I dati sulle regolarizzazioni.
Quel patto rinnovato tra famiglie e immigrati
Paolo Ciani venerdì 28 agosto 2020 Avvenire
Caro direttore,
leggendo i dati della recente regolarizzazione emerge un elemento non sufficientemente notato e che invece inizia a essere una costante nella storia recente del nostro Paese: il 'patto' tra le famiglie italiane e gli immigrati. Già alcuni anni fa Andrea Riccardi riflettendo su immigrazione e integrazione, aveva sottolineato un fenomeno specifico dell’Italia: a fronte di una quasi assenza di riflessione e di politiche statali di integrazione (a differenza di vari 'modelli' sperimentati con più o meno successo in altri Paesi), da noi abbiamo assistito a una integrazione passata soprattutto attraverso una sorta di 'modello adottivo', in cui un ruolo fondamentale lo hanno avuto proprio famiglie, associazioni e comunità.
Aveva ragione: basti pensare all’invenzione italiana della figura delle 'badanti'. Tanti nuovi cittadini e cittadine hanno trovato nelle nostre case, nelle nostre famiglie, nelle associazioni, nelle parrocchie, quei luoghi e quegli strumenti di integrazione che non hanno trovato altrove. Quando tra mille tentennamenti si cominciò a parlare di regolarizzare «alcuni» lavoratori stranieri presenti sul nostro territorio, si pensò solo ai lavoratori agricoli, al centro del drammatico fenomeno del caporalato.
Pochi conoscitori attenti del mondo delle migrazioni e della società italiana, anche da queste colonne, fecero presente che tale provvedimento sarebbe dovuto essere allargato ad altre 'categorie' di lavoratori. Lei stesso, direttore, elencò le principali in un suo editoriale. Come Democrazia Solidale già ad aprile abbiamo chiesto che almeno fosse esteso ai lavoratori impegnati nei servizi alla persona: colf, badanti, baby sitter, convinti che «oltre che un atto di giustizia sociale» fosse «un importante impegno di sanità pubblica in epoca di pandemia ».
Eravamo e siamo convinti dell’importanza del ruolo di tali lavoratori dinanzi al grave peso che hanno avuto in questi mesi i caregiver familiari e all’importanza di chi col suo lavoro permette la permanenza a casa di tanti anziani e disabili: nel tempo della tragedia di tanti istituti per anziani, il ruolo di badanti e colf andava (e va) vieppiù valorizzato e regolarizzato. Siamo stati felici che il provvedimento sia stato ampliato a tali lavoratori, e ancor più del risultato della regolarizzazione riguardante le domande dei lavoratori dome-stici, che hanno rappresentato oltre il 70% delle 225.000 totali. Questo dato fa riflettere e riporta alla realtà delle cose dinanzi a una narrazione totalmente sbilanciata e distorta della presenza dei migranti in Italia.
Una presenza raccontata e gridata perennemente in termini emergenziali e negativi (pericolo, criminalità, sopraffazione), che usa spesso un linguaggio differenziato e discriminatorio (l’ultima: i nostri concittadini sono 'positivi' al Covid, i migranti invece sono 'infetti'), a fronte di una realtà di presenza ormai consolidata e integrata, molto distante dalla foto quotidiana che il parlare pubblico ne dà. E la contraddizione appare evidente proprio nei dati dei lavoratori domestici: tanto sarebbero pericolosi e dovremmo temerli, che gli affidiamo i nostri affetti più cari – figli e genitori – e i nostri primi beni, le nostre case. Come Demos rivendichiamo un discorso chiaro su questo tema: crediamo a una società aperta, inclusiva, giusta, in cui ognuno ha gli sessi diritti e doveri e in cui coesione sociale e fraternità vengono prima di egoismi e prevaricazioni.
Senza alcuna «ingenuità buonista», ma con la forza della realtà delle cose e dell’idealità, contro ogni menzogna divisiva, violenta e razzista. Non si può continuare a parlare di quasi il 10 % della nostra popolazione (tanti sono i cittadini con altra cittadinanza presenti in Italia) come di un corpo estraneo e pericoloso; non si può etichettare qualche migliaio di persone che giungono tra molti pericoli via mare, come pericolosi invasori e sovvertitori dell’ordine e della pace sociale. Ne va della nostra cultura e civiltà e anche del buon senso e dell’intelligenza.
Coordinatore nazionale di Democrazia Solidale-Demos