50 anni dello Statuto. Zuppi: Se amate l'uomo ...

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50 anni dello Statuto. Zuppi: Se amate l'uomo ...

Messaggioda lidia.pege » mer mag 20, 2020 2:34 pm

50 anni dello Statuto. Zuppi: Se amate l'uomo donategli il lavoro
Matteo Maria Zuppi mercoledì 20 maggio 2020 Avvenire
Le parole del pontificato di Francesco sono quelle legate alla solidarietà fra fratelli: soprattutto, dare occupazione alle persone

A 50 anni dallo Statuto dei lavoratori il diritto al lavoro è messo a dura prova dal venir meno dell’unità sindacale e lo sfaldarsi della classe operaia che portano a tutele più fragili, sfruttamento, disoccupazione e morti sul lavoro. Rimettere al centro il lavoro significa anche ridefinire un vocabolario per parlarne. È l’obiettivo del libro, edito oggi da Donzelli in versione ebook, Lavorare è una parola, a cura di A. Frigerio e R. Lisi (prefazione di E. Letta; pagine 286, euro 15,00). Dal libro anticipiamo stralci del “vocabolo” Bergoglio scritto dall’arcivescovo di Bologna Zuppi.

Tra le tante parole che papa Bergoglio ci ha regalato e alle quali ha restituito vivezza e senso, ve ne sono di particolarmente forti e piene di significato: «l’economia dello scarto» e «la dignità del lavoro». Disse papa Francesco incontrando i lavoratori dell’Ilva a Genova il 27 maggio 2017: «il mondo del lavoro è una priorità umana e pertanto è una priorità cristiana, una priorità nostra ed è anche una priorità del Papa». Parlando di lavoro, papa Bergoglio ha ripreso una parola caduta in disuso, tanto che lui stesso ha dovuto sottolineare che non è una “parolaccia” ma che, al contrario, è una prassi, una visione del lavoro: solidarietà. Era il 20 marzo del 2014, e rivolgendosi ai dirigenti e agli operai delle acciaierie di Terni papa Francesco disse: «Che cosa possiamo dire di fronte al gravissimo problema della disoccupazione che interessa diversi Paesi europei? È la conseguenza di un sistema economico che non è più capace di creare lavoro, perché ha messo al centro un idolo, che si chiama denaro! pertanto, i diversi soggetti politici, sociali ed economici sono chiamati a favorire un’impostazione diversa, basata sulla giustizia e sulla solidarietà. Questa parola, in questo momento, rischia di essere esclusa dal dizionario. Solidarietà sembra come una parolaccia! No! È importante la solidarietà, ma questo sistema non le vuole tanto bene, sembra escluderla. Questa solidarietà umana che assicura a tutti la possibilità di svolgere un’attività lavorativa dignitosa. Il lavoro è un bene di tutti, che deve essere disponibile per tutti».

Alla globalizzazione dell’indifferenza occorre contrapporre per papa Bergoglio la globalizzazione della solidarietà. Papa Francesco non ha una visione funzionalistica del lavoro, ma ne coglie il valore profondo, mettendo sempre al centro il lavoratore stesso in quanto persona, sia esso uomo o donna. Il Papa, individuando nel sistema capitalistico privo di etica ciò che produce scarti e ingiustizia, ha parole molto severe per difendere la persona. Il vero senso della proprietà privata è che sia messa al servizio del pubblico. Citando san Giovanni Crisostomo, papa Francesco sostiene che, se si tiene la ricchezza per sé, si ruba; la ricchezza, infatti, viene affidata al singolo, ma non è sua, è sua soltanto perché venga usata per gli altri. […]

Non è un caso, credo, che le parole più significative di Francesco sul lavoro siano scritte proprio nella Laudato si’: «Se cerchiamo di pensare quali siano le relazioni adeguate dell’essere umano con il mondo che lo circonda, emerge la necessità di una corretta concezione del lavoro». E i paragrafi successivi sono l’esatta esplicitazione del pensiero del pontefice: il lavoro è dignità. Per papa Francesco la presenza di Cristo che veneriamo nell’Eucarestia è la stessa che dobbiamo venerare nei suoi fratelli più piccoli, quelli di cui dice: «Qualunque cosa avrete fatto a uno di loro, l’avrete fatta a me». Le due mense, quella eucaristica e quella della solidarietà, della tensione per i poveri e della giustizia sono profondamente legate l’una all’altra. Mi sembra che questa sia la visione profonda di Bergoglio, papa spirituale e sociale, capace di condividere profondamente la condizione dell’uomo e di coglierne le verità più essenziali. Come non richiamare qui la forza della Supplica del 27 marzo scorso.

Un Papa cittadino di questa nostra storia, cittadino di questi tempi. Parole dolenti, nel deserto della grande piazza San Pietro, in cui Francesco si fa carico del dolore del mondo e prega perché nessuno sia lasciato solo. E richiama uno per uno «tutti i mali che affliggono l’umanità: la fame, la carestia, l’egoismo, le malattie, le epidemie, la paura del fratello, la follia devastatrice, gli interessi spietati, la violenza, gli inganni». Mettendo al centro della sua preghiera «l’umanità atterrita dalla paura e dall’angoscia; gli ammalati e i moribondi oppressi dalla solitudine; i medici e gli operatori sanitari, stremati dalla fatica; i politici e gli amministratori che portano il peso delle scelte».

Per concludere questa riflessione a cinquant’anni dall’approvazione dello Statuto dei lavoratori, la cosa migliore è ancora una volta affidarci alle parole di Bergoglio, quelle che rivolse ai delegati della Cisl nel giugno del 2017: «È allora urgente un nuovo patto sociale umano, un nuovo patto sociale per il lavoro, che riduca le ore di lavoro di chi è nell’ultima stagione lavorativa, per creare lavoro per i giovani che hanno il diritto–dovere di lavorare. Il dono del lavoro è il primo dono dei padri e delle madri ai figli e alle figlie, è il primo patrimonio di una società. È la prima dote con cui li aiutiamo a spiccare il loro volo libero nella vita adulta».
Lidia Pege
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