Sos dalla senatrice Valente, Convenzione di Istanbul sotto attacco dei governi sovranisti
Monday 27 July 2020 di Franca Giansoldati Il messaggero
Il più importante Trattato internazionale nato per combattere la violenza e ogni forma di discriminazione contro le donne sembra essere davvero in pericolo. La Magna Charta sulla quale si sono concentrate le energie delle donne d’Europa, firmato nel 2011 dal Consiglio d’Europa, di fatto è entrata nel mirino dei governi sovranisti. Prima l’Ungheria e ora a stretto giro la Polonia annunciano passi indietro. In Italia a lanciare l’allarme è la senatrice Valeria Valente che sul suo profilo Facebook tratteggia i rischi di quella che sembra essere una erosione lenta, continua, inesorabile ai danni delle donne.
«La Convenzione di Istanbul, il testo europeo fondamentale per il contrasto alla violenza maschile sulle donne, è sotto attacco.A maggio il governo di Viktor Orban ha respinto la ratifica della Convenzione; poi in Polonia il ministro della Giustizia ha annunciato che da domani inizierà il processo di disdetta» commenta con amarezza.
A questo scenario si aggiunge anche la Turchia dove a gennaio il governo di Erdogan ha proposto di reinserire il matrimonio riparatore. «Un’ipotesi in antitesi ai principi sanciti dalla Convenzione» spiega La senatrice.
Inutile dire che questa deriva viene monitorata dalle associazioni femminili di tutta Europa. «È preoccupante, allarmante, gravissimo. Sembra di tornare indietro di millenni. Le dinamiche sono sempre le stesse: reprimere la libertà delle donne per ricostruire intorno al modello patriarcale, fondato sull’assoluto potere degli uomini, l’organizzazione della società. Proprio ora che quel modello in termini di processi sociali ma anche economici di sviluppo e di consumo ha drammaticamente mostrato tutti i propri limiti. E non credo sia un caso che ciò stia avvenendo in Paesi in cui i governi in carica stanno riducendo le garanzie democratiche».
Infine dalla presidentessa della commissione contro il Femminicidio non manca un appello a Ursula Von Der Leyen. «L’Unione Europea, la prima Europa a guida femminile, non può accettare che i diritti e le libertà delle donne vengano calpestati in questo modo. Dobbiamo intervenire. E farlo ora».
La convenzione firmata nel 2011 dal Consiglio d’Europa finora è stata ratificata solo da una decina di Paesi (tra cui l’Italia); si tratta di un testo composto da 81 articoli divisi in 12 capitoli. È considerata una pietra miliare rispetto agli altri trattati internazionali in materia, poichè prevede l'attuazione di politiche globali e interne al singolo Stato e permette di monitorare il fenomeno attraverso obblighi di raccolta dati e attività di sensibilizzazione. Riconosce la violenza sulle donne come una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione, responsabilizzando così gli Stati a varare misure preventive.
Al centro delle resistenze ungheresi e Polacche (e all’origine del totale rifiuto iniziale della Santa Sede nel 2011) è la definizione di genere, dove si distinguono uomini e donne, non più unicamente per le loro differenze biologiche e sessuali, ma anche in base alle categorie socialmente costruite (che assegnano ai due sessi ruoli e comportamenti distinti). Questo è e resta il nodo più controverso.