Scuola, la politica è un cattivo genitore

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Scuola, la politica è un cattivo genitore

Messaggioda lidia.pege » sab ago 29, 2020 3:08 pm

Scuola, la politica è un cattivo genitore

Luca Ubaldeschi Secolo XIX 29 Agosto 2020

Genova – Da qualunque parte la si guardi, la questione del ritorno a scuola è talmente grave da lasciare sgomenti. Le scadenze incombono – il 1°settembre partono i corsi di recupero, il 7 Trento e Bolzano inaugureranno le lezioni del nuovo anno –, ma dalle mascherine in classe ai mezzi di trasporto fino ai test sierologici per i professori, la confusione è stata l’unica certezza delle ultime settimane e al netto dei passi avanti compiuti ieri in parte ancora resiste, mentre le nostre speranze di chiarezza restano sospese tra l’ennesima dichiarazione di un esperto e il prossimo vertice sempre annunciato come risolutivo.

Questa condizione di precarietà è grave per due ragioni. La prima è pratica: riaprire gli istituti senza avere il tempo di padroneggiare adeguatamente le nuove regole rischia di prolungare quello stato di istruzione dimezzata che ha segnato l’Italia nella Primavera del 2020. Ma se in quella fase i danni – dalla difficoltà di accesso alle lezioni digitali all’aumento delle diseguaglianze nell’apprendimento – erano in qualche modo legate a una situazione di emergenza imprevedibile, sei mesi dopo l’impreparazione non può più essere tollerata.

Non si tratta di sminuire le difficoltà della sfida, ben sintetizzate dall'Organizzazione mondiale della Sanità quando ha ricordato che la più grande interruzione dei sistemi educativi della storia ha colpito 1,6 miliardi di studenti in 190 Paesi. O negare gli sforzi e le risorse messi in campo dal governo e dal commissario all'emergenza Domenico Arcuri. Ma a 180 giorni dall'ultima volta in cui è suonata la campanella di fine lezione era lecito - di più, doveroso - aspettarsi ben altri risultati. Poter contare su indicazioni univoche, avere la percezione che chi ci guida sappia che cosa fare. E non dover ad esempio apprendere che la distribuzione dei nuovi banchi terminerà entro ottobre, cioè un mese e mezzo dopo la riapertura delle scuole e in capo a un'operazione per diversi aspetti ancora avvolta nel mistero.

È vero, ci è stato ricordato più volte che la fornitura necessaria è di gran lunga superiore alla produzione annuale standard di banchi. Ma di fronte a una "catastrofe generazionale" - così il segretario dell'Onu Antonio Guterres ha definito i danni dalla chiusura delle scuole - suona davvero stonato fare paragoni con situazioni di normalità. Quando ci sono condizioni eccezionali servono risposte eccezionali e su questo piano l'inadeguatezza è purtroppo sotto gli occhi di tutti. È possibile - e ci auguriamo accada - che la pressione del tempo che scade produca un'accelerazione e che all'ultima curva si sciolgano tutti i nodi. Ma questo nulla toglie alla seconda ragione di preoccupazione per come la vicenda scuola è stata gestita. Una ragione ben più grave della prima.

Cioè la sensazione - diventata nei mesi piena consapevolezza - che la scuola non rappresenti una vera priorità per questo Paese.Non è una semplice questione di paragoni, di invidiare chi ha riaperto le aule in alcuni casi anche prima dell'estate: ogni nazione ha situazioni specifiche da considerare quando si fanno confronti. È piuttosto una questione di valori. Chi si è mosso in anticipo, anche esponendosi al rischio di nuove chiusure come in Germania, lo ha fatto perché nella gerarchia dei valori la scuola sta in vetta. Non che le altre esigenze - dal turismo al commercio - non contino, ma vengono un attimo dopo. Perché mettere al primo posto la scuola mentre si combatte per arginare un'emergenza, vuol dire pensare al futuro, al benessere delle generazioni future, avere un'idea e una strategia per il proprio Paese che va oltre le convenienze del momento.

È qualcosa che in Italia non si è percepito e un Paese che non riesce ad alzare lo sguardo si espone a gravi rischi.Eppure basterebbe poco, sarebbe sufficiente guardare all'istinto naturale che muove ogni madre e ogni padre, quella molla che spinge a dare tutto per cercare di spianare la strada ai propri figli, a offrire loro le migliori condizioni per camminare nel mondo. Un obiettivo al quale non si rinuncia anche se è minacciato dalle crescenti incertezze di questa stagione. Anzi, gli sforzi si moltiplicano e ci sarebbe ancora più bisogno del sostegno di chi abbiamo scelto per rappresentarci. Ecco perché è triste e fa ancora più male prendere atto che la nostra politica è davvero un cattivo genitore.
Lidia Pege
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