla di grandi riforme, e manovre economiche anti-recessione: appena si toccano le politiche di bilancio, spese e tasse, o i grandi temi strutturali come la sanità, lì il presidente deve passare dal Congresso.

Incombe su di lui l’enorme ipoteca della maggioranza repubblicana al Senato, in grado di bloccargli quasi tutto. Dal Green New Deal alla riforma fiscale per spostare il peso delle imposte sui ricchi, molti progetti rischiano di diventare irrealizzabili. A meno che Biden incassi un vero miracolo elettorale il 5 gennaio, quando si ri-vota per due seggi senatoriali in Georgia: dovessero andare tutti e due ai democratici, di colpo gli equilibri legislativi diventerebbero favorevoli al presidente.


Infine tra le ragioni della cautela di Biden c’è proprio la lunghissima transizione. Trump conserva il potere esecutivo per due mesi e mezzo, il che significa che potrà ancora legiferare per decreto. Può usare questo potere per effettuare le ultime nomine in agenzie federali importanti; o perfino per perdonare se stesso e costruirsi uno scudo penale a futura memoria, secondo alcune interpretazioni audaci del potere presidenziale di perdono. In quanto alla sua promessa di ricucire le lacerazioni dell'America, di essere il presidente di tutti gli americani: è sincero ma purtroppo ha limitate possibilità di successo.

Quell'impegno fa parte del rituale di tutti i presidenti, con l'eccezione vistosa di Trump che non si è mai impegnato a rappresentare anche l'altra America, quella che non lo aveva votato. Però non riuscirono a unificare il paese Barack Obama, né prima di lui George Bush o Bill Clinton. Forse bisogna risalire a Ronald Reagan per trovare un presidente che riuscisse a sconfinare nel terreno dell'opposizione conquistandovi dei consensi. La polarizzazione dell'America è antica, profonda, difficilmente sanabile anche a prescindere da come si comporterà Trump nei prossimi mesi o anni. Biden, più prosaicamente, si accontenterebbe di raggiungere degli accordi bipartisan per governare. In passato questa fu una sua specialità, da senatore seppe costruire amicizie e alleanze politiche con alcuni repubblicani.

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Cosa che la sinistra del suo partito gli rimprovera tuttora. La sinistra verrà probabilmente neutralizzata da un risultato elettorale che impone di governare al centro trovando pragmaticamente dei terreni di scambio con la destra. Questo, Biden sa farlo, in passato gli è riuscito. E' il talento più prezioso che ha costruito nei suoi 48 anni di carriera politica. Il primo test che lo attende, è se ci siano dei repubblicani disposti alla stessa flessibilità, all'arte del compromesso.
Lidia Pege
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